Una sedia a tre gambe: senza Mosca la conferenza di pace in Svizzera non sta in piedi

Una sedia a tre gambe: senza Mosca la conferenza di pace in Svizzera non sta in piedi

18 Aprile 2024 0

La conferenza di pace annunciata per giugno dal governo svizzero appare soltanto come una passerella a uso mediatico per Biden e Zelensky. L’utilità per loro è quella di prolungare almeno fino alle presidenziali americane la finzione di un’Ucraina ancora in piedi. Senza la partecipazione della Russia, infatti, questo summit non può in alcun modo essere un primo passo per i negoziati di pace, come invece dichiarano a Berna.

L’annuncio del governo svizzero

La scorsa settimana il governo svizzero ha annunciato che soddisferà la richiesta del presidente ucraino Volodymyr Zelensky: fra due mesi ospiterà una conferenza di pace per l’Ucraina. Dovrà tenersi il 15 e 16 giugno nei pressi di Lucerna e coinvolgerà i Paesi del G7, i membri dell’Unione Europea e potenze mondiali come India e Cina. Si parlava di questa conferenza già da gennaio, ma ora il Consiglio federale svizzero dice di aver raccolto un consenso internazionale sufficiente per organizzare un summit di alto livello e avviare così il processo di pace in Ucraina. Purtroppo però non è prevista la partecipazione della controparte più importante, cioè la Russia.

La presidente della Confederazione Svizzera Viola Amherd ha voluto precisare che non esiste la garanzia che l’iniziativa abbia successo o che possa subito produrre un accordo di pace. Tuttavia l’alternativa, come ha fa notare in conferenza stampa, è quella di non fare nulla. E l’inazione sarebbe molto peggio, qualcosa di irresponsabile verso la stabilità dell’Europa e della Svizzera stessa.

L’obiettivo dichiarato della conferenza

Il ministro degli Esteri svizzero Ignazio Cassis ha esteso l’invito formale al summit a più di cento Paesi del mondo. Come concordato in una telefonata fra Zelensky e la Amherd, bisognerà attirare quanti più Stati possibile. Solo in questo modo si potrà creare una cornice che favorisca il raggiungimento di una pace durevole e completa in Ucraina. E soltanto così si potrà aprire una via concreta che porti Mosca a unirsi a tale iniziativa di pace. Infatti, come dice la Amherd, questo è solo un passo per iniziare il percorso: un eventuale accordo verrà siglato in una conferenza successiva.

A Berna sperano allora di coinvolgere il Cremlino per la conferenza successiva. Cercando di convincere il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov, a gennaio Cassis aveva chiarito che il processo di pace non si può attivare senza la Russia. Ma Mosca ormai non considera più la Svizzera come Paese neutrale e affidabile, perché si è allineata alle sanzioni europee.

Mosca resta fuori

Rimandare firme e decisioni è inevitabile se manca la controparte fondamentale. Ed è proprio questo il caso della conferenza di giugno, come il governo svizzero fa notare senza evidenziarlo troppo. Zelensky non vorrebbe che la Russia venga invitata, ma tanto a queste condizioni Mosca ha già detto di no. La portavoce del Ministro degli Esteri Maria Zakharova ha descritto la conferenza come una passerella a uso elettorale organizzata a beneficio di Biden. In vista delle presidenziali di novembre, infatti, i Democratici hanno bisogno di mostrare agli americani che il loro “progetto Ucraina” è ancora valido e non è miseramente crollato, come molti si stanno accorgendo.

Il giornale degli Emirati Arabi Al Khaleej afferma senza mezzi termini che una conferenza di pace che non veda la partecipazione di Mosca è qualcosa di insensato, un teatro dell’assurdo. È come “una sedia con tre gambe”: la quarta, senza la quale la sedia non sta in piedi, è proprio la Russia. Quindi per come è pensato al momento attuale, tale summit non sarebbe altro che un show, nel quale non verrebbe presa alcuna decisione seria sull’avvio dei negoziati di pace.

Cina e Germania

Riuscire a portare i cinesi alla conferenza sarebbe un ottimo colpo per gli organizzatori. Così provano a fare pressione su Pechino da ogni parte, sebbene gli svizzeri abbiano già incassato il no del Cremlino. Ci ha provato qualche giorno fa il cancelliere tedesco Olaf Scholz, in visita ufficiale a Pechino. Dopo l’incontro con il presidente cinese Xi Jinping ha sottolineato il peso che in Russia hanno le parole della Cina e ha detto che quest’ultima ha acconsentito ad approvare la conferenza in Svizzera. Anche Zelensky ha sottolineato l’importanza del ruolo della Cina nell’ottenimento di una “pace giusta”.

Già nel 2023 Xi aveva avanzato una proposta di conciliazione del conflitto in 12 ponti, ricevendo una reazione piuttosto tiepida da parte di russi e ucraini. Mosca tuttavia ha recentemente lodato quel piano come “il più sensato” fra tutti quelli presentati finora da altri Paesi. Oggi Pechino si fa di nuovo avanti con quattro “principi” per evitare che il conflitto finisca fuori controllo e per ristabilire la pace. Xi chiede ai governi di dare priorità alla stabilità e di astenersi dal ricercare nella situazione soltanto il guadagno personale. Inoltre esorta alla pacatezza e a non gettare benzina sul fuoco.

Tentativi e formule già falliti

Un tentativo di conferenza internazionale lo avevano fatto ad agosto 2023 a Jeddah, in Arabia Saudita. Ma da un lato mancava la Russia e dall’altro gli Stati presenti si sono limitati a vaghe formule di sostegno a Kiev. Nessuno ha preso in considerazione il piano ucraino in dieci punti. Insomma, un fallimento completo. Kiev e Washington hanno ridimensionato l’evento di fronte all’opinione pubblica, riducendolo a semplice preparazione della vera conferenza che determinerà la pace. Vedremo se anche stavolta Zelensky insisterà sulla sua “formula della pace” che implica in realtà la vittoria dell’Ucraina, prospettiva ormai impossibile. La conferenza di pace annunciata per giugno dal governo svizzero appare soltanto come una passerella a uso mediatico per Biden e Zelensky. L’utilità è prolungare fino alle presidenziali americane la finzione di un’Ucraina vittoriosa. Ma senza la partecipazione della Russia questo summit non può essere il primo passo per i negoziati di pace.

Martin King
Martin King

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