La nuova legge sulla mobilitazione allarga il dissenso fra Zelensky e i comandi militari. Intanto gli ucraini continuano a disertare

La nuova legge sulla mobilitazione allarga il dissenso fra Zelensky e i comandi militari. Intanto gli ucraini continuano a disertare

7 Gennaio 2024 0

Con la conferenza stampa di dicembre e l’intervista all’Economist di qualche giorno fa, Zelensky ha provato a correggere le sensazioni negative dell’opinione pubblica occidentale verso di lui e verso l’Ucraina. A parole è riuscito in parte a girare la frittata a suo vantaggio, ma una lettura più attenta delle sue dichiarazioni rivela crepe profonde che si stanno allargando.

A chi si lamenta del fallimento della controffensiva, risponde dicendo che i militari pretendono troppo e i partner occidentali danno troppo poco. Nel frattempo, però, ha cancellato l’opposizione, annullato le elezioni e adesso subisce le picconate dei politici che lo accusano di essere accentratore e autoritario.

Il peggioramento progressivo dell’immagine di Zelensky

La recentissima intervista all’Economist getta nuove ombre sull’effettiva situazione di Kiev. Al di là dei contenuti che – forse involontariamente – rivelano i pessimi rapporti fra governo e comandi militari, il linguaggio usato dalla testata britannica segna un’ulteriore passaggio nella modifica della presentazione di Volodymyr Zelensky ai lettori.

In effetti è tutto il mainstream angloamericano, e di riflesso quello europeo, che sta modificando l’immagine del presidente ucraino: da eroe senza macchia e senza paura a personaggio ambiguo e fallibile, vittima delle sue eccessive ambizioni e incapace di interpretare correttamente la realtà. L’Economist ne parla quindi come di un uomo che ha ormai perduto la sua carica giovanilistica e che ha creato aspettative esagerate prima della controffensiva, finendo così per generare un senso di delusione.

Il mutamento dello storytelling occidentale

Questa descrizione, così diversa dai toni trionfalistici usati finora, fa sì che l’opinione pubblica occidentale si prepari ad accettare come naturale, anzi doveroso, che il presidente lasci presto il posto a un successore. Che lo faccia volontariamente o in maniera forzata, con elezioni o con un colpo di mano, è ancora tutto da vedere. Diversi esperti comunque parlano già di manovre fatte per proporre un candidato approvato e sostenuto dagli alleati occidentali. In questo momento, il nome più accreditato è quello del comandante in capo delle Forze armate, il generale Valery Zaluzhny.

Quest’ultimo aveva rilasciato a inizio novembre proprio all’Economist un’intervista nella quale parlava apertamente del fallimento della controffensiva e della sua trasformazione in stallo. Come scrive oggi il giornale britannico, quelle parole avevano fatto arrabbiare molto il presidente ucraino, che le ha poi sfruttare per giustificare l’annullamento delle elezioni e il suo appello alla necessità di una “mobilitazione della società ucraina e del mondo” per continuare a combattere.

Zelensky se la prende coi cittadini e coi vertici militari

Secondo Zelensky, dopo il rinvio sine die delle presidenziali, gli ucraini si sarebbero interessati troppo alle questioni interne e troppo poco della guerra.

Se continuiamo a focalizzarci sulla politica nazionale, dovremo indire le elezioni. (…) Ma allora scordatevi altre operazioni di controffensiva e di de-occupazione, avverte. La mobilitazione non riguarda solamente i soldati che vanno al fronte, ma riguarda tutti noi. È la mobilitazione di tutti gli sforzi.

Conclude accennando al numero crescente di disertori: Il lavoro più importante che un ucraino possa fare adesso è di stare in Ucraina.

E non si limita a bacchettare la società: se la prende soprattutto coi comandi militari, che invece di portargli la riconquista della Crimea e la sconfitta della Russia – da lui preannunciate tempo fa – continuano a pretendere più armi e più soldati. Ora vorrebbero addirittura mezzo milione di uomini per tenere il fronte. E sarebbe stato Zaluzhny in persona a chiedere questo enorme sforzo politico-organizzativo per la nuova ondata di mobilitazione: per effettuarla servirebbe una quantità di denaro di cui oggi Kiev semplicemente non dispone, essendo di fatto già in bancarotta e in attesa dei prossimi aiuti occidentali, indispensabili come l’ossigeno a un moribondo.

