Continua la mattanza di sfollati nella Repubblica Democratica del Congo, nonostante la resa dei reduci del gruppo M23
L’Unhcr, Agenzia ONU per i Rifugiati, ha denunciato per una serie di blitz mortali mossi da gruppi armati ai danni di persone sfollate nella parte orientale della Repubblica Democratica del Congo. Secondo le autorità locali, l’ultimo attacco sarebbe avvenuto domenica scorsa e avrebbe causato la morte di 26 persone presso il campo di Ndjala, nella zona sanitaria di Drodro, provincia dell’Ituri. Il bilancio però è ancora provvisorio. Tra le persone decedute si contano dieci donne e nove bambini, mentre sono undici le persone ferite. Gli aggressori hanno utilizzato pistole, machete e coltelli secondo le ricostruzioni ufficiali. Il 21 novembre, un gruppo di miliziani ha attaccato Drodro e Tché, un altro sito che accoglie sfollati. Le autorità hanno dichiarato che nella zona di Drodro 44 persone sono state uccise e 1.200 alloggi sono stati distrutti. Quasi 1.000 alloggi sono inoltre stati danneggiati nell’area di Tché. Sarebbero oltre 20.000 le persone fuggite dai campi e che si sono dirette a Rhoe, sperando di trovare protezione nella base militare della Missione Onu per la Stabilizzazione nella RDC (Monusco). In meno di 48 ore, la struttura ha visto raddoppiare il numero di persone accolte, passate da 21.000 a 40.500, una situazione che ha costretto le famiglie neoarrivate a dormire all’aperto. Le esigenze più pressanti riguardano cibo, alloggi e assistenza sanitaria, nonché sostegno psicosociale. Nella parte orientale del Paese, il 14 novembre intanto un gruppo armato aveva sferrato un attacco contro un campo di accoglienza nella città di Mikenge, in Sud Kivu, uccidendo sei bambini e una donna incinta. Altre otto persone sono rimaste ferite da colpi di machete e proiettili. Le persone sono fuggite e i loro alloggi sono stati distrutti. Gli attacchi, innescati in parte da tensioni intercomunitarie, aggravano i problemi a cui devono far fronte gli sfollati interni. Il furto di capi di bestiame, che spesso accompagna queste irruzioni, rende ancora più profonda l’insicurezza economica, e le violenze amplificano le sofferenze di persone che sono state costrette a fuggire dalle proprie case in almeno una occasione. Tali episodi, inoltre, infondono paura nelle popolazioni locali.
Queste notizie cozzano con le dichiarazioni del Governo congolese. L’esercito secondo i comunicati ufficiali avrebbe recuperato tutte le sue posizioni, attaccate la scorsa domenica da ex ribelli del Movimento 23 marzo (M23) nella Repubblica Democratica del Congo orientale. I militari avevano in precedenza accusato i membri del gruppo di ribellione M23 di aver attaccato una base nell’area di Rutshuru, nel Congo orientale, e i combattimenti erano in corso. “Il movimento insurrezionale M23 ha attaccato le posizioni delle FARDC a Rutshuru con l’intenzione di destabilizzare la provincia. Al momento, i combattimenti sono in corso e le forze lealiste sono determinate a porre fine a questo gruppo armato una volta per tutte“, ha affermato il generale Sylvain Ekenge, vice portavoce dell’esercito congolese, noto anche come FARDC.
