Responsible Statecraft: i vantaggi di una tregua e di un accordo di ripartizione dell’Ucraina

Responsible Statecraft: i vantaggi di una tregua e di un accordo di ripartizione dell’Ucraina

11 Aprile 2024 0

Il politologo John Mueller docente dell’Università dell’Ohio e collaboratore del Cato Institute di Washington analizza vantaggi e svantaggi dell’idea di una divisione in due dell’Ucraina. La sua conclusione è che ci guadagnerebbero sia i russi che gli ucraini, così come l’Occidente. È un’analisi interessante, sebbene grondi di “wishful thinking”, per esempio quando prospetta il miracoloso sviluppo dell’economia postbellica dell’Ucraina occidentale (evidentemente i miliardi euroamericani non bastano) o il tracollo della Federazione Russa che ha perso il mercato energetico europeo (ma ha consolidato quello del resto del mondo). L’opinione di Mueller sul Responsible Statecraft presenta comunque degli spunti interessanti che meritano una riflessione. Ed è importante perché mostra come in America propongano soluzioni di pace mentre fino all’anno scorso parlavano solo di vittoria ucraina ad ogni costo.

Tre opzioni

Per regolare mediante la diplomazia il conflitto russo-ucraino, diversi analisti hanno suggerito di constatare l’evidente stallo e di inquadrarlo con un accordo di cessate-il-fuoco. Esso suddividerebbe l’Ucraina lungo le attuali linee di contatto. Un’opzione sarebbe quella di includervi l’accettazione formale e giuridica dell’annessione russa della Crimea e delle zone che oggi controlla nel sud-est dell’Ucraina. Un’altra opzione plausibile sarebbe quella di rimandare la questione del consenso formale a ulteriori negoziati da tenersi dopo che le ostilità vengano interrotte. Fu questa la via seguita per la divisione della Corea dopo la guerra del 1953 (e dopo settant’anni una conciliazione formale del conflitto aspetta ancora di essere elaborata). La terza variante sarebbe di accettare ufficialmente l’incorporazione del 2014 della Crimea, lasciando però le acquisizioni territoriali del 2022 a future trattative. Tutte e tre le proposte presuppongono che Kiev rinunci almeno per il momento a circa il 18% del suo territorio pre-2014.

Due vantaggi

Ma oltre a fermare il caos e la distruzione in atto, da tali opzioni di tregua l’Ucraina otterrebbe due vantaggi. Il primo è questo: dal punto di vista economico se la caverebbe molto meglio senza le regioni prese dai russi. Prima che questi ultimi arrivassero, la Crimea e il Donbass sottraevano risorse a Kiev. E bisogna considerare che la situazione in Crimea oggi è persino peggiore, perché la penisola non costituisce più una meta per i turisti europei benestanti. Inoltre buona parte degli altri territori sotto controllo di Mosca, da cui è scappata almeno metà della popolazione, è diventata un cumulo di macerie per le quali la Russia dovrà pagare la ricostruzione. In effetti starebbe già sborsando qualcosa come 11 miliardi di dollari all’anno nei territori occupati. Dopo un’eventuale fine delle ostilità e susseguente ripartizione territoriale, potrebbe pure avere a che fare con i ribelli.

Il secondo vantaggio sarebbe dare al nucleo centrale dell’Ucraina una chance e un incentivo per lavorare sui suoi problemi di corruzione e di stagnazione economica. Oggi sono infatti gli ostacoli che intralciano i suoi sforzi di unirsi all’Occidente. Curare tali “patologie” sarebbe poi utile, anzi necessario, per convincere a tornare molti di quelli che hanno abbandonato la madrepatria.

Il potenziale ucraino

Kiev ha molto da fare, ma l’Ucraina ha parecchi punti forti. Ha una storia ricca, una forza lavoro preparata, risorse naturali in abbondanza (comprese terre fertili tra le migliori al mondo). E nonostante ciò, nella classifica della crescita economica degli ultimi tre decenni è rimasta stabilmente l’ultima dei 25 Paesi post sovietici. Nel 1991 il suo PIL pro capite era il medesimo della Polonia, ma nel 2015 era soltanto un quarto o un terzo di quello polacco. Nel 2019 (cioè prima del Covid e prima della guerra) l’Ucraina era diventata il Paese più povero d’Europa. Forse, una volta cessate le ostilità, il nord-ovest dell’Ucraina potrebbe riuscire a imitare la Corea del Sud, la quale era in condizioni ben peggiori al momento della tregua e della ripartizione della penisola nel 1953.

