I presunti crimini di Israele si estendono in Cisgiordania, nuovi bombardamenti in Libano
Il ministero degli Affari Esteri palestinese ha confermato, martedì, che l’assenza di sanzioni internazionali deterrenti incoraggia le forze di occupazione e coloni estremisti a invadere e completare l’annessione della Cisgiordania.
L’escalation sistematica intrapresa dal governo dell’entità sionista deve generare la convinzione della comunità internazionale e dei funzionari internazionali che la pace e una soluzione politica al conflitto devono essere imposte con la forza del diritto internazionale vincolante.
Ad affermarlo in un comunicato stampa la Diplomazia di Ramallah, invitando la comunità internazionale a fare pressioni su Israele affinché ponga fine all’occupazione dei territori nella West Bank. “Affinché fermi tutte le misure unilaterali illegali, servono sanzioni internazionali deterrenti che lo obblighino a sottomettersi alla volontà internazionale di pace, senza ciò il resto è una perdita di tempo”.
Indica la stessa fonte, rivelando che alla luce della continuazione della guerra genocida contro il popolo palestinese nella Striscia di Gaza, le forze di occupazione e le milizie armate di coloni continuano le loro violazioni e i crimini contro i civili nella Cisgiordania occupata, compresa Gerusalemme Est, sfruttando la preoccupazione del mondo “per completare gli episodi in corso di annessione graduale, dichiarata e senza preavviso, della Cisgiordania occupata, approfondendo il colonialismo, conquistando terre e creando grandi cambiamenti nella realtà storica, politica, giuridica e demografica in Cisgiordania”.
Secondo Ramallah, Israele starebbe approfittando dell’attenzione globale su Gaza per realizzare le ambizioni espansionistiche coloniali della destra israeliana al potere ed espandere i circoli del sistema di apartheid in Palestina, secondo una logica brutale che preferisce la forza di occupazione e approcci militari nell’affrontare la questione palestinese, a soluzioni politiche e democratiche. Un approccio che rischia di mettere in imbarazzo anche quanti in questi mesi hanno sostenuto il diritto d’Israele a “difendersi” rimanendo in silenzio di fronte allo sterminio in corso a Gaza.
Presunti crimini in Cisgiordania
Ieri, un portavoce del dipartimento di Stato americano, Vedant Patel, ha dichiarato in un briefing con la stampa che “Le autorità statunitensi sono devastate dalla morte di un 17enne palestinese la cittadinanza statunitense in Cisgiordania, e continuano le interlocuzioni con Israele per ottenere ulteriori informazioni”.
Il funzionario ha indicato che la Casa Bianca ha “chiesto una indagine urgente per chiarire la dinamica che ha portato alla sua morte, e siamo stati molto chiari sulla recente escalation di violenza in Cisgiordania: chiediamo a tutte le parti coinvolte di astenersi da azioni che possano acuire ulteriormente le tensioni”. I coloni, protetti dalle forze israeliane, hanno effettuato lavori di scavo e demolizione vicino alla comunità araba di Al-Malihat su Al-Marajat Road, a nord-ovest di Gerico.
Il supervisore dell’organizzazione Al-Baidar, attiva nella difesa dei diritti dei beduini, Hassan Mleihat, ha spiegato all’agenzia di stampa palestinese che un gruppo di coloni, accompagnato da veicoli e attrezzature protetti dall’esercito di occupazione, ha iniziato a scavare e demolire le terre adiacenti alla comunità araba, a ovest di Gerico, in preparazione della sua annessione ai territori già occupati illegalmente. Questi lavori di demolizione mirano a costruire alloggi e roulotte per i coloni, impossessarsi del maggior numero di terre possibile e paralizzare il movimento dei cittadini palestinesi.
Il conflitto si estende in Libano
Israele ha ampliato l’area geografica delle sue operazioni militari in territorio libanese verso il sud del fiume Litani, fonti locali riferiscono il lancio di bombe sui villaggi di confine adiacenti alla linea Blu. L’agenzia nazionale di stampa libanese ha riferito che aerei da ricognizione israeliani hanno volato per tutta la notte sui villaggi dei settori occidentale e centrale, raggiungendo la periferia della città di Tiro.
