Sul “caso Prigozhin” l’intelligence americana si è dimostrata impreparata e opportunista

Sul “caso Prigozhin” l’intelligence americana si è dimostrata impreparata e opportunista

3 Luglio 2023 0

In Italia e più in generale in Europa tendiamo a credere che i servizi segreti americani siano al corrente di tutto ciò che accade al mondo. Spesso riteniamo persino che grazie alla longa manus presente in ogni Paese gli USA riescano a imprimere a governi e società i cambiamenti voluti. In alcuni momenti chave della storia è stato effettivamente così, ma non per il recente “caso Prigozhin”. Lì, anzi, gli strateghi di Washington sono caduti dalle nuvole.

Una reazione lenta e tardiva

Quando in certi Stati si verificano sommovimenti popolari o rivoluzioni colorate, da oltreoceano arrivano immediatamente i commenti, gli incitamenti e le raccomandazioni di tutta la politica americana. Membri del Congresso, pensatori dei think tank e gli esponenti dell’amministrazione di Washington ci fanno sapere a mezzo stampa la loro opinione interessata sui fatti in via di sviluppo. Il 24 giugno, invece, vi è stato un assordante silenzio per gran parte della giornata.

Come riportato dalla stessa Casa Bianca, fin dalla mattinata Biden era al corrente degli eventi in Russia. Soltanto in serata, però, sui portali delle principali agenzie giornalistiche e sui siti dei governi occidentali è comparsa la notizia di una telefonata fra i presidenti di USA, Regno Unito, Francia e Germania. I vari leader hanno semplicemente discusso la situazione in Russia e hanno concluso con la consueta dichiarazione sul “supporto irremovibile” all’Ucraina. Nulla di più.

In precedenza vi era stata una chiamata fra il segretario di Stato americano Antony Blinken e i Ministri degli Esteri del G7. Al termine, come riferisce il portavoce Matt Miller, hanno promesso di tenersi in contatto per valutare gli sviluppi della vicenda. Così, mentre i presidenti di come Serbia, Cuba e Venezuela non hanno avuto dubbi nell’esprimere subito una condanna al tentativo di destabilizzare il governo russo, i politici americani evitavano con estrema cura qualsiasi commento diretto. Hanno detto solo che si trattava di una faccenda interna alla Russia, come peraltro dichiarato anche dalla Commissione Europea.

La posizione finale (per ora) di Washington

Due giorni dopo, quando ormai tutto si era concluso senza crolli rumorosi o spargimenti di sangue (come qualcuno in Europa suggeriva), dalla Casa Bianca sono arrivate le dichiarazioni ufficiali sull’evento. Biden ha affermato che né gli USA né la NATO hanno avuto nessun ruolo nell’insurrezione della Wagner.

Sottolineando l’estraneità occidentale a qualunque contatto con Prigozhin o altri esponenti del gruppo di miliziani, ha detto che Washington continua a monitorare la situazione per valutare le ricadute e le implicazioni di quanto accaduto. Ma è ancora troppo presto per raggiungere una conclusione definitiva sulla direzione presa dagli eventi, aggiunge. Il portavoce Miller ha evidenziato come gli USA si siano affrettati a comunicare alla controparte russa che consideravano la questione come un problema interno della Federazione Russa, rispetto al quale gli USA sono solamente degli spettatori.

Biden tuttavia è riuscito a fare una gaffe pure qui. Parlando ai giornalisti in due occasioni a distanza di un giorno l’una dall’altra, ha detto che Putin sta chiaramente perdendo la guerra in Iraq. Confondere due volte consecutive Iraq e Ucraina è un lapsus piuttosto grave, ma Biden ci ha già abituato al peggio. E infatti le altre affermazioni di contorno sono quanto meno discutibili, prima su tutte quella che Putin sta perdendo. Secondo alcuni analisti militari è così, ma allora ci spieghino perché gli USA continuano a pompare miliardi di dollari sotto forma di aiuti militari a Kiev.

E come se non bastassero le decine di miliardi spese finora, il Pentagono infatti ha annunciato la scorsa settimana altri 500 milioni di assistenza militare, che includono missili per la contraerea e 50 veicoli corazzati. Biden ha anche detto che Putin è diventato un po’ il paria del mondo: queste parole suonano come l’ennesima affermazione di wishful thinking tipicamente angloamericana. Il fronte euroatlantico vorrebbe infatti l’isolamento della Russia, ma per quanto si sforzi di desiderarlo, ciò non è avvenuto. L’esempio più recente ed eclatante è la richiesta di nuovi Paesi di unirsi al gruppo BRICS.

Una pezza peggiore del buco

Se da un lato gli americani negano il coinvolgimento diretto nella rivolta della Wagner, dall’altro ci tengono a far sapere che erano al corrente di tutto. Secondo fonti vicine ai vertici, i funzionari dell’intelligence di Washington avevano raccolto informazioni dettagliate e accurate sui piani di Prigozhin. Sapevano dove e come i miliziani prevedevano di avanzare, ma gli mancava soltanto l’informazione sulla data esatta dell’evento.

Insomma, gli americani non possono ammettere che non ne sapevano nulla, rischiando di fare la figura degli allocchi, ma non possono neanche dire come e da chi hanno avuto i dati, per non essere poi accusati di aver provato a contribuire al rovesciamento di un governo legittimo. Così, a conoscere le informazioni riservate pare fosse solamente la “banda degli otto”, espressione con la quale si indicano gli otto membri del Congresso che hanno accesso alle questioni di intelligence più delicate.

Oltre a loro, i dati sono stati condivisi con alcuni funzionari britannici di alto livello, ma non con altri omologhi dei Paesi NATO. Questi ultimi si sono detti frustrati dal non essere stati informati. In Italia e più in generale in Europa tendiamo a credere che i servizi segreti americani siano al corrente di tutto ciò che accade al mondo. In alcuni momenti importanti della storia è stato effettivamente così, ma non per il recente “caso Prigozhin”. Lì, anzi, gli strateghi di Washington sono caduti dalle nuvole.

Martin King
Martin King

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