M23 è un gruppo armato nato nel nord della regione del Kivu, nella Repubblica Democratica del Congo (RDC). In questo gruppo ci sono anche componenti dei membri del CNDP. Si suppone inoltre che questo gruppo M23, sia stato sponsorizzato dai Governi degli Stati confinanti Ruanda e Uganda. I primi scontri risalgono nel 2012 esattamente il 4 aprile di quell’anno e sono durati per un anno e sette mesi. Finalmente quando è stato poi stipulato un accordo di pace tra undici Nazioni Africane e le truppe M23, queste hanno fermato gli attacchi. Nel conflitto del 2020 in Uganda, gli ex ribelli della Repubblica Democratica del Congo, si rifiutarono di tornare a casa. Già allora una fonte di alto livello ugandese ha affermato che alcuni combattenti dell’M23 erano stati feriti, dopo che l’esercito ugandese aveva fatto resistenza. Il Presidente del M23 Bertrand Bisihwa, aveva dichiarato che l’operazione del rimpatrio è stata una violazione “delle regole Internazionali” e non era stato rispettato l’accordo di pace firmato a Nairobi. Il portavoce dell’esercito Ugandese Padiy Ankunda, aveva confermato anzi che molti dei ribelli hanno espresso la volontà di essere rimpatriati. Secondo fonti di Al-jazeera, uomini hanno occupato l’8 novembre 2021 la parte Orientale della Repubblica Democratica del Congo (RDC), nei pressi del confine con l’Uganda e il Ruanda. La notizia era stata confermata da un Funzionario locale del Congo. Il Tenente Colonnello, Muhindo Luanzo, che fà parte dell’amministrazione del territorio congolese di Rutshuru ha accusato di questa operazione bellica i ribelli M23, gruppo che aveva già in passato occupato vaste aree di territorio nel 2012 e nel 2013. I villaggi occupati , Kinyangurube, Ndiza, Tshanzu e Runyoni , erano le ultime roccaforti rimaste dell’ M23, prima di essere ricacciati dalle forze congolesi e dalle Nazioni Unite fino in Ruanda e in Uganda nel 2013. Da allora ci sono stati sforzi, per smobilitare questi combattenti, ma a causa, della lentezza di un accordo di pace degno di questo nome, alcuni di loro sono tornati nella Repubblica Democratica del Congo. Non è stato al momento reso un dato certo sull’identità degli uomini armati che hanno occupato i due villaggi poi riconquistati. Questo perchè entrambe le parti, ovvero i funzionari M23 e i portavoci del governo RDC, non hanno rilasciato nessuna dichiarazione in merito al fatto.
Secondo quanto dichiarato all’agenzia Stampa Reuters i due villaggi di Tshanzu e Runyoni , erano stati assaltati contemporaneamente a tarda notte di domenica, dichiarando “le nostre truppe stanno conducendo operazioni di contrattacco, avendo identificato il nemico proveniente dal Ruanda“. Per questo motivo, i funzionari delle Nazioni Unite, hanno mosso delle accuse nei confronti sia dell’Uganda che del Ruanda per essere intervenuti militarmente nella Repubblica Democratica del Congo scossa già dalle guerre regionali di due decenni fa. Queste accuse vengono respinte sia dall’Uganda che dal Ruanda. Attivisti locali, affermano che domenica notte , a causa di questi scontri , avvenuti con armi sia leggeri che pesanti , gli abitanti si sono visti costretti ad abbandonare le proprie case , attraversando il confine di Bunagana cercando rifugio in Uganda. La portavoce della Croce Rosa Ugandese, Irene Nakasiita, ha dichiarato che l’Uganda sta subendo l’arrivo di un notevole numero di rifugiati dalla Repubblica Democratica del Congo. Sempre secondo il corrispondente di Al-Jazeera da Nairobi Webb, alcune persone che scappavano in Uganda hanno affermato di aver riconosciuto dei comandanti del gruppo M23 negli invasori dei loro villaggi. A seguito di questa situazione, domenica sera, gli Stati Uniti temendo un potenziale attacco alla Capitale Provinciale di Goma, che si trova a 31 miglia a sud ovest dei due villaggi occupati, hanno diramato un avviso di sicurezza, per proteggere il proprio personale in loco. Tutte le strade per Goma sono state presidiate dai soldati. Alcune fonti locali riferiscono che questi uomini armati arrivati dal territorio del Ruanda avrebbero attraversato il Parco Virunga (parco dove vivono numerose famiglie di gorilla, a rischio estinzione), per raggiungere, i villaggi occupati . Ovviamente tutte queste guerriglie hanno fatto si che l’esercito dell Repubblica Democratica del Congo RDC, dichiarasse l’evacuazione di tutti i civili dai villaggi, a seguito di questa situazione c’è stata la grande fuga verso i confini dell’Uganda causando il sovraffollamento dei capi profughi ora presi d’assalto dai combattenti.
Nata l’11 novembre del 1959, opera come Tecnico Sociale ed è impegnata professionalmente da circa 34 anni proprio nell’ambito del sociale. Da dieci anni visita il Kenya per amore e passione di quella terra.