Bruxelles non trova il modo di rompere i contratti di fornitura energetica con la Russia

Bruxelles non trova il modo di rompere i contratti di fornitura energetica con la Russia

21 Aprile 2025 0

Bruxelles sta cercando una maniera legale e indolore per rompere i contratti di fornitura di combustibile dalla Russia. Ma è tutt’altro che semplice, sia dal punto di vista strettamente giuridico che da quello politico. E lo è ancor meno sul piano finanziario, perché una via d’uscita – ammesso che esista – comporterà comunque delle grosse spese.

Scappatoie legali

La maniera legale e corretta che la Commissione Europea vorrebbe trovare dovrebbe avere la seguente caratteristica: permettere alle aziende energetiche continentali di recedere dai contratti a lungo termine coi fornitori russi senza essere tenute a pagare pesanti penali. Dunque si cercano delle scappatoie consentite dalla legge, che non abbiano eventuali strascichi giudiziari o penalità da sborsare. D’altra parte, se la UE non vuol dare soldi a Mosca, perché ritiene in questo modo di alimentare la macchina da guerra russa, allora elargirli con le penali sarebbe la classica beffa che si aggiunge al danno. Bisogna inoltre considerare che i contratti sono tutti diversi, pur seguendo uno standard comune, e spesso sono segreti o hanno clausole riservate. Da ciò deriva una complessità che rende incredibilmente difficile il lavoro dei legali della Commissione incaricati di trovare modi di rescindere col minor danno possibile.

Uno dei migliori sembrerebbe quello di dichiarare l’insorgere di una causa di forza maggiore. Ma non basta, perché ciò potrebbe costituire un precedente destinato a diventare una “mina” pronta a esplodere in ambiti e in momenti imprevedibili. Il centro studi Bruegel di Bruxelles suggerisce di imporre dazi invece che arrivare a sancire un vero e proprio bando. I dazi infatti generano introiti e costringerebbero i fornitori russi ad abbassare i prezzi per rimanere competitivi. Insomma, due piccioni con una fava. E il terzo vantaggio di natura politica e burocratica è che per approvare i dazi basta la maggioranza semplice, mentre un divieto totale richiede l’unanimità degli Stati membri.

Meno gas russo, più gas russo

Al momento Mosca soddisfa l’11% del fabbisogno europeo di gas. Le forniture avvengono via gasdotto. Nel 2022 era quasi il 40%: la riduzione appare notevole, ma nel frattempo vi sono stati cambiamenti nel quadro generale delle forniture energetiche che di fatto tengono comunque legata l’Europa alle fonti siberiane. Nel frattempo sono infatti aumentati gli acquisti di gas naturale liquefatto (GNL) dalla Russia. Nel complesso, tra febbraio 2024 e febbraio 2025 il valore degli acquisti UE di gas e di petrolio dalla Russia è ammontato a 21,9 miliardi di euro.

La situazione sottostante a questa cifra è complessa, con alcuni combustibili vietati dai pacchetti sanzionatori, altri consentiti parzialmente, altri ancora importati ugualmente (aggirando i suddetti divieti) e così via. Per adesso, i porti principali a cui attraccano i tanker di GNL russo, che da lì arrivare poi ad altri Paesi, sono quelli di Belgio, Francia e Spagna. Secondo i calcoli del centro studi americano Institute for Energy Economics and Financial Analysis (IEEFA), a quei porti giunge l’85% del GNL russo, le cui importazioni nel 2024 sono cresciute del 18%. Nel 2025, invece, sono scese ai livelli minimi dal 2022, ma sussistono ancora.

Non c’è ancora un programma preciso

Ora la UE vorrebbe chiudere la pratica in maniera definitiva, anche perché in teoria ha promesso di rinunciare agli idrocarburi russi entro il 2027. Ma il tempo stringe e per passare dalla teoria alla pratica c’è ancora molto da fare. Gli esperti frenano le decisioni più estreme della Commissione, avvertendo che un stop totale a Gazprom significherebbe un rialzo tremendo dei prezzi. Il motivo è che l’Europa non ha ancora trovato dei sostituti degni per i fornitori russi. Per adesso, i funzionari di Bruxelles stanno lavorando sul17esimo pacchetto di sanzioni, che potrebbe essere presentato per l’approvazione nel mese di giugno.

A far impennare i prezzi ci aveva già pensato Zelensky, quando il 1° gennaio ha fatto chiudere i rubinetti delle condutture che passano dal territorio ucraino, fermano in questo modo l’afflusso del gas siberiano. provocherà come minimo un aumento dei prezzi del combustibile in tutta la UE. In quell’occasione Zelensky aveva dichiarato che si trattava di una delle più grosse sconfitte per Mosca, ma in questo modo ha fatto perdere all’Ucraina 800 milioni di euro annuali di diritti di transito e ha fatto infuriare il primo ministro slovacco.

Gli ostacoli

Per adesso quindi la von der Leyen prende tempo: il grandioso piano antirusso doveva uscire a marzo, ma è stato rimandato a maggio. Per il ritardo addossano la colpa ai soliti cattivoni come Slovacchia e Ungheria, che potrebbero cassare o boicottare il provvedimento. Le sanzioni necessitano dell’unanimità, ma oltre a Budapest e Bratislava anche altri governi hanno fatto presente di non essere pronti a votare il blocco totale. Chi non è tecnicamente pronto e chi non è non vede motivo di trasformare la propria rete energetica – magari a proprio danno – solo perché questa è la linea politica che impone Bruxelles. Il Paese più colpito oggi è la Slovacchia, il cui premier Robert Fico è ai ferri corti con Zelensky.

Un altro freno al blocco totale del gas russo è costituito dal timore di lasciare i Paesi UE completamente alla mercè negli USA al momento delle trattative sui dazi. Se infatti fino all’anno scorso il passaggio alla dipendenza dall’energia americana veniva visto come giusto e santo (sebbene finisse per costare uno sproposito ai portafogli dei cittadini e delle aziende europee), con le ultime mosse di Trump in materia di commercio internazionale, la visione di Bruxelles è cambiata. Le importazioni di GNL americano comunque hanno già superato quelle dalla Russia, passando dal terzo posto dietro la Norvegia al primo.

Quali strumenti?

La Commissione non ha ancora indicato gli strumenti che i Paesi membri dovrebbero usare per accelerare la fine delle importazioni di energia russa. Bruxelles fa pressioni, ma i singoli Paesi membri sono molto incerti se sia davvero il caso di costringere le proprie aziende a rompere i contratti di fornitura di gas russo. Nel frattempo ha dato ai governi dei Paesi membri il potere di impedire alle aziende russe e bielorusse la possibilità di far passare il proprio gas dalle condutture su territorio UE o di farlo arrivare ai porti delle città europee. Alcuni ministri però hanno fatto notare che il permesso della Commissione non costituisce una sufficiente base legale per costringere le aziende a tali azioni, che di fatto andrebbero a violare un contratto internazionale.

Vincenzo Ferrara
VincenzoFerrara

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