Libia: “Intelligence egiziana ha diviso Zawiya, ma non è riuscita a dividere Misurata”, conversazione con Jamal Zubia
“Stai facendo il lavoro più duro del mondo, il giornalismo. Sono Jamal Zubia, originario di Misrata, nato nel 1957, ho studiato a Misrata, prima di iscrivermi ad ingegneria presso l’Università di Tripoli, dove mi sono laureato nel 1970. Ero molto attivo politicamente e ho sofferto tanto durante il regime Gheddafi per la sua aggressività. Sono stato colpito da revolver due volte nella mia gamba destra, in due giorni consecutivi, il 19 e il 20 ottobre 1980.
Sono stato costretto a ritirarmi dall’esercito, dieci anni ho lavorato a Misurata come insegnante, e nel 1990 mi sono trasferito all’industria militare per altri tre. Successivamente sono passato all’istituzione accademica per la ricerca scientifica, prima di trasferirmi nel Regno Unito, a Manchester. Ho conseguito un master in energia solare, il che dovrebbe essere molto interessante, ma non in Libia perché in passato abbiamo cercato di proporre alcuni progetti, per la Libia e anche per l’Europa, ma il governo non vi ha prestato attenzione. Nel 2011, quando è iniziata la rivoluzione, in Regno Unito, abbiamo organizzato delle raccolte fondi così da inviare alcune ambulanze e attrezzature mediche. Stavamo facendo manifestazioni a Londra contro il regime, contro gli attacchi di Gheddafi a Misurata e in tutta la Libia.
Alcuni ci hanno accusato di aver sostenuto la NATO, additandoci come la principale causa dell’offensiva internazionale contro la Libia, ma in realtà, la NATO è intervenuta dopo che le forze di sicurezza di Gheddafi hanno usato violenza contro i civili. I quali non avevano armi all’inizio. Quando Tripoli è stata liberata, sono tornato in patria con l’obiettivo di fare qualcosa di buono per il nostro paese. Ero molto attivo nella società civile e ho lavorato duramente per l’isolamento politico di Gheddafi e dei suoi aiutanti, perché questi signori sono rimasti al potere per ben 40 anni e non sono stati in grado di costruire uno Stato, anzi, lo hanno distrutto.
Quindi, era imperativo non permettere loro di tornare, chi perde non può più giocare. Nel 2014, a causa delle mie buone relazioni con giornalisti europei e americani che venivano in Libia, sono stato nominato capo del dipartimento Media Stranieri. A quel tempo, oltre 800 giornalisti sono venuti in Libia. Quando il governo di accordo nazionale di Fayez al-Serraj è entrato in carica, non erano molto contenti di me, dato che ero contro Skhirat e li ho apertamente criticati perché l’intero processo era contro le forze rivoluzionarie di febbraio. Nel 2014 – il 2015 la Libia era sotto l’influenza di Bernardine Leon che lavorava per gli Emirati Arabi Uniti con uno stipendio di 51.000 dollari al mese sostenendo la Camera dei Rappresentanti (HoR) e dando loro il pieno potere di andare anche contro la legge.
Poi mi sono seduto con Kubler, l’Unsmil a quel tempo era diventato Undmil, missione di distruzione non di sostegno alla Libia. Il 29 luglio 2016, sono stato rapito nella capitale Tripoli da uomini armati assunti da Fayez al-Serraj e Ahmed Maiteeq, per ben 120 giorni nel tentativo di chiudermi la bocca mentre li criticavo apertamente per la loro corruzione. Quando sono stato rilasciato, sono uscito sui media, ho spiegato tutto in una conferenza stampa sui miei rapitori, le motivazioni dietro il mio rapimento e sono stato minacciato di morte se fossi tornato a Tripoli. Quindi, sono andato con la mia famiglia a Manchester e ho cercato di fare causa al governo di Serraj e Maeteeq.
