Bulgaria, il presidente ferma la fornitura di armamenti all’Ucraina
Mentre i governi di Polonia e Slovacchia sono determinati a concedere i loro velivoli militari all’Ucraina, la Bulgaria mette in pausa le sue forniture di armi. La decisione è legata alla politica interna di Sofia, che sta vivendo una lunga fase di instabilità, con cinque elezioni parlamentari convocate in cinque anni. La settimana scorsa il presidente Rumen Radev ha dichiarato che lo stop agli aiuti militari a Kiev durerà almeno fino alla data delle prossime elezioni politiche, cioè il 2 aprile.
In particolare, ha affermato che è giusto che i cittadini bulgari conoscano le posizioni dei partiti, i quali si prevede che dopo le elezioni decidano per la Bulgaria se essere parte degli sforzi per ristabilire la pace oppure prolungare la guerra. Per questo motivo, spiega Rudev, finché il governo provvisorio è in carica, la Bulgaria non fornirà all’Ucraina i suoi caccia da combattimento, i suoi sistemi missilistici antiaerei, i carri armati e i veicoli corazzati da trasporto truppe.
Le dichiarazioni del Ministro della Difesa
Le parole di Radev su questo tema sono arrivate due giorni dopo quelle del capo della Difesa. Al canale televisivo ON AIR, il ministro Dimitar Stoyanov ha dichiarato: Siamo categoricamente contrari all’invio di nostri soldati in Ucraina. Le interpretazioni delle modifiche alla Legge sulla Difesa e sulle Forze armate della Repubblica di Bulgaria sono state estremamente infruttuose in una complessa situazione pre-elettorale. Il ministro ha specificato che fino alla fine di gennaio Sofia ha fornito armi e munizioni all’Ucraina, dando peraltro ciò che era fra le tre richieste prioritarie fatte da Zelensky. La fornitura è avvenuta secondo i termini dell’accordo con Kiev ratificato dall’Assemblea Nazionale, il parlamento unicamerale bulgaro. Stoyanev aggiunge che adesso non vi è alcun accordo supplementare di invio di armi e che il governo esegue fedelmente quanto stabilito dal parlamento.
Sofia non entra nemmeno nel recente accordo generale con cui gli Stati membri della UE si sono impegnati per rifornire Kiev di proiettili da 155 mm. Il Consiglio Europeo ha infatti approvato la produzione nel giro di un anno di 1 milione di questi proiettili. Il ministro ha precisato che l’esercito bulgaro non ha in dotazione questo tipo di munizioni e che dunque occorre anzitutto organizzarne la produzione.
In futuro, dice il ministro, con la modernizzazione dell’esercito la Bulgaria potrà cambiare il calibro dei proiettili e diventare essa stessa utilizzatrice dei 155 mm. Secondo quanto riferiscono fonti diplomatiche, i vertici del Consiglio Europeo – a partire dal suo presidente Charles Michel – hanno fatto pressione per scongiurare proposte di tagli e cambiamenti al testo dell’accordo. I funzionari hanno detto che a certi Paesi non dovrebbe essere consentito di bloccare quelli che invece vogliono agire. Alla fine, però, lo sforzo politico degli euroburocrati si è rivelato vano, perché né la Bulgaria né l’Ungheria si sono unite all’accordo.
La visita del Commissario UE
Di pressioni politiche europee su Sofia si è parlato anche in relazione al viaggio in Bulgaria del Commissario UE per il mercato interno e i servizi, il francese Thierry Breton. Quest’ultimo, infatti, ha cominciato un giro dei Paesi membri in vista dell’approvazione di un piano da 2 miliardi di euro per la produzione di munizioni destinate sia all’Ucraina che ai magazzini semivuoti degli eserciti continentali. Tra l’altro, la UE ha aumentato a quasi 8 miliardi di euro fino al 2027 il finanziamento dello Strumento Europeo per la Pace, meccanismo grazie al quale l’Ucraina ha ricevuto aiuti per ben sette volte a partire dal febbraio 2022.
