Blinken in visita in Israele ha detto di parlare da ebreo. Ma non rappresenta tutti i cittadini americani? Malumori nel Dipartimento di Stato

Blinken in visita in Israele ha detto di parlare da ebreo. Ma non rappresenta tutti i cittadini americani? Malumori nel Dipartimento di Stato

26 Ottobre 2023 0

Durante la tappa israeliana del suo tour diplomatico in Medio Oriente, il segretario di Stato americano Antony Blinken ha pronunciato un discorso che ha scontentato i cittadini americani e gli esponenti stessi del suo entourage.

Nell’offrire “l’incrollabile appoggio” di Washington si è rivolto a Israele dicendo di parlare da ebreo prima ancora che da esponente del governo USA. In apparenza è un dettaglio, ma ha generato ancora più scontento di quanto non ve ne fosse già nel Dipartimento di Stato. Infatti, un diplomatico del suo calibro non dovrebbe parlare sempre in qualità di rappresentante dello Stato, senza fare riferimento alla sua genetica?  

I viaggi del governo americano a Tel Aviv

Dopo l’attacco sferrato da Hamas il 7 ottobre, a Washington si sono mossi subito per portare aiuto militare che diplomatico a Israele. Gli esponenti principali del governo statunitense hanno deciso di recarsi personalmente a Tel Aviv, sede del Ministero della Difesa israeliano e dell’Ambasciata USA. Il 13 ottobre vi è andato Lloyd J. Austin III, segretario alla Difesa, che ha incontrato il suo omologo Yoav Gallant oltre al primo ministro Benjamin Netanyahu. Ha ribato il “ferreo sostegno” degli americani e la garanzia che avrebbero fornito assistenza militare e di intelligence al più presto. Il 18 ottobre si è recato il presidente Biden in persona, che al premier israeliano e al suo gabinetto di guerra ha dichiarato addirittura di essere un sionista:

Non credo che si debba essere per forza ebrei per essere sionisti, e io sono un sionista.

Poi ha chiesto a Netanyahu di evitare di aumentare il numero delle vittime civili fra i palestinesi e di non far peggiorare la crisi umanitaria a Gaza. Inoltre ha ammonito l’Iran a restare fuori dal conflitto. Nel frattempo, il 12 ottobre, il segretario di Stato Blinken era passato da Israele nell’ambito del suo giro di visite nella regione, svolto con l’obiettivo di convincere i Paesi del Medio Oriente che hanno relazioni con Hezbollah e con Hamas a non infiammare ulteriormente gli scontri. Blinken è quindi andato in Giordania, in Arabia Saudita, negli Emirati Arabi Uniti, in Qatar e in Egitto.

La dichiarazione di Blinken sul suo essere un ebreo

Nel suo discorso agli esponenti del governo israeliano, Blinken ha subito precisato di parlare anzitutto in qualità di ebreo, poi di marito e di padre.

Mi presento a voi non solo come Segretario di Stato USA, ma anche come ebreo.

Ha spiegato che la sua comprensione della tragedia è dovuto al fatto di aver avuto un nonno scappato dai pogrom e un patrigno sopravvissuto ai campi di concentramento. E sull’appoggio di Washington ha assicurato che al Congresso vi è accordo bipartisan per sostenere Gerusalemme e che l’America sarà “sempre al fianco” di Israele. In realtà, a livello politico negli Stati Uniti esiste anche simpatia verso la Palestina e il mondo arabo, accompagnata talvolta da un’effettiva avversità per Israele come entità che ha occupato territori altrui e che ha violato molte Risoluzioni dell’ONU. Dalle dichiarazioni di Blinken resta comunque quel dettaglio della sua appartenza al popolo ebraico, che esula dalle normali competenze di esponente del governo e stona con il ruolo che riveste. Come può rappresentare adeguatamente un Paese esteso come gli Stati Uniti, nel quale non vi sono solamente ebrei ma molte altre nazionalità? Blinken dovrebbe conoscere bene queste “sfumature”, essendo figlio e nipote di diplomatici. Il padre infatti è stato ambasciatore USA in Ungheria negli anni ’90, mentre lo zio era ambasciatore in Beglio nello stesso periodo, sotto la presidenza Clinton.

