Libia, passi incoraggianti verso l’unificazione dell’establishment militare

Libia, passi incoraggianti verso l’unificazione dell’establishment militare

27 Marzo 2023 0

“Mabrouk Libya!”. Auguri Libia! Contrariamente a quanto accaduto in passato, il mese di Ramadan, sacro per i musulmani, è iniziato quest’anno positivamente per i libici. Una visita a Tripoli dei cinque alti ufficiali militari, rappresentanti delle forze armate arabe libiche orientali, precedentemente Libyan National Army (LNA), rappresenta uno step importante nel processo di unificazione dell’establishment militare.

La Libia, sprofondata nel caos di amministrazioni rivali e fazioni armate contrapposte, dopo il rovesciamento del colonnello Muammar Gheddafi, nel 2011, potrebbe presto avere un esercito unito a proteggere i propri confini e quello che ne resta della propria sovranità territoriale. I cinque membri del Comitato Militare Congiunto (JMC 5+5) provenienti dalla Libia orientale sotto la guida di Abdoul Razaq Al-Nadhouri, hanno incontrato non solo le loro controparti della Libia occidentale, ma anche i leader di diverse fazioni armate come Abdulsalam Al-Zoubi (comandante del 301mo battaglione), Abdulghani Al-Kikli (alias Gnewa, comandante dell’Apparato di supporto alla Stabilità), Mahmoud Hamza (comandante della 444ma Brigata combattente) solo per citarne alcuni.

All’Hotel Rixos, nella capitale, erano presenti anche il direttore dell’Ufficio del Comandante Generale di Khalifa Haftar e il sottosegretario al Ministero degli Interni, Faraj Qaim.

Unificare gli sforzi per organizzare le elezioni

All’incontro, facilitato dall’inviato speciale del Segretario Generale delle Nazioni Unite e capo di Unsmil, Abdoulaye Bathily, ha partecipato anche il ministro degli Interni ad interim nel Governo di Unità Nazionale, Emad Trabelsi, originario di Zintan. I media locali non hanno fatto a meno di notare l’assenza del generale Osama Al-Juwaily, comandante della regione militare occidentale, schieratosi con il primo ministro designato dal Parlamento Fathi Bashagha.

Il Ministero dell’Interno di Tripoli, in una nota, ha spiegato che l’incontro ha avuto lo scopo di unificare gli sforzi tesi a organizzare elezioni e istituire meccanismi di comunicazione tra le unità di sicurezza e militari, al fine di porre fine alle divergenze interne e portare la Libia in salvo. Il premier Abdel Hamid Dabaiba, da parte sua, ha evidenziato come la sicurezza nella capitale Tripoli, che nonostante le difficoltà ha visto miglioramenti incoraggianti, è stato un contributo fondamentale nel facilitare l’unificazione della Libia, una, sola ed indivisibile.

Il meeting di domenica segue le riunioni a Tunisi e al Cairo e dovrebbe essere seguito da una visita nella Libia orientale degli ufficiali di Tripoli e poi, ancora, presumibilmente a Sirte. Un messaggio chiaro a quanti, anche in queste ore, non risparmiano sforzi per destabilizzare la Libia, vedi Egitto, Arabia Saudita e Russia, tanto per citarne alcuni.

Il nodo Wagner

Il membro dell’Alto Consiglio di Stato (HCS), Saad Ben Sharada, che più si è speso per promuovere il dialogo tra Est ed Ovest, in particolare tra le due Camere, ha dichiarato a Strumenti Politici: “L’incontro dell’inviato ONU con i leader dei gruppi armati ha due obiettivi dichiarati: il primo è quello di garantire sicurezza al processo elettorale, il secondo è estendere sicurezza e stabilità nel sud della Libia. L’obiettivo, invece, non dichiarato è fare in modo che i gruppi armati della Libia confrontino il Gruppo Wagner”.

Certamente – aggiunge Ben Sharada – i discorsi sulla sicurezza del processo elettorale e solleticare i sentimenti dei gruppi armati sono stati il tema dominante del summit. I dieci punti della nuova strategia statunitense in Libia, coincidono perfettamente con quanto affermato da Abdoulaye Bathily ieri”. Il deputato sottolinea che “Mettere in sicurezza la regione meridionale della Libia è la chiave degli obiettivi nascosti della Missione ONU. Questo punto in particolare fa parte dell’agenda di Washington”. E poi, conclude: “Chi è nel sud della Libia? Il gruppo russo Wagner”.

