La Moldavia chiede armamenti e finanziamenti alla NATO e agli amici europei

La Moldavia chiede armamenti e finanziamenti alla NATO e agli amici europei

9 Ottobre 2022 0

Il governo di Natalia Gavrilița e della presidente Maia Sandu insiste e vuole più armi e più soldi dalla NATO e dall’Europa. L’occidentalismo della dirigenza moldava rischia di spaccare ancora più in profondità una società che già di suo è divisa fra chi vorrebbe aderire il prima possibile alla UE e chi si sente vicino alla Russia. In un Paese meno esteso del centro Italia e con meno abitanti della provincia di Roma, sono almeno due le regioni altamente problematiche che sfidano l’europeismo di Chișinău: una è la Gagauzia, l’entità autonoma del gruppo etnico turcofono e ortodosso dei gagauzi, l’altra è la Transnistria (o Pridnestrovie), territorio che dal 1992 è de facto uno Stato indipendente. Oltre a questi punti caldi, proteste e malcontento si registrano anche nella capitale. È da settembre, infatti, che migliaia di cittadini si radunano nel fine settimana davanti alla residenza ufficiale della presidente Sandu per chiedere le dimissioni del governo. Nonostante il sostegno politico e finanziario di Bruxelles, i moldavi hanno visto peggiorare sensibilmente le loro condizioni ecomiche e aumentare il prezzo delle merci e dell’energia, che alla Moldavia viene fornita proprio da Gazprom. Alla fine, quello che viene sostenuto dall’Unione Europea è il governo europeista della Moldavia e non il popolo moldavo.

Lo scorso giugno Bruxelles ha offerto a Chișinău di diventare il 28esimo Stato membro della UE, dopo aver a lungo tenuto in stallo la sua candidatura a causa di problemi interni come la corruzione e lo status della Transnistria. Ma ecco che nel bel mezzo del conflitto ucraino, la UE decide di allargarsi ancora verso est per inglobare un piccolo Paese che rivaleggia con la vicina Ucraina per l’ultimo posto nella classifica continentale del prodotto interno lordo. In una fase storica in cui la ricca Gran Bretagna ha abbandonato l’Unione e i cittadini di altri Stati vorrebbero seguire il suo esempio, a Bruxelles ritengono opportuno incorporare un Paese che ha problemi endemici di corruzione e la cui economia, come già detto, è molto indietro rispetto agli standard europei, e che ha pure fortissimi legami con la Russia: così, in caso di rottura definitiva con Mosca le sue precarie condizioni finanziarie si aggraverebbero nell’immediato. L’ambizione velleitaria di Bruxelles rimane però quella dare alla Moldavia una soluzione non militare per risolvere un problema che ha una grossa componente militare, la Transnistria, ed il medesimo schema lo vuole applicare all’Ucraina.

E la NATO? Le regole dell’Alleanza Atlantica non consentirebbero di avviare la procedura di adesione per Paesi che sono parzialmente occupati da forze straniere o che hanno un conflitto in corso sul loro territorio. Almeno in teoria, questi aspetti escludono categoricamente l’ingresso dell’Ucraina e della Moldavia. In Transnistria, infatti, vi è da anni un conflitto “congelato” in cui millecinquecento soldati russi presiedono la regione con la piena approvazione del governo locale, ed è una situazione che non sembra dover cambiare nel prossimo futuro. La Transnistria è il vero elefante nella stanza che l’Occidente ha ignorato per molto tempo, alla stregua del conflitto fra Kiev e le Repubbliche popolari di Donetsk e Lugansk. E se ormai è impossibile non vedere cosa accade nell’Ucraina orientale – sebbene alcuni continuino a pensare che tutto sia improvvisamente deflagrato il 24 febbraio – per la Transnistria sempre più politici occidentali devono iniziare a elaborare proposte di risoluzione. La tendenza alla pigrizia politica delle élite europee, tuttavia, fa sì che alcuni coltivino la speranza che il problema si risolva da solo, senza doversi confrontare al tavolo dei negoziati con i rappresentanti del Cremlino. È un pensiero che serpeggia anche al Geopolitical Intelligence Services (GIS) il think tankdel principe Michele del Liechtenstein: secondo il professor Hedlund dell’Università di Uppsala, una disfatta totale di Mosca potrebbe generare una reazione a catena capace di trasformare pure le condizioni della Moldavia, con i russi che non potrebbero più sostenere militarmente ed economicamente la Transnistria e ritirerebbero i loro uomini, aprendo così la strada all’ingresso di Chișinău nella NATO. Si tratta probabilmente di un ennesimo caso di wishful thinking, perché non si vede come Kiev possa in breve tempo battere completamente i russi costringendoli ad abbandonare i territori ufficializzati con i referendum: persino se consideriamo le recenti ritirate, i russi controllano un quinto della superficie dell’Ucraina, come ammesso dallo stesso Hedlund, che anzi suggerisce come possibile uno stallo fra le parti in conflitto, che hanno entrambe consumato molto potenziale militare (sia il loro sia quello degli alleati, come nel caso di Kiev). Quindi, nessun avanzamento per i russi e nemmeno nessuna riconquista degli ucraini. E se venissero intavolati dei negoziati, la situazione in Transnistria rimarrebbe intatta, e per la Moldavia niente NATO e magari niente UE.

