Amministrazione Curda attacca la Turchia: “Approfittano della situazione in Ucraina per perpetuare la politica di genocidio contro le nostre regioni”

Amministrazione Curda attacca la Turchia: “Approfittano della situazione in Ucraina per perpetuare la politica di genocidio contro le nostre regioni”

24 Aprile 2022 0

Mentre l’attenzione del mondo è rivolta al conflitto in Ucraina, la Turchia riprende le manovre militari contro le postazioni curde dell’Unità di protezione del popolo (Ypg) e del Partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk) nella Siria nord-orientale e in alcuni centri dell’Iraq settentrionale. Con l’allentamento della pressione militare e politica di Mosca sul fronte mediorientale, conseguenza della massiccia concentrazione di mezzi e uomini nel Paese alle porte dell’Europa, i territori del nord-est siriano stanno assistendo a una nuova escalation di violenza.

L’Osservatorio siriano per i diritti umani riferisce che il 22 aprile scorso nelle città di Hasake, Derbasiye, Qamishli e Kobane, nella regione curdo-siriana del Rojava, si è verificato un intensificarsi degli attacchi da parte delle forze armate di Ankara contro postazioni dei miliziani curdi. Notizie confermate anche da Rashid, nome di fantasia per tutelare l’anonimato di un giovane che vive a Kobane, il quale racconta di un presunto attacco di droni turchi contro un’auto sull’arteria che collega la città simbolo della resistenza al Daesh con Aleppo, durante il quale sarebbero morti tre miliziani delle Forze democratiche siriane (Sdf) e altre quattro sarebbero rimaste ferite. «L’attacco in città ha preso di mira quattro luoghi diversi, colpito case, ma senza provocare vittime, solo un ferito», chiarisce Rashid. In una nota l’Amministrazione autonoma curda del Nord-est punta il dito contro Ankara, che approfitterebbe “delle circostanze che stanno interessando la regione e il mondo, in particolare per ciò che sta accadendo in Ucraina. In questa fase delicata –  si legge nella nota dell’Amministrazione – la Turchia continua con tutta la sua brutalità a perpetuare la politica di genocidio contro le nostre regioni”.

Nel frattempo anche il vicino Iraq è stato interessato da operazioni congiunte aeree e terrestri contro i combattenti del PKK. Il 18 aprile scorso strutture e depositi di munizioni dell’organizzazione che Turchia, Stati Uniti ed Ue designano come terroristica, sono stati presi di mira con l’operazione denominata “Claw Lock“, finalizzata secondo Ankara a prevenire attacchi terroristici e garantire la sicurezza delle sue frontiere. Gli attacchi, non nuovi in quella regione, si sono concentrati nelle regioni del nord dell’Iraq di Metina, Zap e Avasin-Basyan, per i quali Ankara è ricorsa alle  forze speciali, sia via terra che via aerea.

Lo stesso presidente Recep Tayyip Erdoğan, intervenendo in Parlamento ad un meeting del suo partito, l’Akp, il 20 aprile scorso ha dichiarato: “Prego che nostro Signore possa concedere il successo alle nostre gloriose truppe che partecipano all’operazione che stiamo conducendo in stretta collaborazione con il governo centrale iracheno e l’amministrazione regionale nel nord dell’Iraq”. Quindi coglie l’occasione per ribadire il mantra che “la Turchia non ha alcun progetto sulle terre di nessun altro e mira solo a garantire la sicurezza dei suoi confini e la stabilità dei suoi vicini”. Con gli attacchi sferrati negli ultimi giorni si conclude la prima fase della nuova operazione anti-Pkk, rivela il giornale filogovernativo Daily Sabah, riportando le dichiarazioni del ministro della Difesa turco Hulusi Akar, secondo il quale durante gli scontri sarebbero morti “trenta terroristi”.  

Claw Lock era stata lanciata nel 2020 dal governo turco per neutralizzare alcune basi militari del Pkk, che minerebbero la sicurezza di Ankara ai suoi confini. Di fatto, però, in quella regione le attività belliche contro i ribelli di estrema sinistra del Pkk vanno avanti da oltre dieci anni. Non a caso Duran Kalkan, membro del comitato centrale dell’organizzazione il 17 aprile scorso, quindi poco prima dei nuovi attacchi turchi contro il Kurdistan meridionale, in una lunga intervista all’agenzia di stampa curda Anf avvertiva che “il gruppo non sarebbe caduto nella trappola del nemico mettendosi in una guerra di trincea”. Seguono poi dichiarazioni che suonano come una minaccia aperta contro lo Stato turco: “La guerra si svolgerà nel Kurdistan settentrionale, ma anche in Turchia. Si diffonderà in Turchia. Assisteremo a un tipo di guerra molto più efficace nelle città della Turchia. Questa guerra non avverrà solo sotto forma di attacchi a obiettivi militari in prima linea. Si svolgerà ovunque nel Kurdistan settentrionale e in Turchia. In ogni luogo da cui l’AKP-MHP ci attacca. In tutte le città”, conclude Kalkan. Secondo quanto affermato da una fonte militare turca al quotidiano londinese on line Middle East Eye, l’operazione di Ankara contro il PKK avrebbe favorito il KRG (il governo regionale del Kurdistan iracheno) e il suo partito al governo permettendogli di mettere in sicurezza l’oleodotto Kirkuk-Ceyhan. Un impianto da 450.000 barili al giorno che trasporta greggio dal nord dell’Iraq al porto turco di Ceyhan. Con lo scoppio della guerra in Ucraina e le sanzioni imposte alla Russia di Vladimir Putin, anche le riserve del Kurdistan iracheno potrebbero diventare di interesse, dal momento che come scrivono ancora Levent Kemal, Ragip Soylu su Middle East EyeAnkara e Irbil cercano modi per estrarre ed esportare il gas attraverso la Turchia verso l’Europa, sebbene il progetto dovrà affrontare una serie di ostacoli politici e tecnici”.

Marina Pupella
MarinaPupella

Iscriviti alla newsletter di StrumentiPolitici