Campagna di vaccinazione, parla il dottor Giacomini: vogliamo un confronto aperto su dati, risultati ed effetti avversi
Il 2022 è iniziato con uno stato di emergenza caratterizzato da nuove restrizioni e contestato sia a livello costituzionale che sanitario, mentre i cittadini sono pieni di dubbi e divisi in fazioni. E anche la comunità dei medici è attraversata da forti tensioni, come si è visto poche settimane fa all’assemblea dell’ordine provinciale di Roma dei Medici Chirurghi e Odontoiatri (OMCeO). In una situazione così lacerante c’è comunque chi resta fedele ai suoi principi, quelli umani in primo luogo e quelli scientifici di prudenza e cautela. Abbiamo quindi interpellato il dottor Dario Giacomini, laureato a Padova, medico radiologo dal 2008, già responsabile della Radiologia dell’area Ovest Vicentino.
– Dottor Giacomini, cominciamo dal convegno che la vostra associazione ContiamoCi! ha in programma per il 3 e il 4 gennaio. Quali sono le aspettative e gli obiettivi di questo evento?
– Diciamo subito che realizzarlo non è stato facile perché le normative cambiano ogni settimana e inoltre il clima di ostilità ci ha chiuso molti spazi. Alla fine siamo riusciti a organizzare il convengo a Roma e vi abbiamo invitato docenti universitari ed esperti sia in ambito sanitario che legale. Daremo voce anche ad altre realtà associative che in questi mesi si sono battute per avere un confronto aperto sui dati della pandemia. Noi di ContiamoCi! riteniamo sbagliato approcciarsi alla questione in maniera dogmatica, quindi vogliamo portare nel dibattito pubblico le domande che non trovano risposta e che adesso non hanno nemmeno la possibilità di essere fatte serenamente. Nessuno possiede delle verità a priori: coloro che si sono presentati in televisione spacciando per verità assoluta le proprie posizioni – e parlo anche dei rappresentanti del governo e del CTS – hanno dovuto fare spesso marcia indietro o modificare la rotta, perché smentiti dai dati. Dunque certamente non hanno reso un buon servizio alla cittadinanza. Occorre ribadire come al momento l’imprevedibilità sia qualcosa di palese: noi avevamo già segnalato che la vaccinazione non avrebbe fermato i contagi, ma molti colleghi hanno avuto dei problemi a fare queste affermazioni in pubblico. Nessuno di noi vuole mettere in discussione il concetto di “vaccino”, ma bisogna constatare che questo tipo di farmaco adesso non dà la garanzia di sconfiggere il virus. Insomma, anche se le autorità insistono che tutti devono vaccinarsi per fermare il contagio, i dati dicono tutt’altro.
– Le autorità dicevano anche che ai bambini non occorre il vaccino perché il COVID-19 non costituisce per loro un pericolo e perché sarebbero bastato che si vaccinassero gli adulti. Oggi invece diversi pediatri affermano in modo perentorio che i bambini di ogni età devono vaccinarsi: costoro rappresentano la posizione ufficiale della comunità scientifica oppure vi è un dibattito all’interno del vostro mondo sulla necessità di vaccinare determinate fasce e categorie di popolazione?
– È in corso un dibattito molto serrato, ma i cittadini non lo sanno, perché questo confronto non viene fatto filtrare all’esterno. Le società di pediatria e di ginecologia (quest’ultima si occupa delle donne in gravidanza) hanno preso una posizione netta a favore della assoluta – e sottolineo assoluta – sicurezza dei vaccini. Però gli studi clinici iniziali hanno coinvolto casistiche ristrette, si parla di appena qualche migliaio di bambini: dunque dichiarare la totale sicurezza dei vaccini non mi pare un atteggiamento molto scientifico… Ora la platea dei trials si è ampliata, ma il tempo trascorso per fare delle valutazioni conclusive è ancora troppo poco. La vaccinazione pediatrica in Italia è partita appena un mese fa, come possiamo valutare così in fretta gli effetti su dei soggetti che sono in una fase cruciale di crescita del corpo? Ci vogliono anni. L’atteggiamento totalizzante che abbiamo visto non fa onore alla scienza. La pena per i dottori che esprimono contrarietà alla politica di vaccinazione è la perdita del lavoro, il rischio di radiazione o peggio. Questa è la morte del dibattito scientifico.
