La Nuova Zelanda rimanda ancora l’adesione all’AUKUS

La Nuova Zelanda rimanda ancora l’adesione all’AUKUS

23 Maggio 2024 0

La Nuova Zelanda non ha ancora accettato di aderire all’AUKUS, il Patto di difesa fra Australia, Regno Unito e Stati Uniti. Sta rimandando il suo ingresso da più di un anno, da quando era ancor in carica la precedente premier Jacinda Ardern. Gli alleati angloamericani stanno cominciando a innervosirsi.

Il vero scopo dell’AUKUS

AUKUS, dall’acronimo di Australia, UK e USA, è un accordo di sicurezza lanciato nel settembre 2021. Lo scopo dichiarato è rafforzare il cosiddetto “ordine internazionale basato sulle regole” nella regione dell’Indo-Pacifico, per rendere quest’ultima “sicura, stabile e resiliente”. L’applicazione pratica del Patto aveva già creato qualche disguido diplomatico con la Francia, ma oggi l’attenzione si concentra sulla Nuvoa Zelanda. Dietro alle formule diplomatiche c’è il vero obiettivo che gli alleati non si sforzano di nascondere: la deterrenza alla Cina. Per avvicinarsi allo scopo, la partecipazione della Nuova Zelanda è fondamentale, ma Wellington si sta dimostrando recalcitrante. Il ministro degli Esteri Winston Peters ha dichiarato che il governo è ancora lontano dall’esssere in grado di prendere questa decisione. Per il momento sta valutando i pro e i contro dell’adesione al cosiddetto “pilastro 2” del Patto.

I due pilastri del Patto

La Nuova Zelanda ha esclusione la sua partecipazione al “pilastro 1”, le cui caratteristiche confliggono la tradizionale politica non-nucleare del Paese. In questo senso il pilastro due risulterebbe accettabile, perché riguarda tecnologie avanzate come l’intelligenza artificiale, i missili ipersonici e la guerra cibernetica, ma non le armi nucleari. Nel marzo dello scorso anno gli USA diedero il via alla possibilità dell’adesione neozelandese, ma Wellington sta ancora studiando le proporzioni fra costi e benefici e la rispondenza ai suoi interessi nazionali. In realtà sa benissimo che l’impegno reale è quello di controbilanciare l’influenza cinese nella regione. Dunque non è sulle caratteristiche tecniche del Patto, ma sui rapporti con Pechino che sta valutando le controindicazioni.

A Wellington temporeggiano

Entrare nell’AUKUS significa mettersi contro la Cina in modo esplicito, ma rifiutare in fretta sarebbe interpretato come eccessivo gesto di compiacenza verso Pechino. Nel Pacifico, Wellington ha sviluppato un suo corso diplomatico che la distingue da quello classico della cosiddetta anglosfera. Cambiare rotta all’improvviso potrebbe non apportare benefici, ma creare difficoltà. D’altra parte, la Cina è pur sempre il partner commerciale principale della Nuova Zelanda. Questa potrebbe essere la ragione fondamentale per i suoi tentennamenti. In realtà prendere tempo aiuterebbe anche a preparare l’opinione pubblica ad accettare il completo ritorno nella sfera di influenza angloamericana. Il ministro Peters ha infatti detto che si passerà alla fase pratica del progetto soltanto se e quando tutti i partiti lo riterranno opportuno.

Pechino non gradisce

La Cina ha comunque già fatto sapere di non gradire l’adesione neozelandese all’AUKUS. L’ambasciatore Wang Xiaolong ha infatti detto di sperare che Wellington tenga in considerazione i suoi “interessi fondamentali a lungo termine” e che voglia promuovere “lo sviluppo di relazioni bilaterali sane e stabili”. Pechino teme che l’AUKUS finisca per aumentare la tensione, rovinando “una pace conquistata con fatica” e facendo scattare nella regione una corsa agli armamenti. Infatti i cinesi sanno che il pilastro 2 non è una semplice piattaforma di scambio di tecnologie avanzate, ma uno strumento di supporto alla cooperazione militare di tipo nucleare.

Il rischio di rovinare 50 anni di buone relazioni

La Nuova Zelanda rischia così di distruggere mezzo secolo di diplomazia che le ha permesso di godere di uno status equilibrato e proficuo nell’area del Pacifico. È questo il pensiero di David Mahon, esperto di finanza e capo della Mahon China Investment Management Limited. Considerato che l’economia cinese si espanderà anche nel 2025, con conseguente domanda di import e di investimenti, a Wellington semplicemente non conviene mettersi contro proprio adesso.

Certo, gli USA stanno facendo grande pressione affinché si unisca del tutto al fronte di contenimento anti-cinese, ma sarebbe una mossa suicida il rinunciare ai benefici dei rapporti sereni e degli scambi commerciali con la Cina. Sarebbe qualcosa di negativo se non altro perché vanificherebbe gli sforzi fatti in cinquant’anni per seguire i principi del diritto internazionale e non la logica delle alleanze militari. E se parliamo di “ordine internazionale basato sulle regole”, spiega Mahon, allora occorre ricordare le volte in cui lo ha violato proprio il blocco euroatlantico. Per esempio con l’invasione dell’Iraq, alla quale la Nuova Zelanda rifiutò di dare sostegno.

Marco Fontana
marco.fontana

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