Le guerre dei danni collaterali

Le guerre dei danni collaterali

6 Febbraio 2024 0

La caduta del muro di Berlino ha segnato un cambiamento epocale nei sistemi di relazioni internazionali che ha condotto all’avvento di un mondo unipolare dominato dall’Occidente. La natura conseguenza del venir meno dell’impero sovietico e quindi della tensione tra i due poteri che aveva bloccato le forme di espansione dei due imperi negli anni precedenti.

Un nuovo concetto di guerra

I confronti bellici fino ad allora avevano visto principalmente come protagonisti gli eserciti. Essi si fronteggiavano con perdite prevalentemente di militari e con danni estesi anche ai civili ma in modo parziale. Con il 9 novembre del 1989 si fa largo invece una nuova forma di conflitto a ‘bassa intensità’ fondato sulla convinzione dell’onnipotenza dell’Occidente. Quest’ultimo quindi si prepara a realizzare un governo globale, con avversario solo la Cina: all’inizio della sua crescita avvenuta negli anni novanta.

Agli inizi degli anni Novanta abbiamo forse l’ultimo vero scontro militare con la guerra del Golfo. Iniziano però ad aumentare i crescenti numeri di civili deceduti incidentalmente nei conflitti, nel caso preso in esame oltre 100.000.  La guerra diventa infatti qualcosa di profondamente diverso e comincia ad abbattersi sui civili e sempre meno sui militari.

I morti delle guerre finanziarie

Gli anni Novanta vedono, oltre agli scontri militari anche le prime guerre finanziarie funzionali a destabilizzare i Paesi e proprio nel 1991 abbiamo l’attacco alla lira da parte di Soros. Poi, con l’affermazione della finanza razionale, seguiranno gli attacchi all’Argentina, al Cile, al Messico, al Brasile e nell’estremo oriente i casi del Giappone, della Thailandia, della Malesia, della Corea del Sud di Hong Kong.

Tutto diventa più asettico ed il ruolo dei Paesi in difficoltà e dei popoli costretti ad emigrare diventano un fatto normale. Il governo della ‘dominanza’ cambia radicalmente. Alla fine del decennio scoppia in Europa la guerra del Kosovo e lo scontro in Iugoslavia verso le minoranze in una forma di pulizia etnica dei serbi che sembra inarrestabile: la Nato bombarda senza limiti le aree che sono oggetto degli scontri. Cerca di non sacrificare militari, ma la stessa attenzione non viene prestata al sempre più crescente numero di civili uccisi.

L’avvento dei danni collaterali

Lo scontro etnico lascia sul campo 250.000 civili morti di cui 16.000 bambini e tutto sembra passare sotto silenzio. E pensare che al vertice di Rambouillet, nel 1999, si erano proposte soluzioni alternative alla guerra, ma la forza ha prevalso sulla diplomazia. Siamo di fronte ad una cesura storica: si sta infatti affermando la cultura dei danni collaterali, morti insensibili ai più.

Proprio Madeleine Albright, futuro segretario di Stato Usa nel 1996, alla domanda se la morte di mezzo milione di civili – tra cui molti bambini – in seguito alle sanzioni per la guerra del Golfo fosse un prezzo troppo alto da pagare rispose che erano “danni collaterali“. Per la statunitense non si tratta di un prezzo troppo alto, bensì si tratta di una scelta morale.

È questo un passaggio cruciale a segnare i nuovi valori dell’Umanità e di una rinnovata e peculiare attenzione alle minoranze. Con queste parole aggressive si apre la danza macabra delle vittime civili da considerarsi danni collaterali. Una concezione che nel nuovo secolo porterà ad un’enormità numerica e ad un disprezzo  delle persone che a milioni vengono sacrificate per la realizzazione di obiettivi come la conquista territoriale e il conseguimento di sempre più spinti interessi economici.

Il secolo dell’indifferenza

Il nuovo secolo apre la strada dell’indifferenza verso drammi umani che travolgono milioni di persone, individui sacrificabili per la realizzazione di interessi di potere. Dopo le torri Gemelli, l’invasione dell’Afganistan: a fronte di 1.144 militari verranno uccisi 176.000 cittadini di cui 48.000 civili come danno collaterale. E la relativa filosofia diventa la prassi.

Si scardinano paesi, territori con armi sempre più precise e devastanti. Con bombe all’uranio arricchito che generano malattie devastanti ma fanno crescere il potere delle industrie belliche. Per l’industria delle armi i danni collaterali diventano paradossalmente fonte di maggiore crescita e ricchezza. Si sviluppano potenziali drammi di vendetta verso ritorsioni disumane con la creazione di ghetti invivibili e lo stesso Andreotti nel 2016 in Parlamento disse:

Ognuno di noi se fosse nato in un campo di concentramento e fosse lì da oltre 50 anni e non avesse alcuna prospettiva di potere dare ai propri figli un avvenire sarebbe un potenziale terrorista.

La nascita di un mondo amorale

È la nostra disumanità che crea i demoni nell’animo umano. Si realizza un mondo amorale in cui le persone diventano oggetti consumabili sul lavoro e nella loro vita quotidiana. L’aggressione all’Iraq, colpevole di avere armi di distruzioni di massa, di fatto inesistenti, genera nel 2003 l’invasione del paese per esportare una crudele democrazia. Una democrazia costruita su oltre un milione di morti.

Poi abbiamo gli scontri in Libano, in Siria, in Egitto dove i danni collaterali sono aumentati dai milioni di profughi che cercano la salvezza anche a costo di morire in mare. E noi ci troviamo ad affrontare i danni collaterali delle guerre che diventano per noi drammi sociali, economici ed umanitari tali da creare tensioni sociali crescenti a livello di politica interna. Si aggiungono ora le vittime dello scontro tra Russia ed Ucraina e il dramma dei civili di Gaza che hanno superato il numero di 20.000: un danno collaterale che sembra essere riconosciuto solo a parole.

Il monito della Chiesa

Papa Francesco recentemente ha detto:

Forse non ci rendiamo conto che le vittime civili non sono danni collaterali ma sono uomini e donne con nome e cognome che perdono la vita. Sono bambini che rimangono orfani privati del futuro. Sono persone che soffrono la fame e la sete, il freddo. Che rimangono mutilate per colpa di armi sempre più devastanti e generatrici di malattie mortali.

Se riuscissimo a guardare ciascuno di loro negli occhi a chiamarli per nome e revocargli la loro storia personale guarderemmo la guerra per quello che è una tragedia immane che colpisce la dignità di ogni persona su questa terra.

Siamo di fronte al dramma globale del crollo di un sistema di civiltà che si è illuso di raggiungere l’onnipotenza senza provare alcun scrupolo morale. Un crollo dove le prese di distanza dagli eccidi sembrano solo foglie di fico. Dobbiamo assistere all’inerzia colpevole delle istituzioni internazionali capaci di prendere provvedimenti solo sulla carta, senza farne realizzare nemmeno uno nella sostanza?

Il dramma dei danni collaterali conferma una drammatica realtà: quando questi diventano sproporzionati rispetto agli obiettivi che li hanno generati diventano essi stessi obiettivi da perseguire senza scrupoli morali ed umani. È questo il dramma di un mondo che sembra senza futuro e che pare capace di divorarsi la sua stessa anima.

Fabrizio Pezzani
Fabrizio Pezzani

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