– Il messaggio che la stampa mainstream invia quotidianamente è che chiunque ponga dei dubbi sulla necessità o sull’efficacia del vaccino sia automaticamente un no vax, cioè un individuo ignorante e superstizioso, anzi cattivo ed egoista. Poi si viene a sapere che vi sono centinaia o migliaia di medici che scelgono di non farsi inoculare, ed evidentemente non sono persone ignoranti della materia perché si tratta di professionisti con preparazione ed esperienza. Come si spiega la loro scelta?
– Il cittadino che sceglie legittimamente di non vaccinarsi (legittimamente perché non viola alcuna legge) viene trattato da untore. I medici e i sanitari che rifiutano le dosi vengono accusati di non meritare di indossare il camice, vengono minacciati di espulsione dal consesso della società scientifica. Il loro rifiuto invece si fonda sul principio di prudenza e di cautela, su una valutazione del rapporto rischi/benefici, sull’attesa dei dati sugli effetti nel medio e nel lungo periodo: insomma si basa su tutto ciò che solitamente si applica a qualunque altro farmaco. I medici non dovrebbero dire al cittadino di vaccinarsi senza pensare agli eventuali effetti avversi, che invece vi potrebbero essere e che vanno sempre segnalati. Attenzione, il vaccino è un farmaco, e nessun farmaco è totalmente innocuo, perciò ignorare o insabbiare gli effetti avversi è un danno alla medicina, perché le persone poi perdono fiducia in essa. Sarebbe molto più dignitoso, anzi sarebbe doveroso, che i dottori dicessero ai pazienti che gli effetti avversi per quanto rari ci possono comunque essere. Ripeto: non si tratta di un atteggiamento contrario ai vaccini in linea di principio. Io personalmente ho fatto tutte le vaccinazioni necessarie e anche alcune non obbligatorie. Ma questo vaccino anti-COVID (e molti contestano il fatto stesso che venga definito “vaccino”) presenta molti punti che danno da pensare: proviene da una tecnologia nuova con tempi di sperimentazione molto stretti, è stato autorizzato ma non approvato, la durata della sua efficacia viene di volta in volta ridotta, ci sono contratti top secret fra le aziende produttrici e l’Unione Europea, gli eventi avversi vengono spesso ignorati o non riconosciuti dallo Stato. Il cittadino è lasciato in balia del destino, senza la prospettiva di un eventuale sostegno da parte dello Stato in caso di effetto avverso, mentre il medico vaccinatore è protetto dallo scudo penale. Mi pare un elenco sufficiente ad alimentare dubbi ragionevoli e leciti. Così come è lecita la posizione di chi teme di più il COVID e preferisce soprassedere alle stranezze della campagna di vaccinazione, sentendosi protetto dal vaccino: noi non giudichiamo le scelte di nessuno, ma chiediamo di discutere apertamente i dati e i risultati della campagna di vaccinazione.
– Insomma nel vostro ambito professionale non si riesce proprio ad instaurare un dibattito aperto e sereno?
– Un confronto del genere noi lo auspichiamo! All’imminente convegno abbiamo invitato anche coloro che sostengono la posizione ufficiale, e sono personalità del mondo accademico e scientifico, rappresentanti del CTS e politici. Siamo disposti a confrontarci con loro: se verranno, saranno accolti bene, perché noi vogliamo solo parlare dei dati. Ma ahimé, la disponibilità non sembra reciproca.