Per non dire poi del rischio di alienarsi definitivamente il favore dei cittadini: un recente sondaggio certifica una pericolosa discesa dell’indice di popolarità di Zelensky. E alle domande impertinenti sui suoi rapporti con Zaluzhny, dice che si tratta di normali relazioni professionali in base alle quali può pretendere determinati risultati sul campo di battaglia. Purtroppo, una risposta del genere non implica alcun appoggio né formale né sostanziale all’operato del generale. https://strumentipolitici.it/lucraina-sta-perdendo-ma-per-zelensky-ha-vinto-rispondendo-ai-giornalisti-il-presidente-rigira-la-frittata/

Il generale Zaluzhny se la prende coi parlamentari

Ad ogni modo, una nuova legge sulla mobilitazione è attualmente al vaglio della Verkhovna Rada, il Parlamento monocamerale dell’Ucraina. Le modifiche alle norme precedenti sono tante e significative, tutte intese ad allargare la base giuridica con cui forzare gli uomini ad andare al fronte. Ad esempio, l’abbassamento della soglia di età dai 27 ai 25 anni, l’inclusione degli invalidi di terzo grado, l’invio della cartolina di precetto elettronica e altre novità. Il voto finale della Rada sul progetto di legge dovrebbe avvenire dopo il 10 gennaio, ma nel frattempo alla discussione parlamentare è intervenuto lo stesso generale Zaluzhny.

Il 4 gennaio ha parlato davanti alla Commissione sicurezza e difesa della Rada e il suo discorso è stato molto duro. Dopo essersi espresso in modo contrario rispetto ad alcuni emendamenti, ha fatto presente che l’esercito russo si sta rafforzando numericamente e materialmente, mentre quello ucraino scarseggia in fatto di soldati. E allora, dice, chi posso impiegare al fronte? Rivolgendosi ai parlamentari, li ha rimproverati così:

se non riuscite a darmi gli uomini che mi servono, chiedete soldati al resto del mondo oppure andateci voi a combattere.

Ma il dibattito è stato molto acceso anche fra gli altri esponenti politici. Hanno parlato coloro che sono favorevoli all’adozione in toto delle modifiche e quelli che vorrebbero ulteriori emendamenti, ad esempio chi chiede di mandare al fronte insegnanti e poliziotti invece di altre categorie prese in considerazione nel progetto di legge.

Intanto gli uomini fuggono

Qualche giorno fa la polizia ucraina ha annunciato l’arresto di due individui rei di agevolare la fuga dei mobilitati in Moldavia. Dietro pagamento di una cifra superiore ai 4mila dollari, costoro conducevano i disertori verso la capitale moldava passando sui sentieri nella foresta ed evitando i posti di blocco.  Dal 2022 è in vigore il divieto di espatrio per tutti i maschi dai 18 ai 60 anni, ma si sono già verificati numerosi scandali sul modo in cui aggirare legalmente o illegalmente questa proibizione o per non essere chiamati alle armi.

Matrimoni fittizi, esenzioni mediche ottenute con mazzette, tentativi di fuga truccati da donna o nascondendosi dentro i veicoli: c’è una vasta gamma di episodi tra il ridicolo e il tragico, come riportano le guardie di confine ucraine. E sarebbero già 650mila gli ucraini fuggiti dal Paese per evitare la mobilitazione. Sempre meno ucraini vogliono rischiare la vita nelle fila dell’esercito, perché l’atmosfera generale è quella di grave sfiducia verso i leader politici e quelli militari, ritenuti corrotti e incompetenti.

Con la conferenza stampa di dicembre e l’intervista all’Economist di qualche giorno fa, Zelensky ha provato a correggere le sensazioni negative dell’opinione pubblica occidentale verso di lui e verso l’Ucraina. A chi si lamenta del fallimento della controffensiva, risponde dicendo che i militari pretendono troppo e i partner occidentali danno troppo poco. Nel frattempo, però, ha cancellato l’opposizione, annullato le elezioni e adesso subisce le picconate dei politici che lo accusano di essere accentratore e autoritario.

Martin King
Martin King

Iscriviti alla newsletter di StrumentiPolitici