La Libia continuerà ad avere due governi o è tempo di un esecutivo unificato?

La Libia continuerà ad avere due governi o è tempo di un esecutivo unificato?

11 Gennaio 2023 0

Dopo quasi dodici anni dal rovesciamento del colonnello Muammar Gheddafi, la Libia continua a vivere una profonda instabilità politica e militare. Attualmente il Paese nordafricano, ricco di risorse petrolifere, è diviso tra due amministrazioni parallele. Da un lato, il Governo di Unità Nazionale (GNU) di Abdel Hamid Al-Dabaiba con sede a Tripoli, dall’altro, il Governo riconosciuto dal parlamento, la Camera dei Rappresentanti (HoR), guidato da Fathi Bashagha.

Lo stallo politico tra i due esecutivi rivali prosegue da quasi un anno, ma oggi ci sono segnali che lasciano ben sperare per una Libia unificata. Dal punto di vista militare, proseguono gli sforzi tra le leaderships dell’esercito occidentale ed orientale per l’unificazione dell’establishment militare. Contrariamente alle loro controparti politiche, sotto la guida della Commissione militare congiunta 5+5 (JMC), il percorso militare e di sicurezza ha dimostrato una volontà più forte di compiere progressi verso l’attuazione dell’accordo di cessate il fuoco e di unificare le istituzioni di sicurezza del paese.

Il cessate il fuoco continua a reggere e non sono state registrate violazioni, nonostante prosegua l’accumulo di forze e la movimentazione di mezzi da entrambe le parti. L’8 dicembre, Tunisi ha ospitato una sessione plenaria del gruppo di lavoro sulla sicurezza del comitato internazionale di follow-up di Berlino, alla presenza della maggior parte dei membri del processo di Berlino, della commissione militare congiunta 5+5 e di funzionari del Ministero dell’Interno libico incaricato di garantire la sicurezza del processo elettorale. Facendo seguito alla precedente riunione tenutasi a Sirte il 27 ottobre, il Gruppo di lavoro sulla sicurezza ha discusso e approvato l’istituzione di un sottocomitato per il disarmo, la smobilitazione e il reinserimento, in conformità con la quarta disposizione dell’accordo di cessate il fuoco.

Altri segnali positivi per il futuro della Libia

Il 4 gennaio 2023, Istanbul ha ospitato un forum che ha riunito élite politiche e personalità nazionali libiche, con l’obiettivo di discutere possibili soluzioni alla crisi politica libica. L’iniziativa organizzata dal politico islamista, Ali Sallabi, ha riunito de facto i sostenitori del precedente regime con i rivoluzionari di febbraio.

La scorsa settimana a termine di un incontro al Cairo, i presidenti della Camera dei Rappresentanti (HoR), Aguila Saleh e dell’Alto Consiglio di Stato (HCS), Khaled Al-Meshri, hanno annunciato in una dichiarazione congiunta l’intesa sulla traccia costituzionale e una tabella di marcia verso il processo elettorale di cui non si conoscono ancora i dettagli.

Sempre al Cairo, il presidente del Consiglio presidenziale libico, Mohamed Al-Mnefi, ha incontrato il comandante in capo delle forze armate arabe libiche (LAAF), il feldmaresciallo Khalifa Haftar. Infine due giorni fa, i leader di gruppi armati della Libia occidentale, Mohammed Bahroun (alias El-Fahr), Abdulghani Al-Kikli (alias Gnewa) e Abdul Salam Zubi di Misurata hanno incontrato nella capitale giordana, Amman Omar Mraja considerato vicino al circolo di Haftar ed in particolare al figlio Saddam. Sebbene non sappiamo quanto forte sia la volontà e la capacità di dare seguito a quanto discusso in questi incontri, il fatto che fazioni rivali convengano e si incontrano per dialogare sono segnali incoraggianti per il futuro della Libia.

La necessità di un governo unificato

Nel suo ultimo briefing al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, l’inviato e capo della Missione di Sostegno ONU in Libia, Abdoulaye Bathily, ha affermato che è necessario “pensare in modo creativo ai modi per garantire che elezioni presidenziali e parlamentari libere, eque, trasparenti e simultanee siano organizzate e tenute sotto un’amministrazione unica, unificata e neutrale, e che coloro che desiderano candidarsi si dimettano dalle loro attuali funzioni per creare condizioni di parità per tutti”.

Le crescenti pressioni sociali, comprese le recenti proteste per il deterioramento delle condizioni di sicurezza a Zawiya che hanno portato alla chiusura temporanea della raffineria locale, il sit in dei lavoratori petroliferi a Jalo e Zuwara, suonano come un campanello d’allarme per Abdel Hamid Al-Dabaiba e Fathi Bashagha. Il cui limitato controllo e popolarità sul terreno, impediscono di trovare soluzioni durature alle sofferenze causate dalla mancanza di stabilità per via di accordi politici provvisori e obsoleti, sia tra gli attori interni che con i partiti internazionali, come dimostra il fatto che la magistratura libica si sia espressa contrariamente ai memorandum firmati dal GNU con il Governo turco sui suoi confini marittimi e attività esplorative.

