In Ucraina gli USA temporeggiano, sperando che Kiev non accenda la miccia
Per USA ed Europa le feste natalizie sono passate senza scossoni sul fronte orientale, mentre ha dato noie quello interno, con la crisi economica e sociale che incombono insieme alle proteste di piazza contro la gestione della pandemia. L’unico sussulto si è avuto in Kazakistan, e vedremo presto se il nuovo punto caldo del gioco strategico mondiale condizionerà quello che nell’anno passato ha mantenuto alta la tensione: l’Ucraina. Lo scenario di guerra verbale era giunto molto vicino a tramutarsi in un vero scontro in almeno un paio di occasioni, ad esempio durante le enormi esercitazioni che la NATO ha svolto in primavera ed estate. Nel corso dell’autunno l’inquietudine è aumentata mentre veniva perfezionato il gasdotto della discordia, il Nord Stream 2, e le elezioni in Germania concludevano la lunga vita politica di Angela Merkel, una dei protagonisti nelle vicende che da 7 anni interessano la vecchia area di influenza sovietica. Intanto il mandato del presidente ucraino Volodymyr Zelensky entra nella sua seconda parte e all’orizzonte si delineano già le prossime elezioni del 2024: l’attuale sesto presidente è incalzato dal suo predecessore Petro Poroshenko ed entrambi non sembrano voler mollare, nonostante gli scandali finanziari che coinvolgono l’uno e i guai giudiziari che inseguono l’altro. E al di là delle magagne di ciascun contendente gravano sul Paese problemi pesanti: il pericolo di secessione delle Repubbliche di Lugansk e Donetsk, la crisi energetica che il Nord Stream 2 potrebbe acuire, il calo demografico che non si arresta e i sentimenti di delusione e tradimento che i cittadini provano per gli ennesimi rinvii (leggasi rifiuti) dell’Occidente di accettare l’Ucraina nella NATO e nell’Unione Europea.
Dopo la pausa di capodanno, qualcuno degli attori in campo dovrà pur fare qualche mossa, oppure vedremo se saranno capaci di attendere che le circostanze si dispeghino da sole. Ora che la Germania si è in parte defilata dal suo tradizionale patrocinio verso Kiev, a quest’ultima resta l’America come unico grande alleato. Joe Biden però vede l’Ucraina come pedina di uno schema ben più grande, quello del triangolo USA-Russia-Cina che determinerà le sorti del XXI secolo. Negli ultimi tempi, il consolidamento della cooperazione fra Mosca e Pechino pone una minaccia molto seria agli interessi globali di Washington: a Biden si presenta così l’opzione già sperimentata dai suoi precedessori negli anni ’70 del XX secolo, il disgelo con una delle due potenze. All’epoca fu l’avvicinamento alla Repubblica Popolare Cinese al fine di isolare l’Unione Sovietica, oggi potrebbe essere il reset dei rapporti con la Federazione Russa per contenere l’espansionismo cinese. E allora Joe Biden, pur di accontentare Zelensky e prendere tempo, quest’anno potrebbe continuare a promuovere iniziative altisonanti ma prive di vera efficacia come le sanzione. In questo modo manterrebbe compatto il fronte degli alleati europei senza dare troppo fastidio al Cremlino, nella speranza di non spingerlo ulteriormente nelle braccia di Xi Jinping. È quanto sostiene il giornale bulgaro Duma, che nella situazione ucraina descrive gli USA come finiti in una trappola strategica: posto infatti che nessuno voglia veramente una guerra, che sarebbe catastrofica per due continenti, a Washington sono precluse le opzioni principali: non possono fornire troppi mezzi militari a Kiev col rischio di farle innescare l’incendio e poi di farle subire un clamoroso smacco, visto che le sue chance di vittoria sarebbero poche; e non possono nemmeno ritirarsi, perché perderebbero la faccia per la seconda volta dopo la fuga da Kabul. Resta così un’unica ipotesi sicura, quella di guadagnare tempo e intanto provare a rafforzare le posizioni ai confini con la Russia. Proprio in Bulgaria e in Romania il generale americano Tod Wolters, in qualità di comandante supremo delle forze alleate in Europa, avrebbe chiesto di stabilire una presenza militare in risposta all’ammassamento di soldati effettuato dalla Russia ai suoi confini sud-occidentali. Si tratterebbe in sostanza di un allargamento della missione denominata Enhanced Forward Presence, con cui la NATO ha già portato le sue truppe multinazionali in Polonia e nei tre Paesi baltici. L’idea di Wolters è stata riportata dalla rivista tedesca Der Spiegel senza ricevere dai vertici militari una conferma diretta; quella indiretta è arrivata dal segretario generale Jens Stoltenberg, che ha sottolineato come l’Alleanza debba costantemente riaggiustare la propria posizione anche nel sud-est europeo – appunto nella zona dei Balcani orientali – per avere la sicurezza di poter sempre “proteggere e difendere gli alleati contro qualsiasi minaccia”.
A Kiev la tentazione di provocare o di fare il passo più lungo della gamba resta ancora forte. E allora quale può essere per Washington il metodo più sicuro per tenere buono l’alleato ucraino? Continuare a elargire denari. Il bilancio USA del 2022 prevede 756 milioni di dollari per Kiev sotto forma di assistenza, di cui 400 milioni vanno all’ambito della sicurezza, cioè degli aiuti militari. Ma al governo di Zelensky sembra poco: ci vorrebbe un miliardo di dollari, come ha detto il ministro degli Esteri Dmytro Kuleba, specificando che si sta muovendo “con fiducia” verso questa cifra-obiettivo e aggiungendo che si tratta di una “cooperazione bilaterale molto ampia”, perché gli USA daranno assistenza finanziaria anche a favore delle riforme interne e manderanno più di 2 milioni di dosi di vaccino contro il COVID. Oltre ai soldi e ai mezzi militari, Washington è ben disposta a elargire sempre parole di sostegno alla causa ucraina. Proprio pochi giorni fa Kuleba ha infatti parlato al telefono col Segretario di Stato Antony Blinken, che ha rimarcato il supporto “risoluto” degli Stati Uniti all’indipendenza, alla sovranità e all’integrità territoriale dell’Ucraina in contrasto all’aggressione russa ancora in atto. Inoltre ha discusso le possibili risposte alle azioni preparatorie che il Cremlino ha svolto lungo la frontiera e soprattutto gli imminenti impegni diplomatici con la Russia stessa. E, di grazia, “non vi saranno discorsi sull’Ucraina senza la partecipazione dell’Ucraina”, ha sottolineato Blinken.
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