L’errore logico e culturale che rende inapplicabile un Patto di Stabilità storicamente fallito
L’attuale dibattito sul Patto di Stabilità e Crescita è in una sorta di continua ridefinizione che lo rende inidoneo alla sua funzione perchè il modello socioculturale su cui è stato fondato è stato cancellato dalla storia e dalla sua effettività.
E’ perfettamente inutile continuare a discutere sulla sua sistematica rimodellazione quando la realtà dimostra che va profondamente ripensato e ridisegnato. Stiamo perdendo tempo e risorse per cercare di adattare lo schema di un patto ad una realtà che non è più in grado di interpretare. In altri termini pretendiamo che la realtà si adatti al modello razionale perfetto e non il viceversa, come sarebbe più logico dovrebbe essere.
Un po’ di storia
Proviamo a ricostruire la sua storia le sue traversie e spiegare, perchè i principi della razionalità assoluta e del determinismo finalistico, affermatisi negli anni Novanta, hanno fallito. Un fallimento delle scienze sociali trasformate erroneamente in scienze esatte come sostiene il nobel Ilya Prigogine nel suo splendido lavoro “La fin des certitudes. Temps, chaos, les lois de la nature“. Non è più il tempo della razionalità assoluta applicata alle scienze sociali. Un assunto che la storia sta drammaticamente dimostrando.
Il patto di stabilità e crescita, vero Moloch della nostra Amministrazione, ha una storia di oltre venti anni. E’ entrato in vigore tra il 1998 ed il 1999 in concomitanza con l’avvio dell’Euro. Nel patto vengono inclusi i limiti, intramontabili nonostante sia cambiato il mondo del 3% al rapporto deficit/pil e del 60% del debito rispetto al PIL. E per assicurare il loro rispetto vengono pensati un “braccio preventivo” ed un “braccio correttivo” che possono portare a sanzioni pari allo 0,2% del Pil.
Nel tempo si sono poi agganciati altri strumenti come il fiscal Compact irrigidendo il “braccio preventivo”. Queste regole fiscali si sono aggiunte in modo disarmonico, a volte sovrapponendosi con un deludente risultato. Insomma siamo ancora qui con il vecchio e malandato Patto che si presenta come un insieme di norme, oscuro agli stessi estensori ma soprattutto complesso, impreciso e arbitrario.
I nuovi pilastri
Allora a questo punto si provano a porre i nuovi pilastri per l’incrinato e destabilizzato Patto. E qui sorgono i problemi derivanti dalla sua ormai superata modellazione fondata su un’economia da troppo tempo considerata razionale ed in grado di prevedere il futuro basata su una finanza-economia considerata verità assoluta: il modello da seguire !
Nel 1994 il Nobel Lucas sosteneva la razionalità dei mercati ed il fatto che non sbagliassero mai. La storia ha bocciato la pretesa, irrazionale, di una finanza che si è eretta a verità incontrovertibile. Era nato negli anni Settanta il modello culturale che ci avrebbe portato al caos. Il patto di stabilità trova le sue radici in quel modello culturale che crea aspettative razionali e sembra guidare in modo automatico l’economia e la finanza.
Assunti errati
Il patto nasce come bibbia che non sbaglia mai e definisce un modello a cui adattarsi senza capire che lo stesso Patto deve creare le condizioni per cui una realtà, profondamente diversificata e per nulla conciliante, deve essere avviata invece nel rispetto delle diversità. Senza imporre un rigido modello a cui non si adatterebbero nemmeno le scienze esatte.
Nella finanza e nell’economia pensate in quel tempo si muove un pensiero magico delle aspettative razionali, del modello perfetto a cui è necessario adattarsi senza capire che la realtà è il contrario. I mercati si muovono su aspettative non su certezze e conoscenze certe. Per cui si realizzano in modo molto diverso da quello che ci aspetteremmo se fossero basati realmente sulle conoscenze.
Un modello perfetto nella teoria ma non nella pratica
L’attenzione esasperata alla normazione ha trasformato la governance della UE in un esercizio di eccessiva e finalistica burocrazia, fondata su una razionalità inesistente di modelli fatti a tavolino che ha finito per costituire un apparato giuridico-burocratico assunto come norma assoluta totalmente distante nella sua razionalità ottusa dalle singole e diverse realtà.
Realtà che si sono trovate a rincorrere nei dettagli, spesso insignificanti, una normazione che rispondeva solo a sè stessa prendendo il sopravvento sulle persone stesse e sulle società che dovevano aiutare in una ricerca di equilibri particolari. Come aveva sostenuto Weber la burocrazia razionalizza le procedure che prendono il sopravvento sulle persone e sulle società invece di fare il contrario . Questa forma pervasiva del modello razionale che disciplina la realtà diventa invasiva e pericolosa perchè si innalza sulla realtà ed implica la gestione non tanto di oggetti, macchine e procedure, quanto piuttosto di esseri umani che devono ubbidire alle procedure razionali. E’ la realtà a sbagliare ma non il modello che è razionale.
Regole superate dalla storia
Inoltre dal momento della sua costituzione è cambiato il mondo con guerre, povertà, bolle finanziarie fatte da una finanza fuori controllo, disoccupazione, povertà crescente, emigrazioni epocali, geopolitica caotica, la pandemia che ha indebitato i paesi… e poi altro ancora. Ma noi siamo ancora qui colpevolmente a discutere di un patto di (in)stabilità e (de)crescita che la Storia ha cancellato nel suo modo di essere concepito.
Siamo di fronte ad un rudere pericolso che sta creando complessità e disunione fra i paese dell’Euro. Diciamo che è ora di gettarlo alle ortiche prima che sia lui a farlo con noi unitamente ai suoi progettisti. Perchè non si può risolvere un problema con il pensiero che l’ha creato.
È Dottore commercialista, revisore contabile e Professore ordinario di Economia Aziendale, Università Bocconi. Docente senior dell’Area Public Management & Policy della SDA Bocconi. Ha insegnato presso l’Università di Parma e Trento. È stato visiting professor alla Harvard Business School e alla Harvard School of Public Health.
Ha rivestito il ruolo di membro della Commissione sul riordino dei sistemi di controllo presso il Dipartimento della Funzione Pubblica; componente dell’Accademia Italiana di Economia Aziendale e della Società Italiana di Storia della Ragioneria; membro del Comitato scientifico nazionale di Legautonomie; membro del Comitato scientifico dell’European Centre for Public Affairs, Bruxelles; membro del Consiglio Generale della Fondazione Cari-Parma e membro del Comitato editoriale delle riviste Azienda Pubblica ed “Economia & Management”.
Membro del Comitato Scientifico Editoriale della Rivista “Azienda Pubblica”, Maggioli Ed., Rimini , della Rivista “Economia & Management” RCS Ed. Milano, “Quaderni di ricerca sull’Artigianato”, Mestre , della rivista “Finanza” , Roma, Membro del comitato scientifico della rivista “I controlli nelle società” dell’Ordine dei Dottori commercialisti di Milano.
E’ stato membro della Commissione sui principi contabili delle amministrazioni pubbliche presso il Ministero dell’Interno