L’Europa che vuol boicottare il gas russo alla fine lo compra lo stesso e ci rimette pure
È da un anno che sentiamo i politici europei proclamare l’imminente liberazione dei loro Paesi dalla spaventosa condizione di dipendenza dal gas russo. Una dipendenza talmente rovinosa che le compagnie europee hanno investito per anni in progetti comuni con Gazprom. La Germania era in testa, con la maestosa rete di gasdotti Nord Stream che intendeva cambiare per sempre la mappa delle forniture continentali. Dopo che le sanzioni si sono fatte più stringenti (e pure piene di eccezioni) e dopo che la Russia stessa ha iniziato a chiudere qualche rubinetto, l’Europa dice di essersi ampiamente affrancata dalla dipendenza energetica da Mosca. Ma è davvero così? I dati presentano una realtà diversa, molto variegata.
La Germania non ha abbastanza gas
Il Ministero tedesco dell’Economia ha stimato che la Germania è lontana “anni” dal poter sostituire le importazioni di gas russo con quelle di gas naturale liquefatto (GNL). Per dare energia e calore a cittadini e aziende, Berlino ha dovuto riaprire le centrali a carbone – inquinantissime – in barba all’intero manifesto politico dei Verdi, oggi al governo proprio con ministeri-chiave come Esteri ed Economia.
Eppure l’obiettivo adesso viene limitato a costruire le infrastrutture per poter importare le medesime quantità di gas di prima del conflitto, senza doversi rivolgere a Mosca. È quanto dichiarato al giornale americano Bloomberg dal cancelliere Olaf Scholz, mentre dal dicastero economico specificano che bisognerà aspettare il 2026 per arrivare alla capacità di 56 miliardi di metri cubi di GNL, equivalente al volume acquistato dalla Russia nel 2021. Scholz ha detto che il Paese ha imparato la lezione di essere troppo dipendente dalla Russia.
Ma quale sarebbe il vantaggio di tale “lezione” se i tedeschi devono giocoforza tagliare i consumi per poi comunque acquistare a caro prezzo da altri Stati come Norvegia e Olanda? La realtà sembra invece essere questa: La strategia tenuta sotto silenzio è che la Germania continuerà a pagare prezzi assurdi, mentre altri Paesi meno ricchi rimarranno a mani vuote, spiega il deputato del partito Die Linke Christian Leye.
Il caso Danimarca
La confinante Danimarca sembra cavarsela meglio, ma è solo grazie all’aver risparmiato con grande attenzione le riserve di gas. Viene infatti raccomandato ai cittadini di non abbandonare le buone abitudini di parsimonia soltanto perché si è già arrivati oltre la metà della stagione fredda. Kristian Rune Poulsen dell’organizzazione non commerciale Green Power Denmark precisa infatti che nel 2022 i danesi sono riusciti a consumare il 37% in meno di gas rispetto al 2021. Parte di questa quantità è stata effettivamente non utilizzata, mentre un’altra parte è andata sotto forma di altre fonti energetiche. Tutti concordano nel dire che non appena si smetterà di risparmiare, il problema delle forniture si ripresenterà il prossimo anno. L’importazione diretta dalla Russia è diminuita moltissimo, ma a Copenhagen sono consapevoli che il gas che comprano è comunque russo, anche se arriva per esempio dalla Turchia o dalla stessa Ucraina.
La Russia aumenta produzione ed esportazione
E mentre i clienti occidentali in un modo o nell’altro comprano di meno, i russi non restano certo fermi. Mosca vuole intensificare le vendite ai partner asiatici. Per questo motivo sta lavorando con l’Uzbekistan per organizzare le forniture ai Paesi dell’Asia centrale sfruttando un gasdotto già in funzione, ma che attualmente porta il combustibile nel senso opposto. Lo ha rivelato lo stesso governo uzbeko, il cui Ministro dell’Energia ha concordato con Gazprom le caratteristiche tecniche di tale operazione, mentre i termini commerciali sono ancora in via di discussione.
In estremo oriente, intanto, grazie ai prezzi alti e ai contratti a lungo termine con gli acquirenti asiatici, si prevede addirittura di raddoppiare gli introiti del gas naturale liquefatto (GNL) degli impianti del Sakhalin-2. La Gazprom detiene la metà delle quote del progetto. La britannica Shell aveva in precedenza abbandonato la sua parte, ma sono rimasti gli azionisti giapponesi, Mitsui & Co e Mitsubishi Corp. La quota della Shell è ora in mano alla Sakhalin Energy. Questo sono le prospettive russe a sud e ad est. Pure a nord vi sono buone notizie per il settore energetico russo.
La Novatek ha infatti scoperto altre riserve di gas nella penisola di Gyda, nella Siberia nord-occidentale. Si pensa che questo giacimento, denominato Girya in onore del geologo co-fondatore della compagnia Viktor Girya, possa essere determinante per sviluppare il progetto Arctic LNG-1, a sua volta importante per raggiungere l’obiettivo di triplicare la produzione di gas naturale liquefatto entro il 2030.
Con le sanzioni arriva pure la zappa sui piedi
La Novatek ha registrato lo scorso anno un aumento del 6,3% delle esportazioni di GNL, spinte proprio dai boicottagi della UE al combustibile portato dai gasdotti. I maggiori acquirenti europei di GNL russo sono Belgio e Spagna, seguite da Francia e Olanda. Gli obiettivi di aumento della Novatek sono ostacolati però dalla progressiva mancanza delle tecnologie e dei materiali necessari, dovuta alle sanzioni e all’uscita dei partner occidentali dai progetti congiunti. Le sanzioni tanto sbandierate da Bruxelles, però, non sono seguite proprio da tutti e presentano per i Paesi europei alcuni effetti collaterali, anzi un vero e proprio effetto boomerang.
Si può citare la francese TotalEnergies, che pur avendo simbolicamente ritirato i propri rappresentanti dal consiglio di amministrazione di Novatek e concretamente diminuito l’apporto di capitale, intende restare coinvolta nello sfruttamento dell’impianto Yamal LNG.
D’altro canto, privando le compagnie russe della tecnologia utile all’estrazione e alla lavorazione del combustibile, l’Europa ne riceverà comunque di meno, posto che non riuscirà ad eliminarne totalmente la necessità, salvo desertificare tutti i comparti industriali e lasciare al freddo gli edifici. Ed è escluso anche il rivolgersi completamente ad altri fornitori come Stati Uniti e Qatar, perché ulteriori aumenti dei prezzi potrebbero essere fatali.
Proprio la scorsa settimana la Commissione Europea ha approvato a beneficio dell’Austria un pacchetto di aiuti da 100 milioni di euro. La finalità della misura è di ridurre il consumo di elettricità almeno fino a marzo e nel contempo contenere i prezzi dell’energia elettrica. Così, dopo un anno che sentiamo i politici europei proclamare l’imminente liberazione del continente dalla spaventosa condizione di dipendenza dal gas russo, ci troviamo in un modo o nell’altro a pagare più soldi per avere di meno, dopo che per anni le compagnie europee hanno investito in progetti comuni con Gazprom, Germania in testa.
52 anni, padre di tre figli. E’ massimo esperto di Medio Oriente e studi geopolitici.