Reazioni negative nel Dipartimento di Stato

Il malcontento e l’insoddisfazione all’interno del Dipartimento di Stato sono ormai palpabili. Proprio la gestione della questione palestinese da parte di Biden e di Blinken avrebbe portato buona parte dello staff a covare forti malumori, se non addirittura una voglia di “ammutinamento”. Tuttavia, il Segretario di Stato e i suoi consiglieri più stretti ignorano o sottovalutano questi sentimenti di rivolta, perché troppo impegnati a lavorare su come aiutare Israele a effettuare le sue operazioni di espansione dentro Gaza. Alcuni funzionari starebbero preparando un cosiddetto “telegramma di dissenso” per presentare le proprie critiche verso la politica attuata dai vertici governativi. Si tratta di un documento di una certa rilevanza, già sperimentato ai tempi della guerra in Vietnan e in altri momenti delicati della storia recenti, per avvertire gli esponenti dell’amministrazione presidenziale sulle conseguenze pericolose delle loro scelte.

Intanto si è dimesso Josh Paul, un funzionario di lungo corso del Dipartimento, che ha dichiarato di non essere più in grado “moralmente” di lavorare per sostenere lo sforzo bellico degli israeliani. Afferma poi di aver ricevuto attestati di stima e di solidarietà dai colleghi, i quali dicono di condividere la sua posizione. Il portavoce del Dipartimento Matthew Miller stempera i toni sottolineando l’importanza di punti di vista differenti nel migliorare l’opera comune, ma ammette di aver sentito delle intenzioni dimissionarie di molti funzionari. Questi ultimi sarebbero “depressi e arrabbiati” per colpa della politica statunitense che “enfatizza il supporto a Israele a discapito delle vite dei palestinesi”.

Secondo alcuni membri dello staff presidenziale, sulla questione di Gaza regna ormai a Washington una “cultura del silenzio” che impedisce alle persone di esprimersi liberamente.

Le ripercussioni politiche su Biden

Non bastava il guaio del posto vacante di speaker della Camera, che da tre settimane paralizza le funzioni legislative e impedisce di fatto di mandare nuovi aiuti all’Ucraina. Ora a togliere il terreno da sotto i piedi di Biden vi sono pure i Congressmen che si stanno preparando a dichiarare ufficialmente la contrarietà al suo approccio verso la questione di Gaza. I suoi oppositori si trovano in entrambi i partiti e sono legati da motivazioni varie. Ad alcuni non piace che il presidente abbia una visione a senso unico sul supporto incondizionato a Gerusalemme.

Aaron David Miller, specialista del Medio Oriente che ha lavorato con sei Segretari di Stato diversi, sia democratici che repubblicani, dice che la connessione di Biden verso Israele è profondamente radicata nel suo DNA politico. Che gli piaccia o meno, si trova nel mezzo di una crisi che deve gestire. Questo lo avvicina molto alla destra americana e lo allontana dalla fazione progressista del suo elettorato. Senza contare ovviamente l’irritazione dei cittadini americani di origine araba. In vista delle prossime elezioni una larga fetta di voti è a rischio.

La deputata democratica del Michigan Rashida Tlaib, nata a Detroit ma figlia di immigrati palestinesi, ha lanciato un avvertimento: Presidente Biden, non tutta l’America è con lei su questo punto, Lei deve svegliarsi e capirlo. Stiamo letteralmente vedendo come alcune persone stiano mettendo in atto un genocidio.

Gli americani scontenti dell’operato di Biden

E in effetti, dai diversi sondaggi effettuati in questi giorni, risulta che la popolarità di Biden stia scendendo ancora. Se considerati singolarmente come popoli e senza metterli in un contesto di scontro, israeliani e i palestinesi godono di una simpatia in misura quasi uguale negli Stati Uniti, con una certa prevalenza dei primi. E anche se la maggioranza degli americani dice di stare dalla parte di Israele in questo particolare frangente, meno della metà di loro pensa che Biden possa prendere le decisioni giuste con riferimento alla crisi in Palestina. Il 53% degli cittadini, invece, si fida di lui “poco” o “per nulla”.

Sembra che la sfiducia per Biden in questa vicenda sia legata piuttosto allo scarso gradimento che lo caratterizza in generale. E la tendenza al peggioramento è descritta da commentatori come Paul du Quenoy, che sullo European Conservative parla di una società americana “incattivita e polarizzata”, impoverita dalla politica interna dell’amministrazione Biden e resa inquieta e traballante dalle sue azioni irresponsabili in politica estera.

Durante la tappa israeliana del suo tour diplomatico in Medio Oriente, il segretario di Stato americano Antony Blinken ha pronunciato un discorso che ha scontentato i cittadini americani e gli esponenti stessi del suo entourage. Si è rivolto a Israele dicendo di parlare da ebreo prima ancora che da esponente del governo USA. Un diplomatico del suo calibro non dovrebbe parlare sempre in qualità di rappresentante dello Stato, senza fare riferimento alla sua genetica?

Martin King
Martin King

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