Ucraina, ammettere gli errori e proporre negoziati. La via d’uscita per la NATO proposta dall’ex ambasciatore francese Jean-Noël Poirier

Ucraina, ammettere gli errori e proporre negoziati. La via d’uscita per la NATO proposta dall’ex ambasciatore francese Jean-Noël Poirier

18 Agosto 2023 0

È tempo di fare un bilancio sulla controffensiva ucraina, a due mesi dal suo inizio. Non ha portato risultati positivi né per Kiev, che vede morire troppi soldati a fronte di magri successi, né per i Paesi della NATO, Stati Uniti in primis, che vedono distrutti mezzi ed equipaggiamenti inviati in grande quantità ad uso degli ucraini.

Jean-Noël Poirier, per molti anni ambasciatore francese in Vietnam, analizza la situazione dal punto di vista europeo in un’articolo per la rivista “Causeur”. La conclusione è che è meglio uscire il prima possibile da quello che lui chiama un “tritacarne”: ma come fare? Chi può o deve prendere l’iniziativa nell’Alleanza Atlantica?

Aumentano i segnali del fallimento della controffensiva ucraina. In tali circostanze è ragionevole per le potenze occidentali continuare la politica di sostegno incondizionato a Kiev? Forse bisognerebbe ammettere che avevamo torto e che la NATO non è così forte come affermava. L’avanzata ucraina si è spaccata i denti sulle linee difensive dei russi. Le perdite di uomini sono pesanti, mentre i guadagni territoriali sono miseri.

All’orizzonte si intravede un conflitto lungo. Ma allora ha senso lasciare che gli ucraini spargano il loro sangue ancora per molti mesi? L’entusiasmo che regnava all’inizio dell’offensiva si è rivelato ingiustificato. Gli esperti ritornati dall’Ucraina riconoscono la solidità dell’esercito russo. Ci si prepara a un confronto prolungato. Il costo terrificante in termini di vite umane viene solitamente passato sotto silenzio.

I punti di convergenza

Cosa possiamo dire delle forze ucraine dopo due mesi di operazioni militari? Vi è consenso su una serie di punti.

1) L’esercito russo ha elevato la propria efficacia e mantiene le proprie posizioni in modo sicuro. Tornato dal fronte, l’ex CEO di Google Eric Schmidt, coinvolto nello sviluppo della produzione dei droni militari ucraini, il 17 luglio ha ammesso davanti alle telecamere della CNN che i russi hanno conquistato il dominio del cielo e sono diventati maestri nel disturbo elettronico degli avversari. In questo momento intercettano o fanno atterrare i droni o i velivoli che gli ucraini fanno decollare, ha aggiunto.

2) Per Kiev le perdite umane sono enormi. Dai 20 ai 30mila uomini, a seconda delle fonti, sono morti in due mesi in prima linea nel “tritacarne” russo. È corretto affermare che abbiamo avuto perdite due volte superiori dalla nostra parte, ha dichiarato a Le Monde ai primi di agosto un comandante della 21esima brigata ucraina. La questione della ricostituzione delle truppe è un tema delicato per l’Ucraina, Paese di 36 milioni di abitanti, di cui 10 milioni sono scappati all’estero. L’esercito di Kiev dispone di una riserva di più di 50mila uomini. La Russia, quattro volte più popolosa, ha quasi 300mila uomini pronti per essere mandati al fronte. E il reclutamento prosegue in modo costante in tutta il Paese, con l’obiettivo di un esercito di un milione di uomini.

3) La penuria di materiali bellici. Il New York Times, giornale che di certo non è più “pro-Putin” di Le Monde, scrive che l’Ucraina ha perduto il 20% dei mezzi impiegati nel corso delle prime due settimane di operazioni. L’Occidente non dispone di arsenali sufficienti per rivaleggiare nel lungo periodo con la potenza di fuoco dei russi. Non potendo mandare munizioni ordinarie, gli USA non hanno trovato nulla di meglio che inviare le bombe a grappolo, altamente letali per i civili e vietate dalla maggior parte degli Stati occidentali.

Fare i conti con la realtà

Oggettivamente la situazione non è affatto buona per l’Ucraina e per la NATO. Il tempo non è dalla loro parte. In queste condizioni, non sarebbe ora di rivedere la propria politica e di cercare un modo per uscire dal conflitto? Sono domande che sicuramente si pongono sia a Washington che nelle capitali europee. In particolare a Parigi, dove c’è un numero abbastanza alto di conoscitori della regione che possano analizzare in modo freddo la situazione e trovare un’altra direzione.

Ma siamo pronti a rischiare e a mettere sul tavolo questo argomento? Non è affatto scontato. È una passo certamente difficile. Sarebbe come ammettere di avere torto, per di più su numerosi punti: non è qualcosa di semplice per gli USA e per gli europei, che non hanno mai cessato di esprimere posizioni molto nette e che hanno proclamato obiettivi ambiziosi che escludono qualunque compromesso.

Le esigenze di sicurezza regionale russe

A livello di relazioni diplomatiche occorre riconoscere che la Russia ha delle legittime esigenze di sicurezza regionale. Bisogna rinunciare alla linea estremamente antirussa che in Europa incarnano la Polonia e il Regno Unito, passando invece alla posizione più neutrale del presidente dell’Ungheria Viktor Orbán o occasionalmente del presidente Macron (almeno fino all’ultimo summit della NATO).

Sul piano strategico, dobbiamo riconoscere che la continua espansione della NATO verso est non è stata una buona idea e che il buon senso vuole che l’Ucraina sia uno Stato cuscinetto protetto da una condizione di neutralità. Nel 2023 parlare dell’ingresso di Kiev nella NATO non è più ragionevole di quanto fosse nel 1962 lasciare che a Cuba venissero installati i missili sovietici puntati sugli Stati Uniti. A livello militare, l’immagine della NATO ne esce indebolita.

Lungi dall’essere quella potenza impressionante che pretende di essere, è evidente come oggi non possegga quei mezzi materiali o la volontà colletiva di condurre una guerra sul campo lunga e sanguinosa contro un esercito determinato, ben equipaggiato e che combatte sul suo territorio (o in questo caso sul territorio che considera suo).

L’unica via sono i negoziati

La sorte delle regioni sotto il controllo russo non verrà decisa dalle armi, ma al tavolo dei negoziati. Chi sarà il primo ad avere il coraggio di affrontare questo tema? Saranno probabilmente gli Stati Uniti a fischiare la fine della partita. Cambiare rotta senza avvertire fa parte delle loro abitudini, specialmente nell’imminenza di un’elezione presidenziale. È interessante come da parte americana si comincino a sentire delle critiche verso i militari ucraini: Abbiamo dato loro tutto l’equipaggiamento che necessitavano. Se non fanno ciò che serve per vincere, non è colpa nostra.

Per i coraggiosi soldati ucraini è qualcosa di doloroso da sentire, ma questa affermazione ha il vantaggio di scagionare l’America e di addossare la colpa agli ucraini stessi. In Europa, proprio la Francia potrebbe interpretare il ruolo del Paese che sostituisce la diplomazia alla guerra. Abbiamo dei diplomatici adeguati. Ma siamo pronti a emanciparci dai nostri partner europei e della NATO? Ci sentiamo abbastanza forti per aprire la strada o aspetteremo saggiamente che lo facciano i nostri alleati americani seguiti dalla Commissione Europea, prima di far sentire la nostra voce? Una sorpresa non sarebbe da escludere, ma l’esperienza di questi ultimi anni lascia pochissimo spazio alle sorprese.

Redazione Strumenti Politici
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