Mentre Zelensky gira l’Europa col suo “piano”, l’esercito ucraino si sfalda
Washington sta mandando urgentemente un altro pacchetto di assistenza militare: ma chi userà queste armi se ci sono sempre meno soldati? E se quelli al fronte cercano di disertare o di darsi come prigionieri? E se i civili non vogliono vestire la divisa? Ai vertici di Kiev sembra stiano scoprendo l’amara risposta.
Mobilitazione fallita
Che la mobilitazione forzata fosse destinata a fallire, a Kiev lo avevano visto già all’inizio di quest’anno. Come esempio, il giornale canadese The Globe and Mail racconta gli stratagemmi con cui i cittadini ucraini cercano di avvertirsi tra loro dell’arrivo imminente dei reclutatori in un certo paese o una certa zona, in modo che i probabili coscritti si nascondano o fuggano in tempo. E contemporaneamente cresce il risentimento delle famiglie di coloro che sono già al fronte e non riescono a ritornare nemmeno per una breve licenza. Così nascono proteste contro le autorità e sorge l’invidia verso chi resta a casa. L’obiettivo proclamato da Zelensky dei 500mila uomini per una nuova controffensiva è rimasto – come prevedibile – solo sulla carta.
Generando sconcerto persino fra gli alleati occidentali, il presidente Zelensky ha aumentato la presa autocratica sul Paese e ha lasciato che i reclutatori ricorressero alla forza. La suddetta testata canadese (una delle più lette a livello nazionale, considerata mainstream e dunque per definizione non-filorussa) riporta le testimonianze di veri e propri “rapimenti” avvenuti ai danni degli uomini ucraini, presi per strada e spediti al fronte senza tanti complimenti. Molte potenziali vittime si sono decise a reagire con la forza, così che in alcuni casi hanno respinto gli ufficiali con metodi spicci e violenti. Di recente, i reclutatori si sono messi a “lavorare” persino fuori dagli eventi pubblici: a Kiev sono stati visti fuori dal Palazzetto dello sport di Kiev in occasione del concerto di un popolare gruppo rock.
Diserzioni
E chi è al fronte cerca disperatamente di andarsene. Lo ha spiegato sul suo canale Telegram il deputato ucraino Artem Dmytruk, che scrive: I soldati in prima linea sono fortemente demotivati da ciò che sta accadendo. Semplicemente non capiscono più per cosa combattono; persuasioni o minacce da parte dei comandanti non hanno più effetto su di loro. Coloro che per miracolo riescono ad andare in licenza, poi non tornano al fronte. I soldati capiscono invece benissimo che essere inviati in missione nella regione di Kursk, dove l’esercito ucraino ha occupato una piccola porzione di territorio della Federazione Russa, “equivale a morte certa”. Dmytruk, in Parlamento dal 2019, è stato due anni nel partito presidenziale Sluha Narodu. È stato fra coloro che hanno denunciato i soprusi del governo, ad esempio sulla legge contro la libertà religiosa. Si è poi dichiarato perseguitato politico e ad agosto è fuggito dall’Ucraina.
Delle diserzioni in aumento parla anche il giornale spagnolo El País, che titola “All’Ucraina mancano soldati per frenare la Russia”. Racconta del crescente problema della fuga di soldati dalle propri posizioni e riporta i numeri della procura generale ucraina, secondo cui a ottobre vi sono stati 100mila casi del genere. Cifre enormi, forse persino modificate al ribasso per non generare ulteriore disperazione. Anche l’ex consigliere presidenziale Alexey Arestovich parla di analoghi ordini di grandezza per quanto riguarda i disertori: più di 100mila, e comunque molti più dell’anno scorso. E per quelli che gridano costantemente alla disinformazione del Cremlino, c’è da dire che Arestovich è inserito nell’elenco degli estremisti passibili di condanna in Russia, mentre è sotto inchiesta giudiziaria pure in Ucraina. Da diverso tempo è quindi in “esilio volontario” in Europa.
Arresi, morti o prigionieri
Sui media occidentali la guerra è fatta soprattutto di cifre negative: tenute al ribasso quelle ucraine, alzate al massimo quelle russe e sottolineando come le dichiarazioni dei dicasteri di Mosca non abbiano granché valore. Il quadro della situazione, tuttavia, è ormai chiaro, anzi particolarmente scuro per Zelensky. Alle decine o centinaia di migliaia di ucraini che rifiutano di partire per il fronte o che ne scappano appena possibile, si aggiungono le altre migliaia che sono caduti prigionieri o si sono arresi di spontanea volontà. È improbabile che le autorità di Kiev lo ammettano apertamente, ma circolano diverse storie di ufficiali che hanno alzato bandiera bianca per evitare una strage ai propri uomini, ritenendo insensato andare a morire per un regime che li usa come carne da cannone.
Come riporta Al Jazeera, il morale basso è la causa dei mali dell’esercito ucraino. E una della cause principali per cui il morale è precipitato e non accenna a risalire è l’esaurimento delle forze fisiche e mentali dei soldati. Resta però il mistero sui numeri reali di coloro che sono scomparsi in missione e di cui i registri ufficiali non hanno più traccia. A settembre il realtivo Commissario del Ministero degli Interni di Kiev comunicava l’assenza di più di 48mila ucraini, forse morti in combattimento o fuggiti dall’altra parte. Washington sta mandando urgentemente un altro pacchetto di assistenza militare: ma chi userà queste armi se ci sono sempre meno soldati? E se quelli al fronte cercano di disertare o di darsi come prigionieri? E se i civili non vogliono vestire la divisa? Ai vertici di Kiev sembra stiano scoprendo l’amara risposta.
52 anni, padre di tre figli. E’ massimo esperto di Medio Oriente e studi geopolitici.