Una nuova architettura di sicurezza per l’Europa: impossibile prescindere dalla Russia, ma manca ancora una visione condivisa
Politici ed esperti esprimono la necessità di elaborare una nuova struttura che garantisca sicurezza all’Europa per i prossimi decenni. Tuttavia siamo ancora al livello di idee abbozzate, di proposte generiche lanciate nel corso di interviste, di posizioni di principio tutte da dettagliare. Per adesso mancano la volontà politica e il consenso sui valori di base. Soltanto su una cosa concorda la maggior parte degli strateghi: non si può prescindere dalla Russia, anzi occorre coinvolgerla nei progetti futuri sulla sicurezza del continente.
L’opinione dell’Ungheria
Il premier di Ungheria Viktor Orbán ha affermato in un’intervista radiofonica qualche settimana fa la necessità di una soluzione per la sicurezza in Europa che deve coinvolgere assolutamente anche la Russia. Tutte le parti dovranno sentire che la propria sicurezza è garantita, spiega, in modo che ciò garantisca che non scoppi un altro conflitto. Come ungheresi, dice, sappiamo dalla storia che da una guerra ci si può soltanto rimettere. Per non farsi trascinare nello scontro occorre unità nazionale e coraggio. Imponendo sanzioni e ragionando di strategie belliche l’Europa sta scherzando col fuoco e sta passando giorno per giorno non dalla guerra alla pace, ma dalla pace alla guerra. Secondo lui, un modo per fermare la deriva potranno essere le imminenti elezioni per il rinnovo dell’Europarlamento. Chi è a favore della pace voterà il partito Fidesz, dice il primo ministro, mentre chi voterà a sinistra spingerà per la guerra.
A gennaio, nella sua visita di Stato in Finlanda, il ministro ungherese per gli Affari europei János Bóka aveva lanciato il medesimo messaggio. In un’intervista alla stampa locale ha ricordato che la presidente della Commissione Europa Ursula von der Leyen ha detto che la sua è un’Istituzione geopolitica con un preciso programma. Ha quindi fatto notare che spesso tale agenda si discosta da quella degli Stati membri. Secondo il ministro, invece, le decisioni strategiche di natura politica dovrebbero essere discusse e prese a livello di Consiglio europeo. Alla domanda se saremo capaci di creare in futuro delle relazioni con Mosca, dopo che la guerra in Ucraina sarà finita, ha risposto: Credo che la futura struttura per la sicurezza continentale non sia possibile senza l’impegno attivo della Russia nella questione. La futura architettura della sicurezza dell’Europa potrà essere realizzata soltanto se la Russia vi partecipa, non con la sua esclusione.
L’opinione dell’Austria
Una posizione analoga è stata espressa anche dal ministro degli Esteri austriaco Alexander Schallenberg. Lo scorso agosto, parlando a una conferenza sul futuro dell’Europa tenutasi in Spagna, ha invitato i politici occidentali a essere più oggettivi nei loro tentativi di isolare il Cremlino. Dice: Qualunque cosa accada, la Russia rimarrà geograficamente il nostro vicino più grande e sarà quello col numero maggiore di testate nucleari. Spiega che nel creare un’architettura di sicurezza per l’Europa, dopo la fine del conflitto ucraino, non si potrà semplicemente cancellare la Russia e tagliare il dialogo con Mosca. Aggiunge poi che la Russia è pur sempre un membro del Consiglio di Sicurezza dell’ONU.
Infine ha citato una frase di Egon Bahr, il ministro tedesco che durante la Guerra Fredda formulò la cosiddetta “Ostpolitik”, la strategia di normalizzazione delle relazioni con il blocco sovietico: Mentre l’America è indispensabile, la Russia rimane inamovibile. Avverte che, escludendo la Russia dalla struttura di sicurezza continentale, si finirebbe per tenere fuori anche l’Asia centrale e il Caucaso. La grande maggioranza degli austriaci vuole che il Paese non muti la sua posizione. Vienna è militarmente neutrale e in parte lo è anche geopoliticamente ed economicamente. La legislazione austriaca che impone la neutralità implica la non adesione alla NATO.
L’opinione della Francia
Non molto tempo prima che Macron lanciasse la scellerata idea di mandare truppe europee sul campo in Ucraina, il ministro degli Esteri francese Catherine Colonna parlava apertamente della necessità di tenere conto della Russia in quanto tale. In un’intervista al giornale Le Monde ha dichiarato: Abbiamo una visione negativa del comportamento russo. La Russia esiste e continuerà ad esistere, poiché massicciamente presente nella storia, nella geografia e nella realtà del Vecchio Continente. Una volta terminato il conflitto ucraino, dice, i leader occidentali dovranno costruire una struttura di sicurezza che consideri gli interessi di tutti e che rispetti quelli russi.
