“Toxic Paradise”, evitare che il mondo diventi un paradiso tossico. Il messaggio globale di Sadak Trabelsi e Thoumader Zrelli
In Tunisia, le aree che ospitano i grandi complessi chimici, come Gabes, sono divenute dei “paradisi tossici” per via dell’alto tasso di sostanze inquinanti emesse da questi colossi che offrono un posto di lavoro a migliaia di famiglie. Un tema attuale e dalla portata globale, affrontato per la prima volta dall’attore e regista, Sadak Trabelsi, insieme alla drammaturga, Toumadher Zrelli, in “Toxic Paradise”. Andato in scena rinnovato presso il Teatro dell’Opera di Tunisi, lo scorso 27 marzo, in occasione della Giornata internazionale del Teatro alla Città della Cultura.
Avevo appena 10 anni quando andai al mare con mio padre. Le luci intense e imponenti mi abbagliavano e il vapore ascendente sembrava raggiungere Dio. C’era una montagna bianca con la cima ricoperta di neve, immaginavo fosse un grande parco divertimenti. Ma poi ho capito che nella mia città non c’erano né neve né montagne. Era una città piatta. Questa falsa luce era in realtà oscurità e questo luogo era il tempio della morte.
Racconta Sadak Trabelsi, regista di “Toxic Paradise”, spettacolo scritto da Elyes Rebhi. Una trama che ricorda storie già note all’Italia delle grandi acciaierie e dei rifiuti illegali nella Terra dei Fuochi, rifiuti che la criminalità organizzata ha trasferito illegalmente anche qui, dall’altra parte del Mediterraneo.
L’allarme di Greenpeace
In Nord Africa, l’industria del petrolio e del gas rappresenta ad oggi la maggiore causa di emissioni di inquinamento atmosferico. È quanto emerge dal rapporto “Major Air Polluters in Africa Unmasked” rilasciato da Greenpeace, che considerando le osservazioni satellitari di biossido di zolfo nella regione, identificano i punti caldi dell’inquinamento atmosferico in Egitto, Libia, Marocco e Tunisia. Un numero significativo di morti premature si verifica ogni anno a causa dell’esposizione all’inquinamento atmosferico nei Paesi del Nord Africa.
Il rapporto rivela dati preoccupanti sui maggiori inquinatori atmosferici del continente e su come i Paesi africani si trovino ad affrontare una crisi di salute pubblica che richiede un’azione immediata da parte delle autorità. “La responsabilità dell’aria inquinata grava su coloro che sono meno preparati a gestirla, rivelando un’ingiustizia significativa poiché la crisi non colpisce tutti allo stesso modo”. Afferma Greenpeace, sottolineando che l’inazione ha un impatto negativo sulle vite umane, richiamando i governi a standard legali di qualità dell’aria, un migliore monitoraggio, una riduzione della combustione dei rifiuti e investimenti in tecnologie energetiche pulite, in particolare nel settore energetico.
La storia di una famiglia all’ombra di un complesso chimico
Una famiglia qualunque, una coppia sull’orlo della disperazione, convive con un padre senile e scontroso e un fratello ribelle. L’atmosfera che “Toxic Paradise” ci porta a vivere, fin dai primi istanti, lascia intravedere un velo spesso che appesantisce il respiro e frappone tra lo spettatore e il palco una luce giallastra che brucia agli occhi. Un verdetto chiaro e inequivocabile: i rifiuti chimici nocivi, emessi dalle fabbriche nel Golfo di Gabes, nel sud della Tunisia, provocano la morte degli abitanti della regione.
Il fosfato estratto nel sud del Paese viene lavorato negli stabilimenti delle fabbriche chimiche tunisine, create nel 1972. Gli abitanti della regione gridano al “disastro ambientale” mentre le autorità sono costrette a fare i conti con la realtà, ossia con il fatto che queste fabbriche contribuiscono alla crescita del Paese offrendo migliaia di posti di lavoro. Ma ecco, sul palco, sparire gli elementi che hanno reso Gabes un “paradiso”. Mancano l’oasi, il mare, la costa, il cielo, le stelle. La scenografia è arida, minimale, delineata da soli muri grigi.
“Abbiamo provato per cinque mesi con attori professionisti, come Ramzi Azeiz, Marie Benhassane, Balir Maki, Ali Ben Saïd e Bilal Slateria. Abbiamo creato una grande struttura scenografica, con la musica di Wadah Houni, le luci di Arbi Hachet e i video di Nizar Salah”. Aggiunge Sadak Trabelsi, spiegando che “lo spettacolo racconta la storia di una famiglia nei pressi di un complesso chimico che produce fertilizzanti. È una storia vera, frutto del lavoro sul campo, a Gabes, che non abbiamo mai menzionato nello spettacolo perché simile a tantissime altre. Ovunque nel mondo sorgano tali complessi, le conseguenze sugli abitanti adiacenti alle fabbriche sono molto gravi. Si registrano molti tumori, tantissime persone stanno morendo. Lentamente”.
