USA, basta fornire missili a Israele e Ucraina, dicono gli esperti. Gli americani non riescono a produrne abbastanza per il proprio futuro
Gli USA hanno vissuto la loro estate da cicale nell’utilizzo sfrenato delle riserve degli arsenali, in particolare quelle missilistiche. E ora il Pentagono si sveglia: le scorte stan finendo, producetene di più… Ma gli esperti interpellati da Responsible Statecraft (RS) gettano una bella doccia fredda addosso ai pianificatori del Dipartimento della Difesa. I numeri parlano chiaro: i tempi e i costi per incrementare la produzione nel modo desiderato sono così alti che da rendere questi progetti velleitari, fuori portata, impossibili da realizzare. Se davvero Washington vuole essere pronta al confronto militare con Pechino, dicono, allora meglio lasciar perdere in fretta i conflitti “fuori dagli interessi vitali nazionali” come quelli di Ucraina e Israele.
Tipi di missili richiesti
Il Pentagono, ammonendo sul livello basso delle riserve di munizioni, esorta i suoi fornitori di armi ad accelerare la produzione missilistica, possibilmente raddoppiando o magari quadruplicando i ritmi. Il tutto per prepararsi ad un’eventuale guerra con la Cina. In particolare, si vuole aumentare la produzione di dodici tipi di missili che servono subito, tra cui i Patriot, gli Standard Missile-6, gli intercettori THAAD e i missili congiunti aria-terra lanciabili da grande distanza di sicurezza.
Riempire nuovamente gli arsenali ora semivuoti è importante per la prontezza delle Forze armate americane. Per RS gli esperti spiegano come tale impulso ambizioso alla produzione missilistica sia però un’impresa costosa, che richiede tempo e che presenta difficoltà logistiche, col rischio alla fine di non riuscire se manca un deciso investimento finanziario da parte del Dipartimento della Difesa. Washington dovrebbe anche valutare bene i suoi impegni attuali all’estero, anzitutto in Ucraina e in Israele, prima di consumare ulteriormente i suoi arsenali e di dover poi metter più soldi, più industria e più tempo per tornare in condizione di combattere.
Cosa serve per aumentare la produzione
Gli esperti rivelano a RS che per l’aumento della produzione missilistica nel modo desiderato dal Pentagono occorreranno anni. E serviranno pure nuovi impianti e nuove infrastrutture. Il colonnello ora in pensione Mark Cancian, consigliere del Center for Strategic and International Studies, ha dichiarato a RS che, se i fondi necessari fossero disponibili, la base industriale americana potrebbe in un paio di anni raddoppiare la produzione di diversi missili semplicemente raddoppiando i turni e i lavoratori delle fabbriche già esistenti. Cancian fa notare però come le tempistiche varierebbero da missile a missile, mentre i ritmi più alti richiederebbero comunque nuovi impianti (e serve appunto del tempo per la loro costruzione).
L’analista militare Mike Fredenburg è un pochino meno ottimista: Anche con nuovi contratti siglati, ipotizzo facilmente che ci vogliono quattro anni o più per raddoppiare la produzione. E se provassero addirittura a quadruplicarla, mi sa che non riuscirebbero, o almeno non velocemente. Aggiunge: Abbiamo effettivamente bisogno di nuovi missili, perché gli altri li abbiamo già sparati.
Consumi eccessivi
Ad agosto Fredenburg ha stimato che le guerre di Israele a Gaza e contro l’Iran, sommate alla campagna statunitense contro gli huthi delle Yemen avvenuta in precedenza quest’anno, hanno consumato il 33% degli arsenali degli Standard Missile-3 (SM-3) e il 17% degli Standard Missile-6 (SM-6) a partire dal 2023. Gli USA hanno usato un quarto dei missili intercettori THAAD solamente nel corso della guerra israelo-iraniana. Il Guardian riferisce come nel mese di luglio Washington avesse appena il 25% dei Patriot necessari per i piani del Pentagono, perché ne aveva spediti molti in Ucraina (la quale ne ha comunque ancora bisogno).
