La passione di verità e la ricerca del vero sono gli antidoti ai mali dell’Occidente. Intervista con Marcello Veneziani

La passione di verità e la ricerca del vero sono gli antidoti ai mali dell’Occidente. Intervista con Marcello Veneziani

24 Maggio 2023 0

Marcello Veneziani è pensatore e saggista poligrafo (ma mai superficiale), il quale ha preferito, anziché la “torre d’avorio” dell’astrattezza ideologica, un’adesione lucida alla realtà. Fatto non scontato in questo tempo così ricco di polarizzazioni, tra fautori della “gassosità” culturale, sessuale e complottisti dai toni apocalittici/profeti di sventura.

I suoi testi più recenti sono: Scontenti. Perché non ci piace il mondo in cui viviamo,  in cui egli ha indagato le cause, le forme e le conseguenze dello “scontento” che caratterizza l’Occidente d’oggi, e favorisce protesta e rancore; e Cesare Pavese il mito, nel qual troviamo lo scrittore di Santo Stefano Belbo è presentato in una veste poco nota, ossia quella di esploratore del mito, del simbolo, del mistero e della poesia, temi che gli costarono conflitti e polemiche con la cultura marxista allora egemone e con l’Intellettuale collettivo, che si esprimeva nel Partito Comunista.

Lo abbiamo intervistato, percorrendo un itinerario ideale, allo scopo di riflettere sulle sfide culturali e spirituali odierne – in primis il nichilismo e il fanatismo delle polarizzazioni ideologiche – che sono chiamati ad affrontare tutti gli uomini di buona volontà, cattolici e non.

Infografica - La Biografia dell'intervistato Marcello Veneziani
Infografica – La Biografia dell’intervistato Marcello Veneziani

Alla fine, Veneziani, se dovessimo andare all’origine dei problemi, potremmo dire che il male incurabile dell’Occidente è quest’“alleanza” tra nichilismo e relativismo, cioè tra il “niente è importante” e il “va bene tutto”?

Non è un’alleanza, è una conseguenza. Il relativismo presuppone il nichilismo e produce nichilismo, e viceversa. Vi possono essere forme incoerenti e incompiute di relativismo che non esplicitano la destinazione ultima, il nichilismo. E forme distorte e incoerenti di nichilismo che partono dal relativismo e arrivano al suprematismo, cioè a forme di egemonia o dispotismo. Oggi a me pare invece che i due opposti negativi siano il nichilismo e il fanatismo, cioè l’assenza di scopo, significato e valore da una parte e la pretesa di ingabbiare il mondo, l’umanità, dentro il monopolio della propria assoluta verità.

– Perché sostiene che il politicamente corretto è pericoloso? Al contrario, quanto è importante l’identità di un popolo?

Il politicamente corretto è la negazione della realtà, della storia e della natura nel nome di un codice ideologico che decreta la falsificazione dei fatti, del comune sentire e perfino del linguaggio.

L’identità di un popolo è invece legata al senso comune, all’esperienza reale della vita, ai suoi limiti e alle sue imperfezioni. La sua cultura passa inevitabilmente per la tradizione sedimentata nel tempo e tra le generazioni, quel patrimonio di pratiche, riti, simboli, religioni, costumi e linguaggi che ne costituiscono poi la sua provenienza.

Nell’era della post-verità e della globalizzazione cosa deve fare l’uomo per non sentirsi solo e senza un destino? 

Deve connettersi, ma in questo caso non a una rete, a un social, a un’emittente; ma connettersi alle persone reali che vivono accanto a lui, alla famiglia, alla città, alla propria patria, a coloro che condividono idee e sensibilità; e connettersi a coloro che furono e a coloro che saranno, cioè collegarsi a una tradizione, e dunque a un passato e a un avvenire, liberandosi dalla dittatura del presente.

In Alla luce del Mito lei si concentra sulla questione “verità”. Eppure, oggi questa parola è diventata un tabù, un ostacolo che impedirebbe la vera democrazia, la vera tolleranza, addirittura la misericordia della vera fede…

Non c’è pensiero e non c’è umanità se non c’è passione di verità e ricerca del vero. Ma la verità diventa pericolosa quando qualcuno pretende di detenerne il monopolio e di parlare nel nome della verità. Come per i fanatici e i nichilisti i pericoli vengono da due versanti opposti: da chi nega la verità e da chi ne impone un surrogato di cui si ritiene depositario.

Dove va la Chiesa del terzo millennio? È possibile una sintesi tra la “verità” di Benedetto e la “carità” verso la modernità di Francesco o sono due vie inconciliabili?

È possibile benché arduo, ma il problema principale è l’indifferenza dei contemporanei al messaggio cristiano. In fondo, Benedetto, nel solco di Giovanni Paolo II, cercò di risvegliare la Verità nell’Occidente ma fu sconfitto dall’ateismo pratico; Francesco gode di una vasta popolarità mediatica e di una simpatia tra i non credenti ma non è riuscito a ridestare il messaggio cristiano. E non si può pensare di colmare il vuoto di Dio col pieno di migranti; l’accoglienza rischia di ridurre la chiesa a una specie di Ong…

Vede una futura divisione dentro la Chiesa o addirittura uno scisma?

La divisione è nei fatti, lo scisma è possibile. Ma bisognerebbe prima tentare l’impresa di ritrovare il motivo di fondo della missione evangelica, lasciando poi a ciascuno la possibilità di interpretare in modo diverso le sensibilità sociali e culturali.

– Secondo lei, in quale momento storico sono iniziate le difficoltà che oggi vediamo della Chiesa?

Non si può ritrovare una data perché ogni volta che si scorge il punto di frattura, si risale ancora indietro fino a Lutero e prima ancora alle sette ereticali… Nella storia più recente, invece, il punto di crisi coincide con il Concilio Vaticano II. E con la triste considerazione che il cattolicesimo progressista si è sentito più vicino ai progressisti non cattolici che ai cattolici non progressisti. Col risultato che si sono aperte ferite incolmabili.

Nel suo libro Tramonti scrive che la decadenza dell’Occidente consiste nella perdita del passato, del futuro e del soprannaturale. Ritiene possibile un Occidente senza Chiesa o dall’altra parte una Chiesa senza Occidente?

La Rivelazione è un cammino ulteriore per i credenti. Alla luce della fede il soprannaturale è l’itinerario della mente in Dio, per dirla con san Bonaventura. La scoperta di Dio. E dunque il futuro è solo un acconto d’immortalità, una promessa di vita eterna. Ma non a tutti è dato incontrare la fede. Mi è difficile immaginare un Occidente senza Chiesa e viceversa, ma tutto può accadere…

Daniele Barale
Daniele Barale

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