Anche oggi, sto cercando di ottenere giustizia davanti al procuratore generale. Quei corrotti non possono costruire uno Stato e credo che sia mio dovere esporre i loro crimini. Sono rimasto molto deluso dal fatto che i funzionari dei Paesi occidentali li hanno sostenuti, rendendo la situazione molto peggiore per i libici. Ora va meglio perché la Turchia ha fermato l’influenza di quei paesi, compresa quella degli Emirati Arabi Uniti che hanno sostenuto Haftar, responsabile di aver distrutto intere città in Libia. Abbiamo fatto una rivoluzione nel 2011 per avere uno stato civile, l’esercito dovrebbe essere sotto un’autorità civile e non interferire in politica con la forza delle armi”. Si racconta così Jamal Zubia, esponente dei rivoluzionari di Misurata ed ex capo del dipartimento dei media stranieri di Tripoli nominato da Khalifa Ghwell, primo ministro del defunto governo di salvezza nazionale della coalizione Libya Dawn (Alba libica).
La sua opinione, condivisibile o meno, sembra fondamentale per comprendere l’equazione libica ed evitare di ripetere gli errori commessi in passato, ora che l’inviato ONU, e capo della Missione di Sostegno delle Nazioni Unite in Libia (Unsmil), Abdoulaye Bathily, ha proposto un meccanismo che intende consentire l’organizzazione e lo svolgimento di elezioni presidenziali e legislative in Libia nel corso del 2023. Durante il suo recente briefing al Consiglio di Sicurezza, Bathily ha annunciato l’intenzione di istituire un gruppo direttivo di alto livello per la Libia. “Il meccanismo proposto – ha spiegato Bathily – riunirà tutte le parti interessate libiche pertinenti, compresi i rappresentanti delle istituzioni politiche, le principali figure politiche, i leader tribali, le organizzazioni della società civile, gli attori della sicurezza, le donne ei rappresentanti dei giovani.
Oltre ad agevolare l’adozione del quadro giuridico e della tabella di marcia con scadenze per lo svolgimento delle elezioni nel 2023, il gruppo proposto fornirà anche una piattaforma per promuovere il consenso su questioni correlate, come la sicurezza elettorale e l’adozione di un codice di condotta per tutti i candidati”. Dopo il lancio di questa iniziativa, Camera ed Alto Consiglio si sono precipitati ad approvare il 13mo emendamento, oltre ad annunciare la formazione di un comitato congiunto (6+6) per ridiscutere la legge elettorale.
– Grazie signor Jamal per aver accettato questa intervista, cosa ne pensa dell’iniziativa proposta da Abdoulaye Bathily?
“In passato, UNSMIL ha commesso molti errori. La signora Stephanie Williams, in particolare, ha sbagliato chiedendo elezioni senza una solida base costituzionale. Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite avrebbe potuto costringere in quel momento, l’HoR e l’HCS a raggiungere un consenso su una costituzione, ma ora è troppo tardi. Bathily non può fare nulla ora perché il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite è diviso. È molto difficile.
La Russia ha già criticato questa iniziativa. Inoltre, l’SRSG non è stata abbastanza chiaro. La priorità ora, secondo me, è avere elezioni parlamentari per sbarazzarsi degli attuali HoR e HCS, organi molto corrotti. Dovremmo avere un nuovo Parlamento per avere un ambiente politico migliore e meno tensioni. Non possiamo avere elezioni presidenziali e parlamentari. Haftar è un militare e la sua candidatura è contro ogni regola democratica”.
– Ma adesso Haftar sta lavorando bene con il premier Dabaiba, non c’è più un conflitto tra est ed ovest, o sbaglio?
“Non proprio! Basta vedere che Haftar non permette ai ministri del Governo di Unità Nazionale o allo stesso Dabaiba di viaggiare a est oa sud della Libia. I loro incontri si concentrano solo sul fatto che Dabaiba paghi sempre più soldi per poter lavorare. Quando il capo della CIA è venuto in Libia, la situazione è migliorata perché ha dato ordine ad Haftar, che tra l’altro è un cittadino americano, di lasciare che le forze di Dabaiba andassero a Sirte e nella Oil Crescent (Mezzaluna petrolifera nel Golfo della Sirte ndr)”.
– Quindi nei numerosi incontri ad Abu Dhabi di cosa stanno discutendo?