Ieri, aerei militari hanno fatto irruzione in una casa nella città di Majdal Salam, provocando almeno un morto e numerosi feriti. Bombardamenti sono stati segnalati nelle periferie delle città di Naqoura, Alma al-Shaab, Tayr Harfa, Al-Dhahira, Aita al-Shaab e Shihin. Le forze Unifil hanno mantenuto le proprie posizioni mentre hanno risuonato le sirene d’allarme nelle aree sottoposte a bombardamenti. I centri di accoglienza sfollati di Tiro iniziano ad essere sovraffollati, dopo che Tel Aviv ha intensificato l’intensità dei suoi bombardamenti aerei e di artiglieria su città e villaggi nel sud del Libano, provocando morti e feriti tra i civili, e costringendo centinaia di famiglie a fuggire dalle loro case.
Striscia di Gaza, Israele circonda Khan Younis
Decine di palestinesi sono stati uccisi e feriti nella parte occidentale di Khan Yunis, a sud della Striscia di Gaza. La Mezzaluna Rossa palestinese ha riferito che ci sono stati feriti tra gli sfollati, a seguito di un bombardamento che ha preso di mira il suo quartier generale a Khan Yunis. I bombardamenti di artiglieria sono stati rinnovati nelle vicinanze del Nasser Medical Complex, mentre il centro e l’est di Khan Yunis sono stati testimoni di una serie di violenti raid.
Dopo mezzanotte, gli aerei d’occupazione hanno bombardato le tende degli sfollati ad Al-Mawasi, a ovest, uccidendo numerosi cittadini e ferendone dozzine. Secondo le autorità palestinesi, dall’inizio del conflitto i 7 ottobre, 25.300 palestinesi sono stati uccisi e almeno 63 mila feriti. Dall’altra parte, l’ammiraglio Daniel Hagari, portavoce dell’esercito israeliano, ha dichiarato che 21 soldati israeliani sono stati uccisi a Gaza dopo che un razzo ha colpito un edificio in cui si trovavano.
Le tre priorità della Ue secondo Borrell
In una recente intervista al quotidiano francofono “Le Monde”, l’Alto rappresentante europeo per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, ha affermato che
nel contesto attuale le priorità sono tre. Il primo è impedire a tutti i costi l’estensione del conflitto israelo-palestinese in Libano. Il secondo è alleviare la catastrofica situazione a Gaza riprendendo al tempo stesso seri negoziati per liberare gli ostaggi israeliani. Il terzo è aprire la strada a una soluzione del conflitto israelo-palestinese, a partire dalla fine della violenza contro i palestinesi in Cisgiordania. Sebbene queste tre questioni abbiano ovviamente una propria dinamica, in realtà sono completamente intrecciate.
Nel suo discorso odierno al termine del Consiglio di associazione Ue-Egitto, il funzionario ha ribadito che è necessario parlare dell’attuazione della soluzione dei due Stati, perché “sulla pace è facile essere d’accordo, almeno in teoria. Nessuno dirà di non volere la pace. Bisogna dare un nome alle cose per identificare chiaramente il proprio obiettivo. Inizierò a parlare sistematicamente dell’attuazione della soluzione dei due Stati e continueremo a lavorare su questo tema”.
Secondo l’alto funzionario Ue, Israele non può avere il diritto di veto sull’autodeterminazione del popolo palestinese. “E le Nazioni Unite riconoscono, come hanno riconosciuto più volte, il diritto all’autodeterminazione del popolo palestinese. Nessuno può porre il veto” su questo.
Vanessa Tomassini è una giornalista pubblicista, corrispondente in Tunisia per Strumenti Politici. Nel 2016 ha fondato insieme ad accademici, attivisti e giornalisti “Speciale Libia, Centro di Ricerca sulle Questioni Libiche, la cui pubblicazione ha il pregio di attingere direttamente da fonti locali. Nel 2022, ha presentato al Senato il dossier “La nuova leadership della Libia, in mezzo al caos politico, c’è ancora speranza per le elezioni”, una raccolta di interviste a candidati presidenziali e leader sociali come sindaci e rappresentanti delle tribù.
Ha condotto il primo forum economico organizzato dall’Associazione Italo Libica per il Business e lo Sviluppo (ILBDA) che ha riunito istituzioni, comuni, banche, imprese e uomini d’affari da tre Paesi: Italia, Libia e Tunisia. Nel 2019, la sua prima esperienza in un teatro di conflitto, visitando Tripoli e Bengasi. Ha realizzato reportage sulla drammatica situazione dei campi profughi palestinesi e siriani in Libano, sui diritti dei minori e delle minoranze. Alla passione per il giornalismo investigativo, si aggiunge quella per l’arte, il cinema e la letteratura. È autrice di due libri e i suoi articoli sono apparsi su importanti quotidiani della stampa locale ed internazionale.