“A Gabes, ci sono 27 camini, è un vero e proprio disastro ecologico – sottolinea l’attrice e drammaturga tunisina che ha assistito Trabelsi in questo progetto, Toumadher Zrelli – ecologia e teatro, è un messaggio molto importante per l’umanità. Non è solo inquinamento industriale, ma un messaggio sociale, politico e culturale”. “Ci sono molti argomenti, a partire dal titolo ‘Toxic Paradise’, scelto perché gli abitanti di Gabes ritengono che la loro terra è un paradiso. Ma è un paradiso tossico per via dell’inquinamento. Non solo le emissioni nell’atmosfera, ma anche i rifiuti chimici che finiscono in mare, divenendo una trappola mortale per le specie autoctone vegetali, per gli animali e per l’uomo stesso”. Afferma ancora Zrelli, originaria di Nabeul.
Risvegliare le coscienze
“Il nostro obiettivo è risvegliare la coscienza della collettività, sensibilizzare la società sui problemi dell’inquinamento. In generale, ciascuno di noi può fare la sua parte nei confronti del nostro pianeta, ma serve anche un’agenda politica condivisa che tenga conto delle necessità economiche e della salute pubblica allo stesso tempo”. Continua Trabelsi, direttore di uno spettacolo contemporaneo ed innovativo non solo nel messaggio, ma anche nella realizzazione.
“Abbiamo lavorato sulla fisicità degli attori, ma anche sulla musica e sull’illuminazione. Elemento essenziale della produzione è la danza Butoh, nata in Giappone, successivamente ad Hiroshima Nagasaki”. Evidenzia il regista originario di Sfax, nella regione centrale della Tunisia, che in passato ha collaborato con il Teatro Stabile di Catania nella messa in scena di “Albatros”, confermando come l’arte, in particolare il teatro, possa divenire foriera di messaggi universali per il bene dell’umanità.
Promuovere soluzioni che consentano alle comunità di prosperare
La Tunisia, che produceva 8 milioni di tonnellate di fosfati nel 2010, in seguito alla rivoluzione del 2011, estrae da 2,7 a quattro milioni di tonnellate all’anno. Il paese nordafricano è passato dal quinto al dodicesimo posto nella classifica dei produttori mondiali. Nel 2020, Tunisi ha persino importato fosfato dall’Algeria per soddisfare il suo fabbisogno.
La Compagnie des phosphates de Gafsa (Cpg) ha visto la sua produzione crollare in seguito alla rivoluzione dei gelsomini, a causa della mancanza di investimenti e le ripetute tensioni sociali atte a chiedere misure di sviluppo nella regione emarginata del centro-ovest, dove questo minerale viene estratto per la produzione di fertilizzanti. La compagnia di fosfati di Mdhila, appartenente al Gruppo chimico tunisino, ha recentemente sperimentato una significativa ripresa delle sue esportazioni di trifosfato extra, dopo un declino negli ultimi tre anni.
La comunità internazionale dovrebbe investire maggiormente in progetti sostenibili e rispettosi del clima eliminando gradualmente le industrie dannose per l’ambiente e ad alte emissioni che hanno impatti negativi sulla salute pubblica e sul clima. È necessario ridurre gli impatti ambientali, economici e sociali dei disastri climatici e promuovere soluzioni che consentano alle comunità di prosperare e vivere in armonia con il loro ambiente. Greenpeace ribadisce la necessità di rigorosi standard legali di qualità dell’aria, un migliore monitoraggio, una riduzione della combustione dei rifiuti e investimenti in tecnologie energetiche pulite, in particolare nel settore energetico. L’organizzazione suggerisce alle autorità di monitorare e segnalare le emissioni di inquinanti atmosferici provenienti da strutture responsabili di un significativo inquinamento atmosferico e di sviluppare registri di rilascio e trasferimento di sostanze inquinanti (Prtr) disponibili al pubblico e verificati in modo indipendente.
Vanessa Tomassini è una giornalista pubblicista, corrispondente in Tunisia per Strumenti Politici. Nel 2016 ha fondato insieme ad accademici, attivisti e giornalisti “Speciale Libia, Centro di Ricerca sulle Questioni Libiche, la cui pubblicazione ha il pregio di attingere direttamente da fonti locali. Nel 2022, ha presentato al Senato il dossier “La nuova leadership della Libia, in mezzo al caos politico, c’è ancora speranza per le elezioni”, una raccolta di interviste a candidati presidenziali e leader sociali come sindaci e rappresentanti delle tribù.
Ha condotto il primo forum economico organizzato dall’Associazione Italo Libica per il Business e lo Sviluppo (ILBDA) che ha riunito istituzioni, comuni, banche, imprese e uomini d’affari da tre Paesi: Italia, Libia e Tunisia. Nel 2019, la sua prima esperienza in un teatro di conflitto, visitando Tripoli e Bengasi. Ha realizzato reportage sulla drammatica situazione dei campi profughi palestinesi e siriani in Libano, sui diritti dei minori e delle minoranze. Alla passione per il giornalismo investigativo, si aggiunge quella per l’arte, il cinema e la letteratura. È autrice di due libri e i suoi articoli sono apparsi su importanti quotidiani della stampa locale ed internazionale.