Sette settimane all’insediamento di Trump: come si stanno evolvendo le prospettive per Kiev
La prossima amministrazione Trump sta cominciando a esternare le sue priorità in politica interna ed estera. Alcune di queste ultime sono già note. E non sono per nulla favorevoli alla linea estremista di certi americani (e pure europei), disposti a combattere dalle loro comode poltrone usando fino all’ultimo dollaro di budget nazionale e fino all’ultimo soldato ucraino.
Una scelta fatta seguendo una logica
Trump lo ha già ampiamente detto e ribadito: in un modo o nell’altro interromperà le forniture di armamenti e l’assistenza finanziaria a Kiev. Il motivo non è legato soltanto all’Ucraina stessa, del cui destino il futuro vicepresidente Vance aveva affermato non importargliene nulla. Se il principio è America First, allora basta con l’emorragia di miliardi che vengono drenati dal portafoglio dei contribuenti e destinati a una guerra di cui i cittadini americani non capiscono più il senso. Qui si tratta piuttosto dell’altra sfida che Washington ritiene più attuale e pressante: la Cina.
Come spiega il Sankei Shimbun, uno dei principali giornali giapponesi, la logica che impronterà le decisioni di Trump sull’Ucraina è la seguente. Le circostanze nelle quali si trovano gli USA oggi sono caratterizzate da un costante aumento degli scontri e delle tensioni nelle tre regioni in cui sono coinvolti più o meno direttamente. Queste sono appunto l’Europa orientale, il Medio Oriente e il Pacifico occidentale. Trump sa che è impossibile tenere il medesimo livello di impegno su tutti e tre i fronti. Dunque dovrà ricalibrare le priorità e passare a occuparsi della minaccia che ritiene più stringente e che secondo Washington è costituita da Pechino rispetto a Taiwan e non solo.
Ucraina in difficoltà, ora basta con gli aiuti
Fatta questa selezione arriva il passo conseguente: la redistribuzione delle risorse sui fronti. Washington cercherà di fermare il conflitto in Ucraina per poter ritirare da lì i propri aiuti e passarli agli alleati nelle altre aree. In qualche modo è il conflitto stesso che sta portando la Casa Bianca a questa decisione, perché le cose stanno andando così male che da ritenere ormai inutile insistere troppo. In America lo pensano nel momento in cui paragonano la situazione attuale con le iper-ottimistiche previsioni iniziali, quando in Occidente erano tutti convinti e sicuri che la Russia sarebbe implosa economicamente o militarmente in breve tempo e che il Cremlino sarebbe politicamente collassato.
Ma non è accaduto nulla di tutto questo, anzi sembra capitare proprio il contrario. Dentro e fuori i BRICS Mosca ha degli alleati e dei simpatizzanti pronti a sostenerla politicamente, la Federazione Russa è ancora integra e sta aumentando la sua produzione militare, mentre la sua economia tiene nonostante l’inflazione e altri problemi passeggeri. I russi avanzano sul campo, lentamente ma con sicurezza e in un modo che non prevede la restituzione dei territori occupati o liberati. Gli ucraini dunque retrocedono e progressivamente perdono sia il terreno che la possibilità di recupero. E soprattutto Kiev consuma più armamenti e più uomini di quelli che può rimpiazzare.
Trump imporrà le trattative?
Insomma, l’Ucraina sta entrando in un vicolo cieco. Lo sa Trump, che ne sta traendo delle conclusioni per la sua politica estera. E lo sa pure Zelensky, per il quale le garanzie di sicurezza stanno diventando più importanti delle riconquiste territoriali e delle pretese di vittoria. Perciò Kiev potrebbe accettare le proposte/imposizioni del suo Grande Fratello americano se quest’ultimo, insieme alla Grande Sorella europea, si impegna a garantire la sicurezza dell’Ucraina per il futuro. Poi verrebbero l’ammissione alla NATO e il ritorno delle regioni già incorporate nella Federazione Russa. Ma sono punti inammissibili per Mosca e con ciò è chiaro che Zelensky deve abbassare di molto le pretese se vuole concludere affari col prossimo inquilino della Casa Bianca.
