I sabotatori della pace
È altissimo il rischio che il vertice fra Trump e Putin si tramuti in una grigliata di Ferragosto e nulla di più. Un esito del genere non deriverebbe dai dissapori avvenuti tra i due, superati già diverse volte grazie al loro approccio pragmatico. Sarebbe invece colpa del lavoro ai fianchi svolto dai sabotatori della pace: Zelensky su tutti, e poi certi leader europei.
La reazione di Zelensky e dei leader europei
Il presidente ucraino, tecnicamente decaduto ma incollato alla poltrona dalla legge marziale, teme per il suo futuro politico una volta che verrà siglata la pace. I Paesi europei invece sono così indaffarati col business del riarmo che non possono occuparsi seriamente di chiudere una delle pagine più buie degli ultimi ottant’anni. Saputo dell’imminente summit, che nessuno si aspettava, la risposta di Zelensky è stata quella di sbattere i pugni sul tavolo, irritato per non aver ricevuto l’invito. Ha quindi affermato di non essere disponibile ad alcuna cessione di territorio. Una posizione diplomaticamente insostenibile, non potendosi assolutamente permettere di negoziare in qualità di vincitore.
La reazione dei governanti europei è stata invece quella di prendersela con Trump, affermando che non vi possa essere pace senza che al tavolo sieda l’Ucraina. Anzi, ai negoziati dovrà partecipare soprattutto l’Europa. Dunque mettono le mani avanti come ha fatto l’Alta rappresentante UE per gli affari esteri Kaja Kallas, la quale asserisce che si proseguirà con l’invio di armi qualora in Alaska vengano prese decisioni senza la parola di Bruxelles & compagnia continentale. Non si comprende che cosa intendesse Kallas quando ha asserito:
L’Ucraina ha già fatto concessioni, va fatta pressione sulla Russia.
Questa dichiarazione rimarrà alla storia come esempio dell’insensatezza ed inadeguatezza della leadership europea. Un continente che non si arrende alla sua marginalità geopolitica non essendosi accorto di aver ceduto la propria sovranità ad un Paese Terzo se non dal Secondo dopo Guerra, almeno dalla Caduta del Muro di Berlino. Comunque una cosa è certa, l’UE ha già inglobato l’Ucraina: è questo il messaggio che esce fuori. E non è un bel messaggio per tornare a dialogare con Mosca. Perché il Cremlino dovrebbe accettare un confronto con chi grida perennemente alla minaccia russa e fa sapere a tutto il mondo che vuole armarsi fino ai denti per respingere un attacco della Russia che avverrà sicuramente in futuro?
I possibili sviluppi
Il vertice in Alaska, insomma, parte con auspici non eccellenti. La sensazione, conoscendo un po’ la mentalità degli attori in gioco, è che alla pace si giungerà solo una volta che Odessa vada sotto l’orbita russa. A quel punto infatti saranno gli ucraini stessi a ribellarsi e a cambiare il loro presidente, con le buone o con le cattive maniere. Quindi la guerra durerà ancora uno o due anni. Nel frattempo gli USA faranno pagare le armi alla UE e ci guadagneranno bene. Trump ne ricaverà un alto gradimento in patria di Trump e saranno soddisfatti anche quei premier europei che stanno riconvertendo alla produzione militare una parte delle industrie nazionali, Germania in primis.
I governi europei e l’Unione Europea sono tutti vittime della loro stessa propaganda. Per anni hanno avallato una guerra per procura, hanno accettato i ricatti americani, hanno fatto pagare ai propri cittadini il costo energetico del conflitto. Dunque ora non vogliono restare fuori dalle trattative sulla ricostruzione dell’Ucraina. Così faranno di tutto per prolungare lo scontro armato, combattendolo “fino all’ultimo ucraino”, con le forze di un esercito che non fa parte né della UE né della NATO.
Fino ad oggi l’Europa, sommando agli aiuti degli USA, ha contribuito complessivamente con 202,6 miliardi di euro al conflitto. Riesce a fallire anche su questo punto, perché Trump si sta aggiudicando quei pochi fondi ancora a disposizione di Kiev grazie all’accordo minerario: un accordo peraltro al ribasso, visto che si parla di un incasso in dieci anni tra i 2 e i 6,4 miliardi di dollari. Che cosa finiranno per dividersi gli europei? La libertà del popolo ucraino è l’ultima delle loro preoccupazioni.

Nato a Torino il 9 ottobre 1977. Giornalista dal 1998. E’ direttore responsabile della rivista online di geopolitica Strumentipolitici.it. Lavora presso il Consiglio regionale del Piemonte. Ha iniziato la sua attività professionale come collaboratore presso il settimanale locale il Canavese. E’ stato direttore responsabile della rivista “Casa e Dintorni”, responsabile degli Uffici Stampa della Federazione Medici Pediatri del Piemonte, dell’assessorato al Lavoro della Regione Piemonte, dell’assessorato all’Agricoltura della Regione Piemonte. Ha lavorato come corrispondente e opinionista per La Voce della Russia, Sputnik Italia e Inforos.