Tunisia, in fuga cinque detenuti coinvolti in atti terroristici

Tunisia, in fuga cinque detenuti coinvolti in atti terroristici

4 Novembre 2023 0

Cinque detenuti che erano stati condannati per il loro coinvolgimento in attacchi “terroristici” e considerate “pericolosi”, sono fuggiti del carcere di Mornaguia, vicino a Tunisi. Lo ha reso noto il Ministero dell’Interno tunisino segnalando che i cinque, “passibili di pene detentive legate a casi di terrorismo, sono fuggiti dal carcere all’alba“. Le autorità avrebbero già condiviso la loro identità e foto. Tra i fuggitivi ci sarebbe Ahmed Melki, 44 anni, detto “il somalo”, coinvolto in omicidi politici.

I precedenti

Arrestato nel 2014, era stato condannato nel 2017 a 24 anni di carcere per aver partecipato all’assassinio, nella capitale tunisina, il 6 febbraio 2013, dell’oppositore di sinistra Chokri Belaïd, già rivendicato da estremisti islamici. Il caso aveva sconvolto l’opinione pubblica, innescando una grave crisi politica che ha costretto il partito di ispirazione islamista Ennahdha, alla guida del Paese dalla rivoluzione del 2011, a cedere il potere a un governo di tecnocrati.

L’inchiesta aperta sull’assassinio di Belaïd e su quello del deputato di sinistra Mohamed Brahmi il 25 luglio 2013 non è ancora terminata. I due uomini si opposero alla politica di Ennahdha, il partito allora dominante in Parlamento e al governo e come per altri casi circostanze, responsabilità e mandanti restano da chiarire.

Alta pericolosità

Considerata la pericolosità dei fuggitivi, il Ministero dell’Interno di Tunisi ha affermato di aver “sensibilizzato” tutte le sue unità affinché “intensificassero le ricerche con l’obiettivo di arrestarle il più rapidamente possibile”. Ha inoltre invitato la popolazione a segnalare alla polizia qualsiasi informazione che possa essere utile al loro ritrovamento. Salvo rinvii, i tunisini saranno chiamati ad eleggere i Consigli Municipali 17 dicembre 2023, mentre dovrebbe tenersi nel 2024 le elezioni presidenziali.

Si ricorderà che lo stesso leader di Ennahda, Rachid Ghannouchi, arrestato lo scorso aprile, è stato condannato ad un anno di reclusione e una multa di circa 300 euro, a maggio del 2023, per reati minori. All’inizio del 2022, infatti, durante il funerale di un funzionario di Ennahdha, si è attirato l’ira di un sindacato di polizia assicurando di “non temere né i potenti né i tiranni”. Secondo il fascicolo dell’accusa, gli agenti di polizia che si sono sentiti presi di mira da questi commenti avrebbero poi sporto denuncia. Il 31 ottobre, il partito ha annunciato che un tribunale tunisino ha inasprito in appello a 15 mesi di carcere la condanna per “apologia di terrorismo” emessa contro Ghannouchi.

La mano della Fratellanza Mussulmana

L’apparato segreto di Ennahdha, braccio locale della Fratellanza Musulmana internazionale, così come le dinamiche di omicidi politici, sostegno e reclutamento di terroristi, non è stato ancora rivelato. Il fenomeno del terrorismo in Tunisia è emerso nella confusione post-rivoluzionaria, grazie all’autocompiacimento di alcuni leader politici.

Il picco si registrò nel 2015, quando il Paese fu costretto a dichiarare lo stato di emergenza in seguito agli attacchi alla Guardia presidenziale, al Museo del Bardo e a El Kantaoui dove persero la vita anche sessanta turisti stranieri, e ancora nel marzo 2016, con un’offensiva armata a Ben Guerdane, al confine con la Libia. La situazione dopo la pandemia Covid-19 sembrava notevolmente migliorata, sebbene l’attuale conflitto in Medio Oriente e il sostegno dei Paesi occidentali all’entità sionista, che li ha di fatto resi complici di efferati crimini di guerra nella Striscia di Gaza, ha risvegliato sentimenti di rabbia con sporadiche dimostrazioni in tutto il Paese a favore della Palestina.

Cartagine non riconosce e non ha alcuna relazione con lo Stato d’Israele. Nei giorni scorsi, il Parlamento ha avviato l’iter di approvazione di una legge che criminalizza qualsiasi atto di normalizzazione con Israele con pene detentive previste sino all’ergastolo. Il presidente della Repubblica, Kais Saied, ha dichiarato in un discorso televisivo di essere contrario all’approvazione di tale legge, sottolineando la necessità di fare riferimento all’articolo 60 del codice penale esistente che sancisce il reato di tradimento. “Chiunque abbia a che fare con l’entità sionista è un traditore del popolo palestinese e colpevole di alto tradimento,” ha avvertito il presidente. “Non accettiamo contrattazioni, offerte, pressioni o ricatti da parte di soggetti nazionali o stranieri”. Ha ribadito, puntualizzando che “non è il momento opportuno per impegnarsi in dibattiti inutili o discutere terminologie giuridiche inutili quando i palestinesi sono vittime dei crimini più atroci“.

Vanessa Tomassini
Vanessa Tomassini

Iscriviti alla newsletter di StrumentiPolitici