Continua la missione Usa in Siria: depredarla delle sue risorse naturali
Proponiamo l’analisi di una situazione poco nota in Occidente, ma estremamente grave: cioè come gli USA continuino a depredare la Siria delle sue risorse naturali – grano e petrolio in particolare – nella sostanziale indifferenza dei media occidentali. L’autore è Vladimir Malyshev, giornalista di San Pietroburgo, già corrispondente della TASS in Italia e in Grecia.
Gli Stati Uniti devono immediatamente sospendere il deflusso di prodotti agricoli e di greggio dal territorio della Siria: lo ha dichiarato il portavoce del Ministero degli Esteri cinese Wang Wenbin, riferendosi al fatto che i militari americani abbiano conquistato e occupato le principali zone siriane di coltivazione agricola e di giacimenti petroliferi. Il diplomatico cinese lo ha definito un “saccheggio” di livello statale e ha chiesto non solo che vengano fermate le ruberie, ma che sia compensato l’intero danno inflitto dagli americani al Paese arabo. Il rappresentante cinese ha mostrato come si trovino le principali linee di collegamento della Siria in mano statunitense. Gli stessi siriani – fa notare Wang Wenbin – dicono che molti sono esasperati dalle azioni dei militari americani e affermano che questi ultimi non sono qui per combattere il terrorismo, ma per depredare la nazione. I racconti dei saccheggi in Siria ad opera degli americani sono suffragati da diverse fonti siriane, scrive il giornale iraniano Resalat. I dati statistici ufficiali presentati dal Ministero del Petrolio siriano confermano che fino a 70mila barili di greggio vengono quotidianamente fatti uscire dal Paese dagli americani e dalle formazioni sotto il loro controllo.
Come riportato dal quotidiano saudita Asharq Al-Awsat, i volumi delle riserve petrolifere della Siria sono rimasti secretati per lungo tempo. Nel 2015 il Ministero della Difesa degli USA aveva valutato gli introiti dell’ISIS (organizzazione che la Russia ha dichiarato fuori legge) derivanti dalla vendita del petrolio: 40 milioni di dollari al mese. Dopo due anni le bande dell’ISIS sono state buttate fuori dalle aree della Siria orientale, mentre le “Forze Democratiche Siriane” dei curdi, sostenute dagli americani, imponevano il controllo sui principali giacimenti di petrolio del Paese. L’estrazione del petrolio in Siria nel 2008 ammontava a 406mila barili al giorno. Nel 2015 la quantità era ridotta a 27mila barili e nel 2018 ad appena 24mila. Poi nel 2020 è cresciuta ed è arrivata a 89mila barili al giorno, ma il ministro siriano del Petrolio e delle Risorse minerarie Bassam Tohme ha dichiarato che praticamente tutto il greggio estratto nell’est della Siria viene depredato. Delle ruberie americane di risorse naturali siriane ne aveva parlato parecchio tempo fa il Ministero della Difesa russo. Già nel 2019 il maggior generale Igor Konashenkov, portavoce del Ministero, aveva detto: L’estrazione di petrolio viene effettuata grazie ad impianti forniti dalle multinazionali occidentali più in vista, eludendo tutte le sanzioni americane. Il ministro della Difesa Sergey Shoigu ha poi apertamente detto che da molto tempo i militari USA presidiano illegalmente alcuni territori della Siria e rubano i prodotti minerari di questo Paese. La conferma del saccheggio della Siria l’ha data anche l’ex presidente Donald Trump: Noi ci teniamo il petrolio. Ricordatelo. L’ho sempre detto: tenete il petrolio. Vogliamo tenerci il petrolio, sono 45 milioni di dollari al mese. Nel 2019 il giornale americano Politico diede la notizia che una certa azienda USA aveva firmato un contratto con le autorità curde nel nord-est della Siria per la lavorazione e l’esportazione del greggio dalla regione, nell’ambito di un accordo segreto approvato dal governo di Washington. Il Ministro degli Esteri della Siria ha definito questo accordo illegale e ha detto che si tratta di un “furto” di petrolio siriano, scrive Politico.
Gli USA rubano non solo il petrolio, ma pure il grano siriano. Fino all’inizio del conflitto la Siria era un prospero Paese agricolo che produceva annualmente non meno di tre o quattro milioni di tonnellate di frumento. I raccolti bastavano non solo al fabbisogno interno, ma pure per le esportazioni, tra l’altro verso l’Unione Europea. Adesso il grano in Siria non è più sufficiente e Damasco deve comprarlo dall’estero. L’esercito americano e le subalterne “Forze Democratiche Siriane” hanno occupato e adesso presiedono i territorio della riva orientale dell’Eufrate, con il centro nella provincia di al-Hasaka, il più grande produttore di grano del Paese. Il frumento che là si produce e il petrolio che là si estrae vengono espropriati dagli americani e dai loro clientes siriani e, aggirando la Siria, passano in Iraq. Purtroppo al mondo non vi è quasi nessun Paese che prende seriamente in considerazione questa ingiustizia, scrive l’edizione giapponese di Yahoo News. Se il grano e il petrolio delle rive orientali dell’Eufrate venissero interamente utilizzati per il fabbisogno interno, i problemi alimentari e di altro tipo che infestano la Siria sarebbero grandemente alleviati, mentre il livello di vita della popolazione locale crescerebbe. Tuttavia – scrive il giornale giapponese – le condizioni difficili del popolo siriano sono allegramente ignorate dalla stampa occidentale e dai gruppi che difendono i diritti umani. Tale enorme problema viene raccontato solo dai giornali governativi siriani e dai media russi e cinesi, ma i loro messaggi sono respinti dall’Occidente e dal Giappone come propaganda di una dittatura.
Il 21 luglio, il primo vice rappresentante permanente della Federazione Russa presso l’ONU Dmitry Polyansky, durante una seduta dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, ha per l’ennesima volta sottolineato: Le uniche zone fuori dal controllo del governo siriano rimangono solo quelle oltre l’Eufrate, dove gli occupanti americani depredano su base giornaliera le risorse di grano e di idrocarburi, e la zona di de-escalation di Idlib nel nord-ovest del Paese, occupata dagli uomini dell’Hay’at Tahrir al-Sham, organizzazione internazionalmente riconosciuta come terroristica. Considerando l’ipocrita preoccupazione degli Stati Uniti per il grano ucraino, le sfacciate ruberie americane in Siria appaiano particolarmente ciniche.
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