– A proposito di impossibilità di un confronto sereno nella comunità scientifica, quello che è successo all’assemblea OMCeO di Roma un paio di settimane fa è stato presentato dalla stampa mainstream come un “assalto” dei medici no vax. Come sono andate effettivamente le cose? Vi saranno degli strascichi?
– Non entro nel merito della questione: dico solo che il dottor Magi ha sospeso la seduta con una modalità che ci lascia perplessi e che sicuramente sarà portata all’attenzione dei nostri legali. L’immagine che il mondo dei medici ha dato di sé non è stata edificante, ma la tensione nella comunità è troppo alta per non fuoriuscire in qualche modo diciamo poco ortodosso. La maggioranza dei medici è a favore di questa campagna vaccinale, ma la minoranza contraria è più numerosa di ciò che si pensa e molti dei colleghi che si sono vaccinati lo hanno fatto non per convinzione, ma sotto la minaccia della perdita del lavoro, così come è accaduto agli insegnanti e ad altri lavoratori che non possono sostenere il costo dei tamponi ogni 48 ore. Il ricatto attuato dal governo Draghi resterà nell’anima e nella memoria di chi ha dovuto aderire per forza. Ricordiamo che non si è trattato di una o due punture e basta, ma siamo arrivati alla terza dose e si parla già della quarta, perciò chi lo vedeva come un “sacrificio” da fare una tantum per continuare a lavorare e a vivere in maniera più o meno simile al passato, oggi si ritrova nella totale incertezza rispetto a quante altre volte dovrà porgere il braccio senza poter dissentire e senza essere interpellato. Chiunque abbia uno spirito critico non ce la fa ad accettare questo stato di cose.
– Cosa pensa di quei dottori che affermano di non voler curare chi non si è vaccinato?
– Abbiamo fatto il giuramento di Ippocrate: dobbiamo intervenire in soccorso dei pazienti, chiunque essi siano. E anche senza tirare in ballo l’etica professionale, diciamo solo che il paziente non vaccinato ha comunque contribuito con le sue tasse al sistema sanitario, al letto in terapia intensiva e all’acquisto dei vaccini, quindi ha pieno diritto alle cure esattamente come chi ha voluto farsi inoculare. Come medico posso non essere d’accordo con lo stile di vita o con le credenze dei miei pazienti, ma sono comunque tenuto a curarli. Se i dottori in base alle opinioni personali si mettono a scegliere chi curare e chi no, allora non è più medicina.
– E come sta andando la battaglia intrapresa dalla vostra associazione?
– I nostri 3500 soci hanno sostenuto economicamente con donazioni 170 famiglie di sanitari sospesi dal lavoro per aver rifiutato il vaccino: abbiamo dato mille euro a famiglia. Abbiamo inviato moltissime lettere alle associazioni di categoria, ai ministeri, alle società scientifiche e al CTS per segnalare le incongruenze, motivandole con una bibliografia precisa. La nostra vittoria più grande comunque è stata quella di creare una comunità di persone che si sorreggono, è stato ridare speranza ai colleghi che si sentivano umiliati e isolati. Abbiamo anche in programma la creazione di un sindacato, perché in questi due anni i sindacati tradizionali non hanno fatto il loro dovere di difendere il lavoro – infatti qui si tratta di un vero e proprio attacco alla dignità del cittadino, al diritto di lavorare e di mantenere sé stessi e le proprie famiglie. In sei mesi di esistenza abbiamo realizzato tanto, ma il 2022 sarà un anno fondamentale per chiudere questa fase e rilanciare una politica nuova, un modello economico diverso e un modo di vivere migliore rispetto al passato, fatto di voglia di stare insieme, di condividere e di fare comunità.
Vive a Mosca dal 2006. Traduttore dal russo e dall’inglese, insegnante di lingua italiana. Dal 2015 conduce conduce su youtube video-rassegne sulla cultura e la società russa.