Giappone, nucleare civile: problemi di inquinamento e di relazioni internazionali
Le autorità giapponesi hanno autorizzato il piano di scarico in mare delle cosiddette “acque trattate” della centrale nucleare Fukushima Dai-ichi. Si tratta di più di un milione di tonnellate di acqua contenente trizio, accumulatasi presso la centrale dopo il disastro del 2011. La Tokyo Electric Power Company ha dichiarato che presto inizieranno i lavori per la costruzione di tunnel sottomarini e delle altre installazioni necessarie. Le nazioni vicine ovviamente non hanno mostrato entusiasmo per questa decisione, non apprezzata nemmeno dagli organismi internazionali; solamente gli USA appoggiano il programma giapponese. E proprio in questi giorni è stato portato a termine un lavoro triennale di trasferimento negli Stati Uniti di 30 chilogrammi di uranio ad alto arricchimento dalla struttura critica del reattore di ricerca dell’Università di Kyoto. Jill Hruby, responsabile dell’Amministrazione per la sicurezza nucleare americana (NNSA), ha descritto le operazioni come uno “sforzo monumentale” avente il merito di eliminare il rischio che il materiale possa essere usato per fabbricare ordigni, permettendo comunque alle strutture civili di continuare i loro studi e le loro ricerche. L’uranio arricchito è infatti un ingrediente delle armi nucleari: quello giapponese adesso si trova negli USA, la cui agenzia NNSA opera in tutto il mondo per togliere dai reattori a uso scientifico il materiale che può essere utilizzato nella produzione di bombe.
A proposito delle acque di Fukushima, invece, la Cina si è espressa con parole di forte opposizione al progetto di rilascio in mare. Il rimprovero va anzitutto al fatto di aver preso questa decisione in maniera unilaterale. Anche se il premier giapponese Fumio Kishida ha affermato che Tokyo lavorerà a stretto contatto con la comunità internazionale per garantire trasparenza e adesione agli standard di sicurezza nazionali e internazionali, il portavoce del Ministero degli Esteri cinese Hua Chunying ha ribadito le critiche verso tale atto “arbitrario” ed “estremamente irresponsabile”. La preoccupazione è salita ancora quando a inizio agosto è stata registrata nella centrale di Mihama una fuoriuscita di circa 7 tonnellatte di acqua radioattiva. L’incidente ha fatto rimandare la riaccensione del reattore numero 3, fermo dal 2011. Il nuovo ministro dell’Economia, Commercio e Industria Yasutoshi Nishimura ha comunque rimarcato l’importanza del nucleare per garantire al Giappone una fornitura stabile di energia e giungere a una società a zero emissioni carboniche. In questo momento, sullo sfondo della crisi globale e delle misure di sicurezza molto stringenti introdotte dopo l’incidente del 2011, il Giappone ha elettricità sufficiente per concludere la stagione estiva, ma il prossimo inverno potrebbe rivelarsi complicato. Nishimura ha affermato che verranno esplorate tutte le opzioni possibili, tra cui soprattutto quella nucleare se vi saranno le condizioni di sicurezza, e ha dichiarato il voler visitare Fukushima appena possibile e scambiare opinioni con le parti interessate.
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