La nuova vita dei greci di Mariupol dopo la resa del battaglione Azov
Con la sconfitta delle truppe ucraine e la resa del battaglione neo-nazista Azov il 20 maggio a Mariupol, assisteremo a sviluppi interessanti per quanto riguarda le minoranze etniche che abitano l’Ucraina. Lo si vedrà in particolare con il gruppo consistente dei cosiddetti “greci del Mar Nero”, circa 100mila persone che abitano in gran parte proprio a Mariupol e nel Donbass. La loro situazione non potrà che migliorare dopo gli ultimi anni in cui la discriminazione è stata più o meno evidente, soprattutto in considerazione del fatto che sono sì di etnia greca, ma pure di lingua russa. La discriminazione non conclamata, più strisciante, arrivava sui media internazionali con molta difficoltà e sporcata dal pregiudizio di essere una fake news: si tratta dell’odio instillato nella popolazione ucraina verso le minoranze etnico-linguistiche. La presenza finanziata e appoggiata politicamente di una formazione di ispirazione nazista quale l’Azov mostra la pericolosa tendenza lungo la quale la società ucraina scivolava con velocità crescente. Specialmente nel periodo appena prima dell’inizio dell’operazione speciale russa, sono state riferite le testimonianze di coloro che temevano il razzismo di Kiev più dell’attacco di Mosca.
Il quotidiano ateniese “I Kathimerini”, di orientamento moderato e di ottima reputazione giornalistica, ha riferito le parole di un residente di Mariupol di origine greca, Roman Karpalov, il quale spiegava come la condizione della sua minoranza sia andata deteriorandosi a partire dalla “rivoluzione di Maidan” del 2014. Karpalov racconta di aver visto sui muri del Consolato greco scritte come Greci andatevene, mentre gli ucraini “puri” chiedevano di smettere di parlare in greco. Non risparmia neppure le critiche alla burocrazia ellenica, secondo lui molto lenta nel fornire la possibilità di ottenere il passaporto greco: alcuni hanno dovuto attendere più di cinque anni per avere la nazionalità greca, che ricadendo sotto la giurisdizione UE poteva forse fornire qualche protezione in più nei casi di trattamento iniquo. Un’altra cittadina di ascendenza ellenica, Viktoria Sapovalova, residente a una sessantina di chilometri dalla linea di contatto col territorio controllato dai separatisti filo-russi, si lamentava dell’improvvisa attenzione mondiale rivolta al conflitto in fase di escalation, quando invece da sette anni si conviveva già col rumore delle periodiche esplosioni degli ordigni ucraini. Tali testimonianze sono in linea con quanto riporta anche il “Greek City Times”, giornale accusato in passato di posizioni anti-albanesi e che oggi racconta il travaglio esistenziale dei greco-ucraini. Elena Kalinina, nata e cresciuta nel Donbass e oggi abitante in Grecia, racconta la sua esperienza: rimasta in contatto con la famiglia e gli amici che vivono là, Elena spiega gli abusi subiti dall’amministrazione centrale di Kiev per tutti questi anni, dal taglio di acqua e luce ai residenti delle zone sotto il controllo dei separatisti, alle difficoltà nel ricevere la pensione, oltre alle violazioni degli accordi di Minsk in una regione martiorata da armi di grosso calibro. Le cose andavano peggio per quelli di origine greca, perché in quanto russofoni si sentivano minacciati per motivi sia etnici che linguistici. La comunità dei greci del Mar Nero ha al suo interno posizioni differenti, ma secondo Elena vi è la sensazione che i russi non permetteranno più che gli ucraini maltrattino queste persone. In particolare, dopo i ferimenti e le uccisioni di alcuni di loro, vi è stato chi si è apertamente unito alla causa russa. Un esempio è stato raccolto persino dal Financial Times, che a febbraio dava la conferma del Ministero degli Esteri di Kiev e del suo omologo di Atene su un fatto sanguionoso avvenuto a Granitne, nel sud-ovest del Donbass: l’uccisione di due appartenenti alla comunità greca di Mariupol e il ferimento grave di altri due.
Della discriminazione a livello legislativo contro i greci e le altre minoranze il Parlamento Europeo si era interessato più di una volta. Già nel 2014 era stata presentata un’interrogazione alla Commissione, a seguito di varie denunce sull’atmosfera di paura e sulla violenza verbale o addirittura fisica contro chi usava la lingua madre al posto dell’ucraino, e sulla messa al bando dell’uso di altre lingue nella vita pubblica. Si è poi arrivati alla legge del 2017 sull’idioma da usare a scuola, che colpendo il bilinguismo con il russo (parlato proprio dai greci di Mariupol) ha finito per discriminare anche le minoranze di Paesi membri dell’Unione Europea come Bulgaria, Polonia, Romania, Ungheria e appunto la Grecia, oltre alla Moldavia. I politici e gli analisti di tali Paesi hanno criticato aspramente questa legge, che contrasta in maniera eclatante coi valori fondanti dell’Unione Europea, nella quale l’Ucraina vorrebbe entrare.
Ma cosa si dice in Grecia a proposito della situazione? Se da un lato il governo di Kyriakos Mitsotakis ha preso sin da subito una netta posizione filo-ucraina ed è stato fra i primi in Europa ad inviare a Kiev non solo medicinali, ma anche notevoli aiuti militari, dall’altro una fetta rilevante di popolazione si è espressa favorevolmente alla Russia. Come sottolineato dal professor Nikos Marantzidis dell’Università di Macedonia, l’opinione publica greca ha una dimensione russofila, sentimenti di amicizia connessi con la storia, una cultura comune basata sull’ortodossia, e alcuni provano diffidenza per l’Occidente. Secondo il docente universitario, l’atteggiamento sospettoso verso l’ovest deriva dai quasi dieci anni di austerità imposta dall’Unione Europea – Germania in testa – e dal ricordo del bombardamento NATO sulla vicina Serbia nel 1999. Da un sondaggio effettuato dopo l’inizio del conflitto, meno della metà dei rispondenti si è detto dalla parte dell’Ucraina, mentre il 20% si dichiara vicino a Mosca e più del 60% è critico verso Zelensky. E proprio quest’ultimo, col suo discorso del 7 aprile al Parlamento greco, ha sollevato pesanti polemiche nel mondo politico di Atene. Nel suo intervento al Voulì ton Ellìnon ha chiesto armi e ha invocato l’embargo del gas russo, in maniera non dissimile da quanto fatto con altri Parlamenti in giro per il mondo; stavolta però, nell’appellarsi ai legami storici fra i due Paesi, ha mostrato il video di un miliziano appartenente al famigerato battaglione Azov, che si è identificato come avente origini greche. La sessione parlamentare nella quale è intervenuto il presidente ucraino è stata boicottata dai deputati di diversi partiti, mentre il video del sedicente greco dell’Azov è stato commentato così dall’ex premier Alexis Tsipras: La solidarietà verso l’Ucraina è dovuta. Ma un nazista non può dire la sua in Parlamento. Inoltre, un portavoce del governo greco ha definitio quel video-messaggio erroneo e inopportuno. Come reagirà Atene alla nuova vita – si presume più libera di prima – dei greci di Mariupol, città che adesso è di fatto parte della Repubblica Popolare di Donetsk? Il governo greco aveva giurato di non abbandonare la sua comunità etnica: ora vedremo come concilierà questa promessa col suo atteggiamento fortemente anti-russo.
52 anni, padre di tre figli. E’ massimo esperto di Medio Oriente e studi geopolitici.