Le sue dichiarazioni non sono poi così diverse dalla posizione espressa per tanti anni dal governo francese. Pur insistendo sul punto della sovranità di Kiev e della sua integrità territoriale, Macron esortava infatti a cercare il modo di dare garanzie a Mosca e portarla al tavolo dei negoziati. Tuttavia, se l’Occidente non ha saputo creare la partnership sulla sicurezza con la Russia che lui apertamente auspicava nel 2019, forse dovrebbe essere il presidente francese a farsi un esame di coscienza. Lui stesso bollava infatti come “grave errore strategico” l’allontanare la Russia dall’ambito europeo. Ma era proprio lui uno dei protagonisti del cosiddetto “formato Normandia”, la serie di vertici con cui si sperava di raggiungere un compromesso sul Donbass e che invece non ha avuto esito felice. Nemmeno come supervisore degli accordi di Minsk e alleato dell’Ucraina ha saputo o voluto farli mettere in pratica a Zelensky e salvare la pace.
L’opinione di un diplomatico britannico
La necessità di costruire un’architettura nuova per la sicurezza in Europa è evidenziata anche da Sir David Logan, ex ambasciatore britannico in Turchia con esperienza diplomatiche anche a Mosca e a Washington. Anzi, si tratta di una vera e propria urgenza, spiega, date le circostanze attuali. Infatti la NATO si è allargata troppo e l’impegno americano in Europa potrebbe terminare presto. Logan non propone nulla di preciso, ma si limita a dire che “è tempo di nuove idee”. È già di per sé un dato significativo, perché indica il vuoto concettuale e politico in cui si trovano oggi le grandi potenze continentali. Comunque riesce a dare lo stesso qualche elemento di appiglio per ulteriori riflessioni. Ad esempio afferma con chiarezza che tale nuova struttura dovrà ricomprendere l’Ucraina, ma senza farla diventare un membro della NATO. L’ammissione di Kiev sarebbe infatti un gesto estremamente e inutilmente provocatorio verso i russi.
Il punto su cui preme Logan è che l’Alleanza Atlantica non è stata in grado di difendere Kiev. E allora da oggi in poi gli europei dovranno impegnarsi di più per incrementare le proprie capacità difensive. L’obiettivo comune deve essere quello di mostrare al Cremlino di essere uniti, forti e decisi. La Brexit non può essere per Londra una scusa per non contribuire alla difesa continentale. Anche francesi e tedeschi dovranno cambiare il loro atteggiamento. Parigi, infatti, è stata “opportunista”, mentre Berlino fin troppo “incerta”, pur avendo aumentato le spese militari e aver rifornito gli ucraini con le armi e le attrezzatture promesse.
L’analisi di Logan è guastata dai classici vizi dell’approccio inglese. Anzitutto, proiettare sugli altri i propri difetti e pregiudizi. Cerca così di sminuire Russia e Cina dicendo che in fondo si tratta di società totalitarie che credono che i loro sistemi politici siano superiori. Essendo appunto “totalitarie”, dice, non devono preoccuparsi dell’opinione pubblica, delle richieste popolari o delle scadenze elettorali. E poi l’economia russa è primitiva, le sanzioni occidentali sono sempre più efficaci e crescono le critiche allo stesso Putin. Il suo wishful thinking tipicamente britannico ha patito varie delusioni durante il conflitto ucraino. La caduta di Putin non è impossibile, conclude, vista la lotta di potere interna ai comandi russi. Peccato che siano ormai usciti di scena tutti quelli ha nominato come antagonisti e guastafeste del Cremlino: Prigozhin è morto, Shoigu ha cambiato mansione e la Difesa è saldamente in mano a un nuovo ministro, fedelissimo di Putin.
L’opinione di una specialista anglo-bielorussa
Anche per Katia Glod, esperta dello European Leadership Network di Londra, gli Stati europei devono cercare compattezza nelle attuali sfide militari e geopolitiche. In pratica, l’analista di origine bielorussa giustifica apertamente la guerra per procura dell’Occidente combattuta con le mani degli ucraini. Infatti sostiene che l’unico modo che i politici e gli strateghi europei conoscono per evitare scenari peggiori è quello di armare Kiev con talmente tante armi e munizioni da poter sconfiggere la Russia sul campo. Soltanto così Mosca verrà ridotta a più miti consigli e chiederà la pace. In caso contrario, metterà gli occhi sulle prossime terre da invadere, presumibilmente la Moldavia e le Repubbliche baltiche.
Secondo la Glod, la strisciante escalation a cui assistiamo oggi non sta facendo altro che disgregare giorno per giorno l’unità europea. Su quest’ultima gravano altre due minacce: il possibile ritorno di Trump alla Casa Bianca e la prospettiva di contrapposizioni trasversali fra i Paesi membri di UE e NATO, per esempio settentrionali contro meridionali, occidentali contro orientali e così via. L’esito di questi scenari è sempre l’indebolimento delle strutture di sicurezza del nostro continente. Purtroppo, dice, mancano progetti concreti per rimediare al disfacimento in atto. Politici ed esperti esprimono la necessità di elaborare una nuova struttura che garantisca sicurezza all’Europa per i prossimi decenni. Siamo ancora al livello di idee abbozzate, proposte generiche e posizioni di principio. Mancano volontà politica e consenso sui valori di base. Soltanto su una cosa concordano gli strateghi: non si può prescindere dalla Russia, anzi occorre coinvolgerla nei progetti futuri sulla sicurezza del continente.
Vive a Mosca dal 2006. Traduttore dal russo e dall’inglese, insegnante di lingua italiana. Dal 2015 conduce conduce su youtube video-rassegne sulla cultura e la società russa.