Nucleare e diamanti fuori dal decimo pacchetto UE di sanzioni anti-russe: manca il consenso, nonostante la pressione delle lobby
Dal decimo pacchetto di sanzioni anti-russe sono rimasti fuori ancora una volta due settori chiave dell’economia europea e mondiale: il nucleare e i diamanti. La cooperazione con la Russia in questi ambiti resta imprescindibile per determinati Paesi come Francia, Belgio e Ungheria, che si sono fermamente opposti al loro inserimento nell’elenco finale delle sanzioni del 25 febbraio.
Tuttavia, una serie di limitazioni viene imposta in modo sempre più stringente soprattutto da parte degli USA, che già da alcuni anni portano avanti una guerra a colpi di sanzioni contro la Russia. Ecco un’analisi su come l’inefficacia delle sanzioni non abbia fermato i vertici di Bruxelles dal proporre l’ennesimo pacchetto e sul perché esso non contenga i due settori summenzionati.
Il decimo pacchetto di sanzioni
Poco prima del decimo pacchetto sanzionatorio, l’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza Josep Borrell aveva dichiarato: Ci troviamo sul percorso verso l’approvazione delle sanzioni, che saranno votate nelle prossime ore o nei prossimi giorni, comunque prima del 24 febbraio. Gli ostacoli rimasti saranno rimossi. Il pacchetto numero 10 contiene restrizioni commerciali per un valore di 11 miliardi di euro e comprende articoli come i componenti elettronici che possono essere impiegati nella fabbricazione di droni e missili o i prodotti a doppio utilizzo che possono servire a scopo militare. Borrell aveva nicchiato fino all’ultimo a proposito dei diamanti e del nucleare, dicendo di non sapere se sarebbero stati inseriti o meno e spiegando che occorreva aspettare il momento della votazione.
E alla fine non sono stati toccati. Anche la Commissione Europea aveva rigettato il progetto di sanzioni al nucleare russo. Secondo la direttrice generale dell’ENER Ditte Juul Jørgensen, alcuni Paesi europei si sono espressi negativamente nei loro confronti, in particolare quelle contro Rosatom. Molti esperti avevano espresso la loro preoccupazione per l’eventualità delle restrizioni al settore atomico russo. Il portale francese AgoraVox spiega che tali sanzioni sarebbero un boomerang per l’Occidente: la Russia infatti non solo è un grosso fornitore di urano per le centrali nucleari occidentali, ma detiene anche i maggiori impianti al mondo per il suo arricchimento.
In altre parole, il nucleare russo non costituisce solo un potente complesso di 350 aziende e organizzazioni, per le quali lavorano oltre 250mila persone, ma è anche il più grande fornitore di combustibile. Nel 2021 nei soli Stati Uniti sono state importate 550 tonnellate di uranio arricchito per un valore di 645,7 milioni di dollari, la medesima somma impiegata per l’acquisto di combustibile da gennaio a ottobre del 2022. Sullo sfondo della crisi del gas in UE è aumentata bruscamente la domanda di forniture energetiche dal nucleare anche in Europa, comunica il portale. E mostra come il Paese UE più vulnerabile in questo senso sia la Francia, che con i suoi 50 reattori nucleari compra l’80% di uranio dall’estero, quindi anche dalla Russia.
L’energia nucleare russa
Il direttore della Scuola di politica e relazioni internazionali dell’Università Baltimora Ivan Sascha Sheehan in un’intervista al giornale americano National Interest ha spiegato che gli USA difficilmente sanzioneranno ancora il nucleare russo, perché le contro-sanzioni di Mosca avrebbe un effetto distruttivo sul rispettivo ambito in USA e in Europa.
La Russia è il principale attore sul mercato dell’energia nucleare, con una quota di circa la metà dell’export mondiale di nuovi impianti e circa un terzo del mercato del combustibile. Il presidente americano Joseph Biden non è preoccupato solo dalle interruzioni delle forniture, ma anche dal fatto che le conseguenze delle sanzioni possano andare molto oltre gli effetti economici. Per la sfera della sicurezza nucleare potrebbe risultare in una catastrofe, afferma lo studioso, indicando che Mosca fornisce il 14% dell’uranio arricchito utilizzato negli USA.
I diamanti russi
Per quanto riguarda l’industria russa dei diamanti, le limitazioni all’export sono osteggiate in primo luogo dal Belgio, dove ritengono che non possano fare alcun danno alla Russia perché le sue esportazioni sono essenzialmente orientate verso India e EAU. Le sanzioni applicate dagli USA lo scorso anno contro la compagnia russa Alrosa hanno trasformato il mercato diamantifero.