Magari con qualche decennio di pace Mosca e Kiev, pur continuando a negoziare faticosamente le questioni territoriali, potrebbero gradualmente stabilire una forma serena di coesistenza. Il rimando è alle relazioni USA-Canada o Germania-Austria, che Vladimir Putin aveva portato a esempio qualche mese prima dell’operazione militare. Sebbene ultimamente il presidente russo abbia espresso la sua disponibilità a trattare, vi è una certa comprensibile ritrosia a fidarsi che rispetterebbe la tregua, perché potrebbe in realtà avere in mente obiettivi più ampi, forse un piano per attaccare il resto dell’Ucraina o altri Paesi vicini come la Polonia.

La Russia non ne approfitterebbe per attaccare altri

Qualunque accordo di ripartizione sarebbe in certa misura un azzardo sull’ipotesi che Putin non abbia in serbo ambizioni di quel genere. Vero è una volta disse: Chi non prova rammarico per il crollo dell’URSS non ha cuore, però poi aggiunse: E chi vuole che l’URSS ritorni non ha cervello. Dati i problemi militari seguiti all’operazione militare speciale, sembra improbabile che Putin voglia impegnarsi in avventure simili da un’altra parte, dove i difensori sarebbero meglio preparati e sicuri dell’aiuto di alleati potenti. E il suo vantarsi che le truppe possano arrivare a Kiev in due giorni si è rivelato a dir poco fallace. Inoltre appare chiaro che agli occhi dei russi l’Ucraina è un caso particolare e non un trampolino per ulteriori imprese. La Federazione Russa non ha certo bisogno di espandere la sua superficie.

Si può quindi dedurre che Putin non abbia programmi di ampliamento su territori che oggi non controlla. Così potrebbe forse accettare e rispettare una ripartizione in stile coreano. Per lui potrebbe essere un’alternativa appetibile quella di uscire dignitosamente da un conflitto costoso e lo sarebbe anche per i russi stessi. E per rendere la medicina meno amara, l’Ucraina potrebbe annullare quelle leggi insensate che aveva emanato per degradare lo status della lingua russa. Si veda ad esempio quella norma che impone a tutti in negozianti di salutare i clienti in lingua ucraina. Infine, le inefficaci sanzioni anti-russe potrebbero essere ridotte e revocate.

Successo e insuccesso delle controparti

Nel complesso, la cosiddetta “operazione militare speciale” passerebbe alla storia come un insuccesso. Infatti l’Ucraina proseguirebbe il suo percorso fuori dall’orbita russa verso quella occidentale, mentre il nazionalismo ucraino e l’avversione alla Russia aumenterebbero notevolmente. L’uso della lingua russa continuerebbe a diminuire e l’alleanza con la NATO verrebbe estesa e rafforzata. Infine per il petrolio russo sparirebbe quasi del tutto il grande mercato rappresentato dall’Occidente.

Già prima del conflitto, gli economisti prospettavano nel prossimo decennio una crescita molto scarsa per la Federazione Russa, nella cleptocrazia putiniana in declino economico. La guerra ha probabilmente allontanato per molto tempo compratori e investitori. Inoltre, sebbene l’Ucraina non abbia formalmente aderito alla NATO (poiché alcuni membri si sono opposti a causa della corruzione imperante nel Paese e di altre problematiche), il rapporto di alleanza può ancora dare garanzia di sicurezza con la promessa di armi e di assistenza nel caso in cui Putin tentasse di espandersi ancora.

Per Putin sarebbe comunque un successo

Comunque vada, Putin cercherebbe sicuramente di presentare l’accordo di ripartizione come una vittoria. Per esempio potrebbe annunciare di controllare finalmente il passaggio di terra verso i russi assediati in Crimea, anche se ciò non costituiva una delle sue richieste all’inizio del conflitto. Soprattutto rivendicherà il successo dell’operazione perché, proprio come fantasticava al momento di avviarla, ha eroso la posizione della NATO in Ucraina e ha tolto all’Alleanza la capacità di invadere la Russia sulla falsariga di quanto fece la Germania nel 1941.

Nella sua recente intervista fatta a Putin, Tucker Carlson aveva suggerito che tale ipotesi fosse paranoica, spingendo il presidente russo a fare un monologo di venti minuti con delle premesse storiche piene di inesattezze. Pur tuttavia Putin continua a sottolineare la sua richiesta di avere una qualche forma di garanzia che le sue paure non si trasformino in realtà. È una prospettiva che ha avuto grande seguito in Russia (come al solito la gente crede a quello che vuol credere). Deve essere possibile per l’Occidente offrire tali garanzie e rinunciare così a fare quello che comunque non aveva intenzione di fare.

Redazione Strumenti Politici
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