Il fatto è che le attuali infrastrutture del complesso militare-industriale non sono adatte a quei rapidi ritmi produttivi a cui il Pentagono aspira. Abbiamo una base industriale della difesa da tempo di pace e l’abbiamo avuta per decenni (…) Non siamo pronti a fabbricare velocemente altro, spiega Fredenburg. Non sappiamo quanto possiamo aggiungere spremendo le strutture esistenti. E i costi sono un altro ostacolo. Il Big Beautiful Bill approvato quest’anno destina 25 miliardi di dollari per i prossimi cinque anni al finanziamento delle munizioni. Ma gli obiettivi di produzione missilistica del Pentagono potrebbero costare decine di miliardi in più. Conclude Fredenburg per RS: Sono tanti soldi… molte decine di miliardi per avere alla fine quei numeri (per quel tipo di missili) come vorrebbe il Pentagono.
Servono nuovi impianti
Giunti a questo punto, il prezzo di un singolo razzo può essere sconcertante. A settembre, per esempio, le Forze armate hanno concesso alla Lockheed Martin quasi 10 miliardi di dollari per fabbricare circa 2mila intercettori PAC-3 Patriot Advanced Capability-3. In altre parole, il costo di un intercettore ammonta ad alcuni milioni di dollari. Il Pentagono vuole aumentare anche la produzione degli Standard Missile-6, che costano 4,3 milioni l’uno. E non si tratta solo di fabbricarli, ma anche di testarli: e sono altri mesi e altre centinaia di milioni. Peraltro, gli esperti fanno notare come la produzione meno esosa dei proiettili da 155mm sia rimasta indietro. Fredenburg evidenzia come i 155mm siano relativamente semplici da fare rispetto ai missili, ma anche qui ci sono delle difficoltà a produrne di più. Cosa ci fa pensare che siano in grado di aumentare massicciamente la produzione di sistemi d’arma più sofisticati, complessi e costosi?
Gli esperti dicono che le intenzioni del Pentagono di raddoppiare o quadruplicare la produzione missilistica rimarranno solo sulla carta a meno che non vengano siglati contratti voluminosi che supportino tale processo. Il tenente colonnello Daniel Davis sul suo podcast Deep Dive ha affermato: Noi diciamo solo che vogliamo esortare il complesso militare-industriale a creare queste nuove capacità, a erigere nuovi impianti, a fare nuove armi e attrezzature. Ma c’è bisogno di molto di più che non il semplice “dovremmo” o “vi esortiamo”, se davvero desideriamo che accada qualcosa.
Jennifer Kavanagh, ricercatrice e direttrice delle analisi militari di Defense Priorities, ha dichiarato a RS che se da un lato incrementare le capacità industriali per i missili è importante per la prontezza militare americana, dall’altro ciò che il Pentagono chiede è fuori portata. Non è chiaro se gli appaltatori siano in grado di raggiungere gli obbiettivi del Pentagono, specialmente senza ulteriori finanziamenti federali che permettano di espandere la produzione e di trovare in qualche modo nuovi operari e di formarli.
Come siamo arrivati a questo punto?
Le riserve americane sono basse perché il Pentagono ha consumato molte munizioni nei conflitti in Ucraina e in Israele e lo ha fatto più fretta di quello che serve a fabbricarne di nuove. Siamo implicati nella guerra in Ucraina dal 2022. E sapevamo quanti e che tipo di munizioni venivano usate là, dice Fredenburg. Non tutti sono d’accordo sul fatto che Washington bilanci accuratamente i suoi compiti, fra i quali c’è il mantenimento della prontezza nazionale. Alcuni temono che tali lezioni non siano state ben apprese. Dice la Kavanagh a RS: Negli ultimi anni gli Stati Uniti hanno sprecato tonnellate di missili e di intercettori per la difesa aerea in conflitti che non rientrano nei nostri interessi vitali, come quelli in Medio Oriente e in Ucraina.
Accelerare la produzione in modo che gli USA possano fornire munizioni all’estero o utilizzarle in conflitti senza connessioni con gli interessi vitali americani corrisponde a uno spreco di risorse. E conclude così: Crescendo la fornitura di munizioni americane avanzate, sarà una tentazione per i leader USA sperperarne una parte in qualche guerra. Ed è questo il rischio dei prossimi sforzi di fabbricazione delle riserve missilistiche.

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