Alcune voci dall’inferno di Gaza

Alcune voci dall’inferno di Gaza

19 Ottobre 2023 0

Abraham Saidam non ce l’ha fatta, ha perso la vita, a soli 26 anni, in un attacco alla sua casa. Era uno dei giovani palestinesi che partecipava alle attività del Centro culturale di scambio culturale Vik, creato a Gaza più di dieci anni fa dietro iniziativa di Meri Calvelli, responsabile di Greening the future, un progetto ideato per fornire fonti di acqua potabile, servizi educativi e di sostegno psico-sociale, promosso dalle associazioni Acs di Padova e Progettomondo di Verona.

Abraham era il protagonista dello spettacolo teatrale “All that’s left to me”, tratto dall’Odissea. Aveva realizzato anche la grafica della locandina e si era occupato del montaggio del trailer dello spettacolo. Qualche giorno fa sarebbe dovuto arrivare in Italia insieme a un gruppo di 15 ragazze e ragazzi per esibirsi a Milano, Siena e altre città italiane, ma non è riuscito a ottenere il passaporto in tempo – riferisce Calvelli -. Tutto è saltato e ora abbiamo appreso che Abraham non c’è più.

Una storia di dolore e morte, figlie della guerra, cui si aggiunge la perdita della speranza di riuscire a sopravvivere sotto i bombardamenti nella Striscia di Gaza, divenuta ormai una prigione per i 2 milioni circa di persone che la abitano. “La polvere non si è ancora depositata, e scrivo con dolore e tristezza”, è il messaggio di Mohammed, un amico di Abraham a Calvelli per annunciare la tragica notizia.

Sopravviviamo un altro giorno senza sapere che fine faremo o cosa succederà. La morte è ovunque e la vita da nessuna parte. La nostra vita non ha significato se non lottiamo per il nostro diritto a vivere e per la nostra libertà.

Storie di sofferenza che si intrecciano, come quella di Aarab, giovane musicista anche lei palestinese che insegna musica e pianoforte al Music institute di Gaza, costola del conservatorio di Gerusalemme. La ragazza è anche una delle referenti per gli aiuti della Ong italiana Music for Peace, grazie alla quale riesce a sfamare e sostenere famiglie che poi mandano i figli a imparare a suonare uno strumento. Riesce a sottrarli all’endemico disagio economico e sociale del luogo in cui sono nati, terreno fertile da cui attingono le organizzazioni terroristiche e la criminalità. Coi ragazzi ha pure organizzato dei concerti in giro per l’Europa, impresa non facile visti gli ostacoli e le lungaggini che deve affrontare chiunque volesse uscire dalla Striscia di Gaza, anche prima dell’escalation delle ultime settimane.

Abbiamo perso la speranza. Non c’è più speranza nella vita – scrive Aarab all’amico Stefano Rebora, fondatore di Music for peace -. Hanno demolito le nostre case, ucciso i nostri amici e tutto ciò che di bello c’era nella mia città. Aspettiamo la morte in ogni momento. L’odore della morte è ovunque. Gli israeliani hanno distrutto la mia casa nel quartiere di Al-Rimal e le case dei miei vicini. Ho affittato una casa vicino al Music Institute, ma loro hanno demolito tutto.

Messaggi inviati il giorno prima dell’attacco all’ospedale Al-Ahli Arabi Baptist di Gaza, che ha causato la morte di 471 perone (ma il numero è ancora incerto) e il ferimento di altre 314. Fra le vittime ci sarebbero anche gli sfollati di Gaza City, rifugiatisi all’interno dell’edificio, certi che lì sarebbero stati al sicuro. Sulla vicenda è un rimpallo di responsabilità, con Israele che punta il dito contro Hamas e viceversa, ritenendolo l’autore del massacro dei civili.

La tragedia dell’ospedale Al-Ahli Arabi Baptist di Gaza

«Il razzo della Jihad islamica sell’ospedale a Gaza è una tragedia orribile – scrive in una nota l’ambasciatore d’Israele in Italia, Alon Bar. Purtroppo non è la prima volta che i loro razzi e quelli di Hamas lanciati contro Israele cadono dentro Gaza, colpendo la popolazione usata come scudo umano. Non è una guerra tra versioni differenti, ma una questione di verità e menzogne. Israele – prosegue – ha le prove che si è trattato di un razzo lanciato dalla Jihad. Ci aspettiamo che i media italiani si attengano ai fatti».

A riprova di quanto sostenuto da Tel Aviv, il portavoce militare Daniel Hagari esibisce video, immagini satellitari e un audio dell’intercettazione di due miliziani. E Washington è propenso a credergli, come l’Italia.

La richiesta di una commissione internazionale d’inchiesta

«Da quanto sta emergendo dalle indagini di intelligence nostre e di altri Paesi, la responsabilità israeliana sembra esclusa», ha detto il ministro degli Esteri, Antonio Tajani. L’istituzione di una commissione internazionale e indipendente d’inchiesta sul posto, potrebbe aiutare a far luce sui fatti.

«Non si può tracciare ogni razzo che viene lanciato da una parte o dall’altra. Nel caso del missile che ha colpito l’ospedale, per risalire ai responsabili occorrerebbe istituire una commissione internazionale indipendente d’inchiesta – spiega Leonardo Tricarico, già Capo di Stato Maggiore dell’Aeronautica – con degli esperti all’altezza, che si rechino sul posto e analizzino pezzi del razzo».

 

Marina Pupella
MarinaPupella

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