Generale Mini: «Sinceramente no. Non vedo alcun presupposto per la pace nemmeno quella che si vorrebbe imporre con la forza, semmai un inasprimento»
La costruzione di una tregua o pace tra Russia e Ucraina vive momenti altalenanti, con più momenti di tensione che non di distensione. Si intrecciano con questi colloqui tra i due belligeranti il piano di riarmo europeo, voluto fortemente dalla Presidente Ursula Von Der Leyen con i leader di Francia, Germania e Inghilterra. In questo contesto sempre più confuso che vive di molta propaganda e scarsa volontà d’informare abbiamo chiesto al Generale Fabio Mini, già Capo di Stato Maggiore del Comando NATO del Sud Europa e comandante della missione internazionale in Kosovo, le sue impressioni su come stia evolvendo il conflitto.
• L’attacco contro i bombardieri strategici russi quanto cambia lo scenario del conflitto russo ucraino?
Sul piano tecnico-militare non lo cambia affatto. La componente dell’aviazione strategica russa che doveva essere gravemente menomata in realtà ha subito perdite minime. Subito dopo l’attacco la Russia ha colpito tutta l’Ucraina con missili lanciati da quegli stessi bombardieri strategici che dovevano essere stati distrutti. E non si è trattato della risposta punitiva all’operazione ucraina. È stato un attacco pianificato da tempo come parte della campagna aero-missilistica iniziata mesi fa. E questa è la dimostrazione che l’attacco ucraino oltre a non aver raggiunto lo scopo che si prefiggeva non ha nemmeno alterato i piani in corso.
La campagna di bombardamenti continua e la risposta all’attacco alle basi deve ancora arrivare. Gli attacchi russi che la nostra stampa continua a qualificare come rappresaglia e vendetta per l’attacco alle basi sono in realtà le “normali” operazioni militari aeroterrestri. Al livello strategico l’attacco ha invece prodotto diversi effetti positivi e negativi per l’Ucraina. Ha senz’altro rialzato il morale del fronte interno ma ha anche sollevato i timori dell’annunciata rappresaglia russa.
La popolazione e la dirigenza ucraine vivono l’attesa con crescente preoccupazione e molti, pur di uscire dal tunnel della frustrazione, coltivano la speranza che le bombe di ogni giorno siano quelle della rappresaglia. L’attacco ucraino ha rafforzato la baldanza dei paesi baltici che tornano a incitare la Nato e gli altri paesi europei a colpire la Russia, ma ha reso più probabile la prospettiva di dover subire o ricorrere all’impiego di armi nucleari sui propri territori.
Inoltre, l’attacco ha violato e messo in pericolo l’equilibrio nucleare tra Russia e Stati Uniti. I velivoli strategici a lungo raggio con capacità nucleare russi e americani sono ancora vincolati al trattato New Start che prevede debbano stazionare all’aperto per il costante controllo satellitare. ll loro eventuale impiego deve essere concordato. Se sono usati per attacchi convenzionali possono essere abbattuti in volo ma non sulle basi. Se l’idea ucraina era quella di far precipitare gli eventi non è riuscita.
Usa e Russia si sono parlati e da tempo si sono accordati di non innescare una guerra diretta fra loro meno che mai nucleare. Tuttavia, il solo fatto che l’Ucraina, aiutata e consigliata dagli stessi organi dell’intelligence e militari degli Stati Uniti, della Gran Bretagna, della Francia, della Polonia e della Nato, abbia concepito e condotto un attacco con il chiaro intento di portare il livello dello scontro oltre la soglia nucleare ha una valenza altamente negativa per la deterrenza nucleare e per tutti gli europei in quanto prime vittime dello scontro.
Sebbene la Russia abbia fatto riferimento esplicito al terrorismo per gli attacchi alle strutture non militari, lo spettro del terrorismo e dello Stato Terrorista è emerso anche a proposito dell’attacco alle basi aeree. Non tanto perché l’operazione in sé sia stata giudicata terroristica, ma perché anche ammettendo che l’operazione sia stata condotta da operativi dell’intelligence ucraina, questi sono stati aiutati da cellule locali di persone che Mosca considera collaborazionisti, terroristi e criminali. Inoltre, gli obiettivi scelti e le modalità di esecuzione hanno rivelato l’efficacia di tali attacchi anche in termini organizzativi, costi materiali e risparmio di uomini: i droni sono a buon mercato, le comunicazioni possono appoggiarsi alle reti commerciali e l’effetto psicologico è sicuramente maggiore di qualsiasi attacco suicida. Una dimostrazione che costituisce un incentivo per tutti i terroristi del mondo.