“Haftar vuole rappresentanti nel governo di Dabaiba e più soldi, mentre Abdel Hamid sta cercando di avere più influenza nella regione orientale. La sorella di Abdelhamid Dabaiba è sposata con Ali Dabaiba. Nei paesi musulmani, le ragazze possono sposare il cugino. Quindi, il padre di Abdelhamid e il padre di Ali sono fratelli”.
– Molto strano…
“Non strano, forse per i cattolici non è permesso…”.
– No, non abbiamo una legge specifica, ma è qualcosa che solitamente non facciamo. Ma andiamo avanti. Cosa ne pensa dell’operato del governo di unità nazionale?
“Ad essere onesti, Abdelhamid e suo cugino sono persone molto corrotte, ma stanno lavorando bene per il Paese. Durante il periodo Serraj, la maggior parte del denaro finisce nelle mani di funzionari corrotti. Ora, ovviamente, hanno delle commissioni, ma lavorano anche. Il governo ha costruito alcune strade, centri commerciali, fornito generatori, ripristinato scuole, università ed infrastrutture. Hanno costruito qualcosa di buono e consegnato novità al popolo libico. Serraj e il suo governo si stavano solo riempiendo le tasche”.
– E Fathi Bashagha? Nessuno parla di lui, ma credo che ci sia ancora…
“Il governo Bashagha è stato creato da Aguila Saleh, a casa sua. Era il piano della stupida intelligence egiziana dividere Misurata poiché sia Dabaiba che Bashagha sono di Misurata. Questo era il loro piano, dividere la nostra città, ma è stato fermato. Dal primo giorno, ho detto loro che Aguila non avrebbe potuto rimuovere il governo Dabaiba perché è stato nominato a Ginevra dal Libyan Political Dialogue Forum (LPDF). Bashagha non ha alcun sostegno, da nessun Paese, nemmeno dall’Egitto che l’ha creato”.
– Misurata ha sempre avuto un peso importante sulla scena politica libica, ma recentemente stiamo assistendo all’ascesa politica di un’altra città occidentale: Zawiya. C’è o no una certa competizione tra le due città?
“In realtà no, perché la popolazione di Misurata è di oltre 600mila persone, centinaia di migliaia di Misuratini sono a Tripoli e anche nella regione orientale, in particolare a Derna ea Tobruk. Misurata è molto meglio di Zawiya, che è divisa internamente e purtroppo sta assistendo a troppi scontri tra diversi gruppi armati locali. L’intelligence egiziana è riuscita a creare problemi lì, più che a Misurata, dove sono stati fermati subito. Anche le milizie di Misurata hanno detto a Bashagha che avrebbe potuto giocare fuori, ma non in città. Ora il ministro dell’Interno di Bashagha è di Zawiya, Busriba, uno dei principali contrabbandieri di petrolio. Suo fratello è diventato milionario perché ha creato una milizia per proteggere lui e i suoi traffici”.
Vanessa Tomassini è una giornalista pubblicista, corrispondente in Tunisia per Strumenti Politici. Nel 2016 ha fondato insieme ad accademici, attivisti e giornalisti “Speciale Libia, Centro di Ricerca sulle Questioni Libiche, la cui pubblicazione ha il pregio di attingere direttamente da fonti locali. Nel 2022, ha presentato al Senato il dossier “La nuova leadership della Libia, in mezzo al caos politico, c’è ancora speranza per le elezioni”, una raccolta di interviste a candidati presidenziali e leader sociali come sindaci e rappresentanti delle tribù.
Ha condotto il primo forum economico organizzato dall’Associazione Italo Libica per il Business e lo Sviluppo (ILBDA) che ha riunito istituzioni, comuni, banche, imprese e uomini d’affari da tre Paesi: Italia, Libia e Tunisia. Nel 2019, la sua prima esperienza in un teatro di conflitto, visitando Tripoli e Bengasi. Ha realizzato reportage sulla drammatica situazione dei campi profughi palestinesi e siriani in Libano, sui diritti dei minori e delle minoranze. Alla passione per il giornalismo investigativo, si aggiunge quella per l’arte, il cinema e la letteratura. È autrice di due libri e i suoi articoli sono apparsi su importanti quotidiani della stampa locale ed internazionale.