Promesse vuote da Europa e America: per ora Kiev deve arrangiarsi coi Patriot rimasti
È passato quasi un mese dall’annuncio di accordo sugli armamenti che l’Europa acquisterà dagli USA per girarli a Kiev. Solo adesso però ci si è accorti degli ostacoli nella fattibilità di tale schema. Gli europei hanno compreso che ci vorrà troppo tempo per rifornire gli ucraini senza dover svuotare ancora i propri arsenali. Il problema riguarda in particolare i sistemi antiaerei americani Patriot: per la loro produzione occorrono anni, ma nessuno vuol privarsene a favore di Zelensky senza la certezza di poterli sostituire subito .
A Kiev i Patriot servono
L’idea di partenza è che Kiev stili l’elenco degli armamenti necessari e delle relative quantità, in particolare munizioni e sistemi di difesa antiaerea. Dopo di che gli alleati e sostenitori riuniti nel cosiddetto Gruppo di Contatto (chiamato anche di Ramstein) definiranno i costi e le tempistiche di tale assistenza. Se ne saprà di più al prossimo vertice del gruppo in autunno, sebbene già ora la certezza è che servono disperatamente e il prima possibile i Patriot. Se coi proiettili da 155mm e con altre armi gli europei riusciranno da soli – sebbene con fatica – a coprire l’assenza di forniture americane, per la difesa antiaerea gli USA sono imprescindibili. Dal 2022 Kiev ha ottenuto 6 batterie donate da Germania, Romania, Olanda e dagli USA stessi. Di questi Patriot, oggi soltanto 4 sono di fatto operativi e tutti impegnati sul perimetro della capitale. Zelensky spera di riceverne prossimamente altri 10.
Deficit insormontabile
Il problema è chi glieli fornirà. Agli Stati Uniti, che li producono, ne sono rimasti così pochi da far traballare tutti i programmi del Pentagono a livello globale. E non ne possono fabbricare a sufficienza in tempi brevi nemmeno per sé o per altri clienti già in attesa. Avevano provato ad accordarsi con l’industria giapponese per sopperire nelle quantità e nelle tempistiche, ma inutilmente. Come ha spiegato recentemente un consigliere di Trump, procurarsi un missile Patriot non è come andare al supermercato Walmart, prenderne 10 dallo scaffale e poi tornarsene a casa. Gli europei ne hanno forse un paio di decine in totale, ma sono spaventati nel darli a Kiev sapendo che i loro arsenali rimarranno vuoti a tempo indeterminato.
Ci vorranno anni
Nessuno sa esattamente quanto tempo occorrerà. Si parla di anni. Sette, secondo l’ammiraglio francese Pierre Vandier, Comandante NATO per la Trasformazione. Solo due o tre, invece, secondo un altro ufficiale europeo. Sarebbe comunque un’attesa troppo lunga e pericolosa in un periodo storico tumultuoso come questo. I colossi statunitensi dell’industria della difesa Lockheed Martin e Raytheon stanno incrementando la produzione, ma non basta ancora per soddisfare tutte le richieste in giro per il mondo. Non c’è mica infatti solo l’Ucraina, che resta così in una sorta di limbo, appesa alla benevolenza interessata e talvolta masochista degli eserciti NATO. Alcuni di essi si trovano a dover scegliere fra essere attrezzati e operativi oppure lasciare Kiev senza aiuti. La prospettiva di avere dei clamorosi buchi nelle proprie difese aeree fa sì che propendano per questa seconda opzione.
Gli arsenali europei piangono miseria
In questo momento ad essere rimasti col cerino in mano sono i romeni, che nel 2024 hanno donato all’Ucraina uno dei due Patriot operativi a loro disposizione. Così Bucarest si è privata della metà dei suoi sistemi antiaerei e non sa se e quando potrà colmare il vuoto. È anche un problema di prezzo, non solamente di tempistiche: una batteria costa circa 1 miliardo di dollari, mentre i relativi missili costano 4 milioni l’uno. Quanto possono spendere effettivamente i governi europei? Certo, al vertice NATO di giugno hanno fissato addirittura il 5% del PIL da destinare alla difesa, ma tale obbiettivo di bilancio è da raggiungere entro il 2034. Dunque un meccanismo di lungo periodo, che mal si concilia con le esigenze immediate dell’Ucraina e dei Paesi che la sostengono militarmente.
I tedeschi si sono svenati e adesso chiedono garanzie
Persino Berlino, che è in Europa è da sempre sostenitrice n.1 di Kiev, oggi chiede a Washington la garanzia “inoppugnabile” che avrà dei sistemi antiaerei nuovi per i suoi arsenali con otto mesi di anticipo rispetto alle prossime donazioni che farà all’Ucraina. I tedeschi si sono fatti mettere dagli USA in cima alla lista dei clienti da servire, così da essere in condizioni di promettere agli ucraini almeno un paio di Patriot nelle prossime settimane. Ci rimette però la Svizzera, che ora si vede scavalcata e deve attendere, sebbene avesse ordinato delle batterie per sé ancora nel 2022. Emerge come nuova generosa alleata l’Olanda, che ha appena siglato un pacchetto di aiuti militari da 579 milioni di dollari contenenti armi americane, Patriot inclusi. Con questo supporto “determinato”, dice il ministro della difesa Ruben Brekelmans, “stiamo aumentando la pressione sulla Russia per farla negoziare”.
A Donald interessano i soldi
A Trump interessano in primo luogo i benefici economici che questo meccanismo di aiuti porterà agli americani. Appena concluso a luglio col segretario generale della NATO l’accordo per vendere agli europei le armi destinate all’Ucraina, si era premurato di sottolineare che gli USA ne ricaveranno miliardi senza doversi accollare nessun costo effettivo. E probabilmente ha fatto in modo di escludere che a Kiev possano arrivare sistemi antiaerei da Paesi terzi, aggirando cioè lo schema di compravendita Europa-USA. Con lui in carica ci deve sempre essere un guadagno per Washington: è questo il suo principio-guida. E a Bruxelles ne sono consapevoli, così come sanno bene di non poter fare a meno degli americani per certi ambiti della difesa. Come si è poi visto coi dazi e con le importazioni energetiche, l’Europa prende atto della volontà statunitense e si adegua.

52 anni, padre di tre figli. E’ massimo esperto di Medio Oriente e studi geopolitici.