Tale incapacità del GNU di mantenere fede agli accordi presi, unita alla crescente instabilità e imprevedibilità della situazione in tutto il Paese, potrebbe spingere la Comunità internazionale a ricercare soluzioni alternative che consentano di raggiungere un’amministrazione unificata. In tal senso, i libici attendono con impazienza di conoscere i risultati tra i principali inviati europei, Stati Uniti, ed UNSMIL a Washington il 13 gennaio.

Il tramonto di Misurata, l’ascesa di Zawiya?

Misurata ha fallito le sue possibilità di guidare il Paese nordafricano. Dalla caduta di Gheddafi, la terza città per importanza della Libia, dopo Tripoli e Bengasi, sembra aver avuto il monopolio della presidenza del Consiglio dei Ministri. Abdel Hamid Dabaiba e Fathi Bashagha sono entrambi misuratini, prima ancora abbiamo assistito agli insuccessi di Khalifa Aghwell ed Ahmed Maiteeq.

Il popolo libico aspira ad eleggere i propri rappresentanti ed è difficile credere che ciò possa avvenire sotto la leadership di un altro uomo di Misurata. Ancora una volta, nella possibile rosa di candidati per un terzo esecutivo unificato che metta fine alle due amministrazioni rivali, tre quarti dei nomi sono di Misurata, primo tra tutti Mohammed El-Muntasser che ha partecipato al recente forum ad Istanbul. Nella Libia occidentale, un’altra città sta affermando il suo peso politico sul territorio: Zawiya. La città costiera conta oltre trentasette tribù e componenti sociali, racchiude al suo interno un po’ tutta la Libia. Nonostante la frammentazione sociale e di sicurezza, l’opportunità di spodestare Misurata nella guida del Paese potrebbe mettere fine alle lotte intestine tra clan.

La stabilità di Zawiya consentirebbe ai Paesi europei, ed in particolare all’Italia, di mitigare le preoccupazioni legate al flusso incontrollato di migranti e alla sicurezza energetica. La città ha buoni rapporti con le municipalità occidentali, ma anche con il sud e l’est del Paese, soprattutto dopo il rilascio del maggiore generale, il pilota Amer Al-Jaqam. Il pilota, arrestato nel 2019 durante le operazioni militari sulla capitale Tripoli da parte di Haftar, dopo che il Mig23 su cui si trovava è precipitato nella Libia occidentale, è stato liberato in cambio del rilascio di diversi prigionieri detenuti dal Comando generale a Derna e Bengasi. In passato, Zawiya ha liberato diversi prigionieri di guerra, dimostrando una genuina volontà di riconciliazione nazionale. Tutto ciò conferma che Zawiya potrebbe avere presto la sua prima grande opportunità.

Talal Oheda

Un volto nuovo, Talal Oheda

La scena politica libica, marcata dal profondo conflitto civile, è pregna di figure controverse, la cui candidatura alla presidenza hanno reso impossibile il momento elettorale, fissato al 24 dicembre 2021 e non ancora riprogrammato. In molti concordano sulla necessità di trovare un volto nuovo per la guida del Paese. In questi mesi, un solo nome sta facendo particolarmente parlare di sé. È Talal Oheda, ingegnere, tre lauree in legge, ingegneria civile e scienze politiche, ha buoni rapporti con tutti i leader dei gruppi armati di Zawiya in competizione tra loro e con i principali stakeholder libici, compresi Aguila Salah e Khaled Al-Meshri.

Talal ha organizzato poche settimane fa un incontro con i dignitari e leader tribali della Libia occidentale, a Sormon, raccogliendo il consenso anche di minoranze come gli Amazigh, e dimostrando di poter mediare tra gruppi armati rivali come El-Fahr, Busriba e Kashlaf, ma anche con esponenti della Fratellanza Musulmana e del precedente regime con cui ha lavorato prima del 2011.

Come giungere ad un esecutivo unificato

Diverse opzioni potrebbero consentire ai libici di avere un solo Governo, unito ed unificato: una improbabile roadmap concordata tra Aguila Salah e Khaled Al-Meshri sull’istituzione di un esecutivo che guidi il Paese alle elezioni presidenziali e parlamentari; un’iniziativa di Abdoulaye Bathily di convocare un nuovo dialogo secondo la formula del Libyan Political Dialogue Forum e un rinnovato comitato dei settantacinque; o un’iniziativa presidenziale proposta da

che prevede la formazione di un governo di crisi con dieci ministri per preparare un processo elettorale entro sei mesi o un anno. Ora spetta alla Comunità internazionale scegliere come aiutare i libici a celebrare l’anno 2023 come l’inizio di una nuova era attraverso l’ascesa di istituzioni legittime, elezioni libere ed eque, ritenendo responsabili quanti impediscono lo svolgimento del momento elettorale sotto un’amministrazione unificata o compromettono la stabilità della Libia e dell’intera regione.

Vanessa Tomassini
Vanessa Tomassini

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