Ed è lo stesso Breton ad ammettere la scarsità di proitelli quando dice che la UE ha urgentemente bisogno di incrementare la produzione di munizioni per la sua stessa sicurezza. E rivolgendosi ai giornalisti locali a proposito della prima tappa del suo tour afferma: Comincio dalla Bulgaria perché il vostro Paese ha una lunga storia nell’industria della difesa ed è un partner molto importante in Europa. Il 15 marzo Breton ha incontrato gli esponenti dell’industria militare bulgara nella sua visita a Sopot, città della Bulgaria centrale in cui si trova la Vazovski Mashinostroitelni Zavodi (VMZ), la principale fabbrica nazionale di armi e munizioni.
Le accuse di pressioni esterne
Molti hanno interpretato la visita di Breton in questo travagliato momento della vita politica bulgara come un tentativo di pressione da parte di Bruxelles e del suo fronte anti-russo. Il Commissario francese, però, ha puntualizzato che il suo viaggio era finalizzato solamente a una stima delle condizioni dell’industria militare locale e a un confronto preliminare sui modi per migliorarne la produttività.
Anche il ministro Stoyanov ha voluto esplicitare questo concetto, dicendo che lo scopo della visita del Commissiario europeo per il mercato interno era esclusivamente di valutare la possibilità di aumentare la capacità produttiva della nostra industria della difesa in vista alla luce della necessità di fabbricare munizioni per ricostituire le scorte degli Stati membri della UE e della NATO. Chi denuncia le pressioni di Bruxelles e di Washington su Sofia si basa sul fatto che la Bulgaria è uno dei maggiori produttori di munizioni di standard sovietico, proprio quella tipologia di cui l’esercito ucraino ha bisogno e che gli alleati euroatlantici non sono in grado di fornire.
L’impegno bulgaro quindi diventa essenziale. Per non parlare poi del fatto che proprio la Bulgaria è fra i tre Paesi NATO a disporre di MiG-29, i caccia da combattimento di concezione sovietica. Gli altri due, Polonia e Slovacchia, hanno già disposto l’invio dei loro velivoli, mentre il governo bulgaro ha rimandato la decisione a dopo le elezioni.
Le critiche al presidente Radev
Il presidente Radev ha comunicato lo stop alle forniture militari per Kiev in una conferenza stampa sulla sicurezza nazionale e sul piano anti-corruzione. In questa occasione ha anche sottolineato che la Bulgaria sosterrà gli sforzi diplomatici dell’Europa per cercare la pace. Nonostante ciò, a seguito della visita del Commissario europeo, la leader del Partito Socialista (BSP) Kornelia Ninova, già ministro dell’Economia e vicepremier, ha accusato Radev di aver tradito la sua posizione iniziale. Qualche mese fa, infatti, Radev aveva dichiarato che fornire aiuto militare all’Ucraina è come “cercare di spegnere il fuoco con la benzina”.
La Ninova lo avverte del rischio di coinvolgimento della Bulgaria nel conflitto: un’eventualità del genere incontrerebbe una grossa resistenza da parte della maggioranza della società bulgara. Neri primi mesi del conflitto, Radev era stato invece criticato da chi lo riteneva di muoversi in modo troppo cauto nell’appoggiare Kiev o di essere apertamente filo-russo. Pur avendo formalmente condannato “l’aggressione russa”, si era espresso negativamente rispetto alle sanzioni UE, che crede sia di danno anzitutto all’economia dei Paesi europei. Adesso, mentre i governi di Polonia e Slovacchia sono determinati a concedere i loro velivoli militari all’Ucraina, Radev ha messo in pausa le forniture di armi almeno fino alla data delle prossime elezioni politiche, cioè il 2 aprile.
52 anni, padre di tre figli. E’ massimo esperto di Medio Oriente e studi geopolitici.