• Gli attacchi invece ad infrastrutture ferroviarie in territorio russo sono configurabili come attacco terroristico come denunciato da Mosca?
Lo sono nel momento in cui sono attacchi diretti alla popolazione civile e senza alcuna valenza militare. E questo è il caso dei ponti e delle ferrovie attaccate. Lo scopo è terrorizzare la popolazione civile dimostrando che essa non è immune. Che le vittime civili non sono effetti collaterali di un attacco a strutture militari ma sono esse stesse l’obiettivo dli attacchi.
• Secondo le ammissioni del Segretario generale dell’Alleanza, Mark Rutte i paesi della Nato sono in grado di produrre insieme in un anno la stessa quantità di munizioni che la Russia da sola produce in tre mesi. Queste affermazioni non si scontrano con le minacce che a ripetizione vengono pronunciate dai leader europei nei confronti della Russia?
R. In effetti sono affermazioni contraddittorie e irrazionali. Rutte pensa di incitare gli europei a spendere di più in armamenti, riconvertire l’industria alla produzione bellica e rafforzare la deterrenza della Nato entro il 2029. Intende dissuadere la Russia da altri attacchi e respingerla oltre l’Ucraina anche con attacchi preventivi. In realtà è proprio questa concezione che induce la Russia a continuare il conflitto e realizzare sul terreno e da sola quella fascia di sicurezza europea appoggiata o a cavallo del Dnieper che da tempo chiede all’Occidente.
La Russia non solo ha capacità quadruple nella produzione industriale e bellica ma a partire dal discorso di Vladimir Putin del 16 aprile del 2022 ha già avviato tutta la federazione verso l’economia di guerra. Ammesso e non concesso che la Nato e l’Europa abbiano tempo fino al 2029, per quanto possano correre potranno realizzare la capacità di colpire, ma non di sostenere né la risposta russa né tanto meno una guerra prolungata. Inoltre, la Nato e l’Europa mantengono una politica ostile nei confronti della Cina e questo non fa che rafforzare il legame strategico che essa ha con la Russia.
Legame che prima o poi si trasformerà in reciproco supporto militare e industriale. Questa prospettiva fa vanificare ogni velleità di competizione sul piano della produzione militare. Evidentemente Rutte, come molti altri, non pensa alla guerra ma al business che la preparazione della guerra comporta. Sfortunatamente anche il business non favorisce noi europei.
• Se l’Europa è così debole perché Mosca dovrebbe aspettare il suo riarmo per un attacco?
Secondo me, la Russia non vuole né invadere né attaccare l’Europa. Finora ha chiesto negoziati per la realizzazione di una fascia di sicurezza smilitarizzata, denazificata e neutrale ai propri confini con l’Ucraina che conserverebbe la sovranità. Il rifiuto occidentale e il ricorso alla guerra per procura hanno spostato il centro del conflitto sul campo di battaglia. Europei e ucraini vogliono la capitolazione militare e il “depotenziamento” della Russia che non è una parola vaga o ambigua.
L’ha pronunciata il segretario alla difesa americano di Biden, Lloyd Austin, che da ex militare sapeva bene che il termine significa colpire e annientare i fattori di potenza di un avversario: forze armate, economia, industria e popolazione. Gli Stati Uniti con Trump sembrano aver rinunciato a tale scopo, ma molte parti politiche e militari statunitensi, oltre a quasi tutti i membri della Nato, non hanno affatto cambiato atteggiamento. Di fronte a questa prospettiva la Russia si sta organizzando per realizzare quella fascia di sicurezza non solo in Ucraina ma dal Baltico al Mar Nero il che comporta seri rischi militari anche per i paesi Nato interessati.
La Russia non trascura la potenzialità del riarmo europeo ma ha calcolato che con esso l’Europa impoverisce, si divide e diventa più fragile. La stessa America si distacca dall’Europa. Se poi la Russia dovesse subire un attacco di sorpresa avrebbe comunque molti mezzi per replicare.
Come procede il conflitto sul suolo ucraino? Il fronte in Donbass sta collassando o vi è uno stallo?