Non va poi dimenticato che la Moldavia è ufficialmente uno Stato neutrale, come sancito dalla sua Costituzione. Da anni Chișinău coopera con la NATO nel quadro del Partenariato Euro-Atlantico e del Piano di azione di partenariato individuale, ma l’adesione effettiva a un’alleanza militare è costituzionalmente vietata, così come la formazione di un esercito con elevate capacità belliche. Tali divieti, però, non sono espressamente elencati nella carta costituzionale, ma solamente in modo implicito come corollari nella neutralità: ed è su questo punto che la dirigenza filo-occidentale sta battendo per convincere l’opinione pubblica a ottenere dagli amici europei i finanziamenti per rafforzare l’esercito. Il governo della Sandu si sta comunque muovendo in questo senso pure senza l’appoggio convinto della maggioranza dei moldavi. Al summit NATO di fine giugno tenutosi a Madrid, gli Alleati hanno approvato un pacchetto di aiuti su misuraper aiutare la Moldavia a rafforzare la sua resilienza nazionale e la preparazione civile”, nonché per sostenerla “nell’implementazione dello sviluppo a lungo termine e dei suoi piani di modernizzazione per la sicurezza e la difesa”. Il vicepremier e ministro degli Esteri Nicu Popescu è tornato sull’argomento qualche giorno fa, in occasione del vertice con il ministro di Stato britannico per gli Affari europei Leo Docherty. Durante la visita di quest’ultimo nella capitale, Popescu ha sottolineato la necessità per il suo Paese di continui investimenti nelle capacità difensive e di intensificare il dialogo con Londra anche sul tema della sicurezza. D’altra parte, lo scorso maggio la premier britannica Liz Truss, all’epoca ministro degli Esteri, aveva affermato il suo desiderio di garantire alla Moldavia armamenti moderni secondo gli standard NATO: e ora che è primo ministro forse avrà più strumenti per attuare questi propositi. La stessa presidente moldava Sandu ha parlato della necessità del rafforzamento dell’esercito in un’occasione molto poco formale: si è infatti lasciata andare a certe dichiarazioni durante una conversazione con quello che lei credeva essere Denys Shmyhal, il primo ministro ucraino. In realtà si è trattato dello scherzo ben riuscito della coppia di comici russi Vovan e Lexus, che hanno tenuto la Sandu in videoconferenza per quasi venti minuti, con l’imitatore di Shmyhal che ha interagito con lei su diversi argomenti scottanti. Certo, le frasi della Sandu non contengono impegni formali e sono espresse in buon politichese: sono però indicative della volontà del suo governo di proseguire sulla strada del riarmo che porta a Occidente. Per la Sandu, la neutralità sancita dalla Costituzione non è sufficiente a garantire la sicurezza della Moldavia e dunque bisogna avere un esercito ben armato e investire di più nel settore della difesa: ma per farlo serve appunto convincere la popolazione, modificando la sua visione delle circostanze attuali. E all’insistenza del finto Shmyhal sull’eventualità di una mobilitazione generale dei moldavi nel caso in cui il fronte arrivi a toccare Odessa, la Sandu ha ceduto ammettendo che sì, dovranno mobilitare la cittadinanza se i russi si spingono fino all’importante città vicina al confine moldavo. Dall’amministrazione presidenziale è però giunta una totale smentita di questa conversazione. Le motivazioni che spiegano come ciò sia stato possibile sono una pezza peggiore del buco: guardando le immagini della videoconferenza, infatti, è molto difficile credere che le parole della Sandu siano il frutto di un abile montaggio e dell’uso della tecnologia deepfake. Certo, non lo si può escludere, d’altra parte in questo colloquio al vertice la Sandu non ha rivelato nulla che non si sapesse già, ma ha solo confermato quello che la dirigenza moldava sta esprimendo dal giorno in cui si è insediata.

Vincenzo Ferrara
VincenzoFerrara

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