Il Global Fragility Act di Biden

Il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, ha presentato il 25 marzo 2023 la ‘Strategia per prevenire i conflitti e promuovere la stabilità che mira a prevenire la violenza e promuovere la stabilità nelle aree vulnerabili ai conflitti. Questo programma rientra nel Global Fragility Act bipartisan e sarà attuato attraverso piani decennali sviluppati con ampie consultazioni con le parti interessate locali nei paesi e nelle regioni partner prioritari, inclusa la Libia.

La Casa Bianca ha aggiunto, in un comunicato, che in Libia gli Stati Uniti si stanno concentrando sul gettare le basi per un governo nazionale eletto in grado di governare, fornire servizi e mantenere la sicurezza in tutto il Paese. “Gli Stati Uniti stanno perseguendo un approccio flessibile e adattivo incentrato su programmi a livello di comunità che possono essere ampliati man mano che si presentano opportunità per sostenere le elezioni nazionali; accesso alla sicurezza, alla giustizia, alla responsabilità e alla riconciliazione; e pre-disarmo, smobilitazione e reintegrazione sforzi,” afferma una nota della Casa Bianca.

L’Assistente Segretario, Barbara Leaf, massimo diplomatico di Washington per il Medio Oriente e il Nord Africa, ha da poco terminato una tournée nella regione, recandosi in Giordania, Egitto, Libia, Libano e Tunisia, dal 15 al 25 marzo. In Libia, ha affermato il Dipartimento di Stato, Leaf ha incontrato alti funzionari libici “per sottolineare il sostegno degli Stati Uniti agli sforzi facilitati dalle Nazioni Unite per promuovere il consenso che porterà alle elezioni nel 2023“.

Le tensioni con Egitto, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti

Anticipando le consultazioni di ieri, il segretario di Stato Blinken aveva dichiarato: “C’è anche un momento importante in cui, attraverso il lavoro dell’inviato delle Nazioni Unite, potrebbe esserci, e sottolineo forse, un percorso in avanti per spostare la Libia in una direzione migliore, inclusa l’elezione per un governo legittimo e i nostri diplomatici sono profondamente impegnati in questo“. Ed è più che mai opportuno utilizzare il condizionale, oltre alla Russia infatti, Washington deve anche fare i conti con le divergenze sempre più palesi tra Egitto, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti.

I primi due hanno apertamente sfidato la legittimità del Governo di Unità Nazionale schierandosi con il Parlamento di Tobruk e la nomina di un governo parallelo, mentre gli Emirati hanno stretto ottimi rapporti con l’amministrazione Dabaiba. Con il Paese diviso tra due amministrazioni rivali, unificare l’establishment militare rappresenterebbe una garanzia per un processo elettorale equo e legittimo.

Il referendum sulla bozza di Costituzione

C’è poi un ulteriore ostacolo all’orizzonte, sebbene Camera ed Alto Consiglio abbiano approvato il 13mo emendamento costituzionale e stiano proseguendo gli sforzi per arrivare ad una legge elettorale che dovrebbe essere discussa da un comitato paritetico (6+6), i costituzionalisti come il professor Omar Alnuas, membro dell’Assemblea per la bozza costituzionale, sottolineano che i libici dovrebbero essere messi in condizione di esprimere il proprio parere  sulla bozza di Costituzionale elaborata dalla commissione nel 2017. “Questa è la vera democrazia – afferma lo studioso di Diritto Costituzionale – non usare UNSMIL per imporre un ulteriore periodo di transizione con le stesse facce. Bisognerebbe chiedere all’inviato ONU se ha previsto un referendum che permetta ai libici di scegliere il proprio futuro”. 

Libia vittima del conflitto tra Occidente e Oriente

Mohammed Nael, esponente del Consiglio Sociale della tribù Gadadfa infine avverte: “Indubbiamente, la guerra tra Ucraina e Russia è un’estensione del conflitto di vecchia data tra Occidente ed Oriente, che ha assunto molte forme. Forse la più importante di queste è la competizione per la divisione delle sfere di influenza nel mondo. È un peccato che il nostro Paese sia stato coinvolto in questo conflitto. Il dibattito tra i membri del comitato militare congiunto sulla necessità che forze e mercenari stranieri lascino la Libia è un quadro chiaro di questo conflitto.

Agenzie militari come Blackwater, America, Italia e Turchia sono presenti politicamente e militarmente nell’ovest del Paese, oltre alle forze mercenarie siriane e ad alcune altre nazionalità. Russia, Egitto ed Emirati Arabi Uniti sono presenti politicamente e militarmente nell’est del Paese, oltre alle forze mercenarie africane”. Un quadro che è solo un assaggio della dimensione proxy che il conflitto in Libia, così come in altre aree del mondo, ha raggiunto.

Vanessa Tomassini
Vanessa Tomassini

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