Nessuno stallo. È in atto la manovra russa di attaccare e premere su un fronte molto ampio per assottigliare le difese ucraine già precarie. L’obiettivo è raggiungere il Dnieper. Con calma e metodo. L’Ucraina non regge alla pressione e cerca di far credere che con i droni e i colpi di mano possa contenere l’avanzata almeno fino a quando Stati Uniti ed Europei non entrino in campo. I primi stanno prendendo le distanze dall’Ucraina ritenuta ora più che mai inaffidabile e i secondi, nonostante gli annunci, sanno di non poter fare a meno degli Usa. O meglio sanno che senza gli Usa l’Ucraina è persa e l’intervento europeo sarebbe un suicidio assistito.
• È ancora pensabile che la Russia punti a conquistare Odessa e chiudere gli accessi al mare?
È un’opzione che ha molto senso non solo per la chiusura dell’accesso al mare dell’Ucraina, ma per evitare che il Mar Nero diventi un mare della Nato. In realtà è proprio questo il piano della Nato e della Gran Bretagna per isolare ulteriormente la Russia sia nel Mediterraneo che nel Baltico. Il riarmo inglese annunciato da Starmer poggia quasi esclusivamente sulla potenza navale. E guarda caso, come sempre l’Italia si aggrega annunciando l’intenzione di dotarsi di un’altra portaerei. Questa volta nucleare, visto che le precedenti non sono servite a niente.
• Kallas, Von Der Leyen, Rutte e Starmer continuano a parlare di un possibile attacco all’Europa da parte di Mosca è immaginabile secondo lei?
Non è solo immaginabile: è concreto, semplicemente perché quelle signore e signori stanno attivamente creando le premesse e i pretesti per provocare un attacco. Questo non significa che la Russia si appresti a invadere l’Europa, ma se la tracotanza dei nordici continua i primi ad essere nel mirino saranno proprio le repubbliche Baltiche. A quel punto la Nato potrebbe intervenire o anche non fare niente.
Le repubbliche baltiche e altre scandinave hanno stipulato trattati di cooperazione militare bilaterali con la Gran Bretagna e questo consentirebbe alla Russia di rispondere militarmente alle loro minacce senza coinvolgere la Nato. La stessa situazione si presenta per le fantomatiche coalizioni dei volenterosi che si pongono al di fuori della Nato e perfino in concorrenza con essa.
• Gli ucraini dispersi in azione saranno considerati morti solo due anni dopo la fine delle ostilità secondo una legge approvata da Verkhovna Rada. Significa che l’Ucraina ha problemi economici a risarcire le famiglie dei militari? Anche in questa ottica si può leggere le tensioni nello scambio dei cadaveri dei militari morti?
L’Ucraina ha problemi di tutti i tipi. Non penso che abbia alcuna intenzione di risarcire i familiari dei caduti al di là di una medaglia alla memoria. Comunque non penso che le tensioni per gli scambi siano di natura economica. Da anni il governo ucraino viene mantenuto con i soldi occidentali e di questi soltanto una minima parte è dedicata alle spese pubbliche. L’Ucraina è poi nella fase di mitopoiesi della resistenza e del martirio, per cui l’omaggio ai caduti è più un atto di propaganda interna che di pietà. Nei Balcani sono diventati martiri anche le vittime d’incidenti stradali e sono stati riesumati e riseppelliti come eroi i morti di anni prima della guerra.
• Come vede il Piano di Riarmo Europeo?
Un piano fumoso e velleitario basato sui debiti. Fumoso perché il riarmo non ha una strategia o una pianificazione bellica ben determinata sulla quale calibrare le risorse. Nonostante abbia individuato la Russia come nemico e quindi se ne conoscano le reali capacità e vulnerabilità, il riarmo non si concentra su di esso ma sulla prospettiva di dover affrontare una guerra contro tutti in tutte le dimensioni e in tutti i continenti. Temo che serva soltanto a pompare soldi (che non ci sono o sono simulacri di denaro come obbligazioni, derivati e derivati dei derivati) nelle tasche dei soliti speculatori di guerra e di preparazione per la guerra.
Lo stratega Sun Bin discendente (pare) del più noto Sun Zi, alla domanda del sovrano su cosa dovesse fare per rafforzare l’esercito rispose: “rendi la nazione prospera”. Noi stiamo pensando di rafforzare gli eserciti impoverendo le nazioni.
• Secondo lei esiste un piano organico di riarmo con la costruzione di una reale difesa comune o per ora si sta procedendo in ordine sparso con il rischio di sovrapposizione e diseconomie?