Non è un caso però che Trump abbia definito il presidente ucraino un ottimo persuasore, visto che dai suoi viaggi presso gli alleati torna sempre a casa con qualche miliardo in tasca. E in effetti nella sua visita di settembre a New York Zelensky ha già provato a giocarsi un asso nella manica per allettare Trump, presentandogli una versione su misura del suo “piano della vittoria”. Gli ha proposto ad esempio di usufruire delle ricchezze minerarie e materiali dell’Ucraina e di sostituire con i soldati ucraini quelli americani di stanza in Europa, per poterne disporre altrove. Nelle intenzioni di Kiev, queste prospettive dovrebbe condurre a un qualche genere di transazione che accontenti sia gli appetiti americani che le necessità di sopravvivenza di Zelensky.
E allora bisogna sbrigarsi
Lo scenario più probabile resta però quello di un negoziato coi russi al quale l’amministrazione Trump costringerà subito gli ucraini. Trump ha detto spesso che uno degli obiettivi primari è fermare i combattenti e ottenere rapidamente un cessate-il-fuoco. Con questa premessa francesi e britannici non vogliono certo sembrare meno importanti degli americani: i governi di Parigi e Londra pare stiano già discutendo l’invio di truppe nella cornice di un’iniziativa di pace. Dunque vorrebbero essere loro le forze di peacekeeping da piazzare sulla linea del fronte congelato o in un’ipotetica zona cuscinetto demilitarizzata. Come sempre, però, costoro fanno i conti senza l’oste. Putin firmerebbe una tregua? Accetterebbe di vedere un contingente franco-britannico a ridosso della Federazione Russa? Non sono domande da poco.
L’unica cosa certa è che le settimane passano in fretta e nella prospettiva di negoziati imminenti tutte le controparti cercano di guadagnare la posizione migliore. Per farlo, un modo sicuro è avanzare il più possibile e ottenere vantaggi tattici. Il tempo dell’amministrazione Democratica sta veramente per scadere e da parte sua Biden sta cercando di fare l’ennesimo gesto finale di generosità. Proprio adesso è impegnato a far approvare una misura straordinaria per inviare ancora un altro carico di armamenti e attrezzature dal valore enorme, sebbene alcuni funzionari sostengano che non serva praticamente più a nulla, tranne che a lasciare svuotati gli arsenali americani. Ma da parte loro i russi non lesinano gli sforzi, ma intensificano i combattimenti. Secondo l’Institute for the Study of War (ISW), citato come fonte affidabile dai media occidentali, i russi stanno occupando chilometri quadrati di territorio ucraino al ritmo più alto di sempre.
Arriva Kellogg
In questi giorni stanno uscendo i punti del piano che Trump ha in mente per l’Ucraina. Intanto ha già nominato il tenente generale Keith Kellogg come suo inviato speciale per occuparsi della questione russo-ucraina. È un funzionario molto esperto, ottantenne, con una lunga carriera militare alle spalle e con incarichi nel primo mandato di Trump del 2016. Ha contribuito a redigere un documento preliminare in cui si prevede di continuare a fornire assistenza militare a Kiev solamente nel caso in cui Zelensky accetti di iniziare le trattative col Cremlino. La prossima amministrazione Trump sta cominciando a esternare le sue priorità in politica interna ed estera. Alcune di queste ultime sono già note. E non sono per nulla favorevoli alla linea estremista di certi americani (e pure europei), disposti a combattere dalle loro comode poltrone usando fino all’ultimo dollaro di budget nazionale e fino all’ultimo soldato ucraino.
52 anni, padre di tre figli. E’ massimo esperto di Medio Oriente e studi geopolitici.