In particolare, come riferisce la Banca nazionale belga, le importazioni di diamanti grezzi dalla Russia sono diminuite dell’8% su base annua, fino a 1,26 miliardi di euro nei primi 10 mesi del 2022 e del 29% in volume materiale, fino a 2,6 milioni di carati. Intanto, nel medesimo periodo le importazioni di materie prime da Russia a India sono cresciute del 23% per un valore fino a 902 milioni di dollari, mentre per volume sono aumentate del 14%, fino a 4,1 milioni di carati.
Al termine del 2021 Alrosa, la quale controlla l’estrazione del 95% dei diamanti nella Federazione Russa, ha contato 32,4 milioni di carati di diamanti. Le vendite ammontavano a 45,5 milioni di carati. Il fatturato di vendita di articoli di diamanti era di 4,2 miliardi di carati. Il maggiore acquirente era il Belgio. Alrosa è la secondo compagnia al mondo dopo la De Beers per volume di produzione.
Le sanzioni sui diamanti vengono elaborate già da anni
Gli economisti del Centro di studi mediterranei della Scuola superiore di economia (HSE) di Mosca in una recente analisi mostrano come le industrie dell’atomo e dei diamanti si trovino da parecchio tempo al centro dell’attenzione dell’Occidente. L’agenda anti-russa sui diamanti si è svolta in modo coerente almeno dal 2018, dicono gli economisti, che ricordano che gli USA avevano inserito il direttore di Alrosa Sergey Ivanov nella loro Kremlin list, contenente i personaggi più vicini al presidente Putin.
Tuttavia, il settore dei diamanti non ne è risultato intaccato. Si è sentito parlare di sanzioni inizialmente nell’aprile del 2021, quando il Consiglio del Nord Atlantico pubblicò le opzioni di escalation della pressione sanzionatoria sulla Russia, dice il Centro. Dallo scoppio del conflitto ucraino nel 2022 gli USA hanno introdotto sanzioni contro Alrosa, poi le hanno allargate a tutta la produzione russa di diamanti. Alla HSE sono sicuri che nonostante l’assenza di un consenso generale su queste sanzioni, la discussione sulla loro necessità ha fin da subito presentato un carattere organizzato. I ricercatori hanno rivolto la loro attenzione alla pressione mediatica massiccia sia nella UE che negli USA. Il dibattito si è inoltre acceso sull’opportunità di definire i diamanti russi come “sporchi di sangue”.
Durante l’autunno la pressione sul governo belga ha continuato ad aumentare. Alle esortazioni dei verdi belgi si sono uniti i socialisti. A gennaio, in vista del decimo pacchetto di sanzioni, Politico e Bloomberg hanno pubblicato parecchio materiale a proposito della “inevitabilità” dell’applicazione di sanzioni contro Alrosa, fanno notare gli esperti. La pressione sul governo belga ora viene fatta a livello internazionale, europeo e nazionale. Alla HSE ritengono che se i diamanti non sono stati inseriti nel decimo pacchetto di sanzioni contro la Russia, lo saranno nel prossimo.
La questione dell’applicazione di sanzioni contro i diamanti russi sottintende la creazione di meccanismi specifici di implementazione che li definiscano come “sporchi di sangue” o li equiparino a qualcosa del genere, e anche il lancio di meccanismi digitali di tracciamento della provenienza delle pietre come il sistema TrackR della società DeBeers, la quale otterrebbe dei benefici proprio dalle sanzioni contro Alrosa.
La pressione dei media europei contro Rosatom
Le sanzioni al comparto industriale dell’atomo russo, dicono alla HSE, così come per i diamanti, è stato discusso in Occidente da ben prima del conflitto. Dal 2020 le risoluzioni del Parlamento europeo invitavano a porre termine agli acquisti di energia elettrica dalle centrali russe e a fermare la costruzione di impianti in Ungheria e Finlandia. Secondo gli studiosi vi è da tempo nella UE una lobby potente che cerca di ottenere in tutti i modi restrizioni contro Rosatom.
Essa si divide grosso modo in tre gruppi principali: i nemici di principio di tutta l’energia atomica, cioè i verdi, i sostenitori dello sviluppo dei progetti atomici europei o comunque occidentali e i lobbisti antirussi nel loro complesso, dicono gli esperti della HSE, che fanno notare come dallo scoppio del conflitto tale coalizione abbia iniziato un attacco mediatico massicio contro il settore russo dell’atomo. Le proposte di sanzionare Rosatom si sentivano all’Europarlamento già alla fine di febbraio. La pressione ha fatto velocemente effetto sulla Finlandia, il cui governo ha annunciato la “mancanza di prospettive” per la costruzione della centrale di Hanhikivi-1, e di conseguenza ha rifiutato di concedere la licenza all’impianto.