Il piano di riarmo per una reale difesa esiste, ma non è europeo. La Nato ha già i propri piani di difesa. Il Comando supremo ha già delineato quello che serve per la difesa collettiva oltre a ciò che serve per la difesa di ogni Stato membro. Ha già individuato quanto e cosa serva in termini di uomini, sistemi d’arma ed equipaggiamenti. Ed anche in termini di tempo e ripartizione dei compiti. Le iniziative europee e dei “volenterosi” non duplicano ma distolgono dalla pianificazione Nato enormi risorse. Abbiamo quindi due bacini entrambi diseconomici e fatalmente inefficienti.
L’impegno finanziario per il piano Nato eccede ogni capacità di risorse e sostegno economico e industriale dell’attuale Europa. Il 2% del Pil è già obsoleto e i costi dei soli materiali sono aumentati vertiginosamente. Il 5% del Pil è ancora una base di partenza e non un punto di arrivo. Tra l’altro il punto di arrivo è mobile perché da un lato il presunto nemico si arma più velocemente e dall’altro i nostri Pil in termini reali diminuiscono. C’è poi l’aspetto dell’utilità dello sforzo. Se lo scopo è la sicurezza o addirittura la pace il riarmo va in direzione contraria. Per tutta la guerra fredda abbiamo preparato uno strumento militare che fosse in grado di reggere all’urto sovietico. Poi abbiamo scoperto che la valutazione della potenza e della volontà sovietica non solo erano esagerate ma erano anche sbagliate.
Stavamo esaminando fattori di potenza fittizi, Oggi ci avviamo a fare la fine dell’Urss: stiamo assumendo un peso che non siamo in grado di sostenere e rischiamo di implodere finanziariamente, economicamente e socialmente. Questo perché attribuiamo all’avversario intenzioni che non ha nonostante abbia le capacità per attuarle. Un tale comportamento può significare due cose: o siamo talmente stupidi da non saper valutare intenzioni e capacità o stiamo preparando non la difesa ma l’attacco alla Russia. Il che oltre che stupido è anche criminale.
• Vede possibile la pace entro la fine dell’anno? E come legge le mosse degli Stati Uniti al riguardo?
Sinceramente no. Non vedo alcun presupposto per la pace nemmeno quella che si vorrebbe imporre con la forza. Vedo anzi un inasprimento delle posizioni ed una svolta strategica. La Russia è passata dalla Operazione speciale alla guerra, ma negli ultimi cinque giorni le azioni ucraine sono state definite terroristiche e la guerra è diventata un’operazione antiterroristica. Considerando l’Ucraina come stato terrorista e i suoi governanti come sostenitori del terrorismo, la Russia si sente autorizzata ad adottare tutte le misure anti terrorismo a partire dalla non- negoziabilità fino alla eliminazione fisica dei leader.
Da parte sua il presidente Donald Trump si è reso conto di non poter controllare gli estremisti ucraini sostenuti dalla Gran Bretagna e da altri paesi Nato né le strutture politiche e militari statunitensi. Sa anche che quasi tutti i paesi europei vogliono che gli Usa entrino in guerra. Se cede è guerra mondiale, se resiste dovrà imporsi sui propri organi e comunque dovrà lasciare gli europei a vedersela con la Russia. E per noi sarebbe guerra d’annientamento.
• Soprattutto per la sua esperienza Zelensky può essere vissuto come un interlocutore con cui concludere una pace per la Russia?
Si. Mi sembra che i russi non vedano l’ora di ricevere Zelensky in cilindro e marsina per firmare l’atto di resa incondizionata: l’unica pace possibile di cui lui possa vantare la paternità.

Nato a Torino il 9 ottobre 1977. Giornalista dal 1998. E’ direttore responsabile della rivista online di geopolitica Strumentipolitici.it. Lavora presso il Consiglio regionale del Piemonte. Ha iniziato la sua attività professionale come collaboratore presso il settimanale locale il Canavese. E’ stato direttore responsabile della rivista “Casa e Dintorni”, responsabile degli Uffici Stampa della Federazione Medici Pediatri del Piemonte, dell’assessorato al Lavoro della Regione Piemonte, dell’assessorato all’Agricoltura della Regione Piemonte. Ha lavorato come corrispondente e opinionista per La Voce della Russia, Sputnik Italia e Inforos.