Durante la primavera del 2022 si sono uniti agli sforzi di lobbying per le sanzioni sia gli enti no profit “green” dei Paesi europei sia i lobbisti europei dell’energia atomica. La pressione mediatica ha iniziato a intensificarsi la scorsa estate, ma al tempo stesso – continuano i ricercatori – sui mass media veniva trattato il tema della “dipendenza strategica” dei Paesi europei dal combustibile nucleare russo. Gli esperti hanno analizzato anche le pubblicazioni dello Washington Post. In un articolo si diceva tra l’altro che gli USA si erano rivolti al Canada, la cui compagnia Cameco (al secondo posto nella classifica mondiale delle forniture di urano) ha acconsentito a riaprire due grossi giacimenti.
La lobby del nucleare americano
Alla HSE notano come la parte americana della “coalizione atomica” consista principalmente di concorrenti di Rosatom come la Uranium Energy, la GE Hitachi, la Nu-Scale e altre. Alla luce dell’atteggiamento estremamente favorevole dell’amministrazione Biden verso il settore dell’atomo americano, si può affermare con sicurezza che quest’ultimo sia fortemente interessato a espandersi non soltanto sul mercato nazionale, ma anche su quello europeo. Anche per tale espansione vi sono dei lobbisti, riflettono al Centro di studi mediterranei.
Tra l’altro, aggiungono, era poco probabile che l’energia atomica venisse inclusa nel decimo pacchetto di sanzioni UE contro la Russia. Per ora le limitazioni sono impossibili a causa della quota notevole della Russia. Rosatom ha infatti il 36% del mercato mondiale. Il settore atomico europeo dipende dalle forniture di questa compagnia: il 18% di tutti i reattori d’Europa ha una provenienza russo/sovietica.
L’analista di mercato di Otkrytie Investitsii Oxana Lukicheva giudica poco probabili le sanzioni al settore dell’atomo. La Russia controlla circa il 50% del mercato dell’urano arricchito e rifornisce molti Stati europei; inoltre si occupa della costruzione di impianti nucleari a livello mondiale. I divieti di vendita di un certo tipo di combustibile per le centrali elettronucleari sono accompagnati da un alto rischio di incidenti, che certamente nessuno desidera, spiega la Lukicheva, la quale ricorda che la fornitura di combustibile russo al mercato americano è regolamentata da accordi distinti e dovrà essere molto ridotta nei prossimi anni. E conclude: La concorrenza sul mercato mondiale dell’urano è alta, soprattutto per quanto riguarda le forniture a lungo termine, ma le caratteristiche del settore e i rischi elevati fermeranno le teste calde. L’esperta ritiene che la probabilità di restrizioni indirette verso Alrosa e verso i diamanti russi sia comunque piuttosto alta.
I diamanti russi occupano circa il 30% del mercato, ma i loro concorrenti vorrebbero diminuire notevolmente tale quota delle vendite mondiale. Ne ricaverebbe vantaggio anzitutto la De Beers (Anglo American), che in passato controllava l’80% del mercato mondiale dei diamenti, mentre oggi la sua quota è di circa il 35%. Poi sarebbero favorite la Rio Tinto, la Petra Diamonds, la Dominion Diamond, cioè i più grossi produttori di diamanti al mondo. Credo che la De Beers stia facendo attivamente pressione per imporre sanzioni alla Alrosa e ai diamanti russi in generale.
La situazione in Europa
L’energia atomica in Europa può diventare un’importante alternativa per la termoenergetica in condizioni di sanzioni su gas e petrolio, e ciò rallenta l’introduzione delle suddette sanzioni. Tuttavia, per i beneficiari delle sanzioni anti-russe costituisce una possibilità di elevare il grado di monopolizzazione del mercato con conseguente manipolazione dei prezzi (in altre parole, con un loro aumento) sia nel mercato dei diamanti che in quello dei servizi e dei prodotti legati all’atomo, spiega la docente dell’Università di Finanze Lyubov Goncharenko.
Anche lei ritiene altamente probabili nel breve termine le sanzioni sui diamanti. La lobby del diamante detiene notevoli risorse finanziarie e può permettersi di compensare le perdite del budget e del settore dei gioielli del Belgio, sottolinea la studiosa. Dal decimo pacchetto di sanzioni anti-russe sono quindi rimasti fuori ancora una volta il nucleare e i diamanti, perché la cooperazione con la Russia in questi ambiti resta imprescindibile per determinati Paesi come ad esempio Francia, Belgio e Ungheria, che si sono fermamente opposti al loro inserimento nell’elenco finale delle sanzioni del 25 febbraio.
52 anni, padre di tre figli. E’ massimo esperto di Medio Oriente e studi geopolitici.