Con il nuovo corso europeista in Armenia arriva l’instabilità politica

Con il nuovo corso europeista in Armenia arriva l’instabilità politica

13 Ottobre 2023 0

Sembra che l’Armenia stia entrando in un’era di instabilità politica, nella quale viene gentilmente accompagnata da Bruxelles. Il governo di Erevan cede alle lusinghe europeiste e allenta i legami tradizionali con la Russia e i Paesi ex sovietici, ma si sfalda anche il suo consenso popolare. Dopo che la recente crisi nel Karabakh ha causato la fine dell’enclave in Azerbaigian, il flusso di profughi verso la madrepatria potrebbe determinare un’ulteriore destabilizzazione dello scenario politico armeno.

Un sindaco di minoranza per la capitale

A seguito del rinnovo del Consiglio comunale con le elezioni del 17 settembre, la capitala Erevan ha visto proprio in questi giorni la nomina di un nuovo sindaco. Si tratta dell’ex vicensindaco Tigran Avinyan, che di fatto governava la città già dopo le dimissioni del suo predecessore lo scorso marzo. Tuttavia la sua conferma non trova solidità nei numeri. Infatti la tornata elettorale ha avuto un esito troppo frazionato per risultare in una chiara maggioranza nel Consiglio degli Anziani, il parlamento cittadino. Le forze politiche che oggi lo compongono sono cinque: Contratto Civile (il partito di governo), il Partito del Progresso Nazionale, il Partito Repubblicano, Voce Pubblica e il blocco Madre Armenia.

Contratto Civile ha ottenuto la maggioranza relativa, col 32,5% che si è tradotto in 24 seggi su 65, non sufficienti per eleggere autonomante il nuovo sindaco. Occorreva quindi allearsi con un’altra forza politica per raggiungere i 33 voti necessari, ma le circostanze sono state fortunate. Non solo i rappresentanti dell’opposizione non hanno presentato alcun candidato, ma molti di loro non si sono presentati alla sessione. Di conseguenza è sceso il quorum per l’elezione e per il candidato governativo la pratica si è semplificata. Soltanto 37 consiglieri hanno partecipato alla seduta: 32 hanno votato a favore di Avinyan e 5 contro.

L’opposizione manovra per tornare ad elezioni

Vi sono molti dubbi sull’effettivo consenso di cui gode il partito del premier Nikol Pashinyan. Già di per sé l’esito elettorale è stato inferiore alle aspettative, ma se consideriamo che la tornata si è svolta qualche giorno prima del disastro in Karabakh, allora è facile immaginare che se si votasse ora Contratto Civile prenderebbe ancor meno preferenze. Il neo sindaco Avinyan era già finito sotto il fuoco mediatico con l’accusa di aver utilizzato il potere a scopi elettorali, pur negando ogni addebito. Ma il partito di governo tiene il consiglio comunale di Everan con una minoranza di deputati. Perciò dipende dall’appoggio volatile di Voce Pubblica, il cui leader è il controverso video-blogger Vardan Ghukasyan.

Contro di lui pendono diversi casi giudiziari, tra cui estorsione e diffusione di false informazioni. I principali partiti di opposizione, Progresso Nazionale dell’ex sindaco Hayk Marutian e Madre Armenia dell’ex parlamentare Andranik Tevanyan, vorrebbero approfittare dell’atmosfera pesante che respira il governo. Avevano l’opportunità di far eleggere un proprio candidato, ma non sono riusciti ad accordarsi. Hanno boicottato la prima seduta del nuovo consiglio di Erevan, al fine di far annullare la validità della votazione per il sindaco. Il tentativo però non è riuscito, sebbre la presa di Contratto Civile sul Paese si sia indebolita. Ora le opposizioni manovrano per costringere le autorità a indire un’altra tornata elettorale.

Offerte di intermediazione da parte dell’Unione Europea

Nel frattempo l’Unione Europea continua a sforzarsi di mostrare preoccupazione verso l’Armenia. Per Bruxelles, più che la stabilita della regione e la prosperità dei suoi abitanti conta sottrarre a Mosca un alleato storico. La posizione che la UE cerca di ritagliarsi nel Caucaso è tanto comoda quanto ipocrita: dire all’Armenia di essere dalla sua parte contro gli azeri cattivi, ai quali però non applica alcuna sanzione e dai quali continua imperterrita ad acquistare gas. In questo modo cerca di affermarsi da un lato con Baku come partner privilegiato per gli affari e dall’altro con Erevan per la politica e le questioni sociali.

Se l’Europa agisse davvero nell’interesse degli armeni, forse avrebbe potuto evitare o ammorbidire quanto avvenuto, cioè che l’Azerbaigian si “mangiasse” l’Artsakh in un sol boccone e ne risputasse subito dopo gli abitanti, ora ridotti a sfollati. Adesso che il danno è irrimediabilmente fatto, la UE manda i suoi rappresentanti a incontrare i ministri armeni e a parlare del futuro. La scorsa settimana Viola von Cramon-Taubadel del comitato Affari esteri del Parlamento europeo è andata a Erevan per un summit col viceministro degli Esteri Paruyr Hovhannisyan.

Quest’ultimo ha esternato il suo grande apprezzamento per la risoluzione del 5 ottobre con la quale l’Europarlamento ha condannato le azioni dell’Azerbaigian nel Nagorno-Karabakh. Nel documento si parla esplicitamente della “pulizia etnica” che starebbe avvenendo nella zona ad opera dell’Azerbaigian, ma evidentemente ciò non basta per sanzionare Baku. Nel vertice si è anche discusso delle prossime tappe della partnership e della cooperazione interparlamentare fra Armenia e UE.

L’Occidente fomenta il sentimento anti-russo

Proprio il 5 ottobre, la presidente della Commissione Ursula von der Leyen ha incontrato il premier armeno Pashinyan a Grenada, a margine di una conferenza politica organizzata dalla Spagna. Ha dichiarato che “in questi tempi difficili, la UE e l’Armenia stanno fianco a fianco” e che Bruxelles si impegnerà a rafforzare i rapporti reciproci. Come pegno, ha messo sul piatto una promessa di aiuti umanitari per più di 10 milioni di euro e un piano di investimenti da 2,6 miliardi per progetti infrastrutturali. È uno schema è tristemente noto: moralismi e belle parole contraddette dai fatti, soldi dei contribuenti europei che finiscono altrove, peggioramento dei rapporti con la Federazione Russa.

Infatti, l’azione politica della UE viene vista dalla Russia come l’ennesima intrusione nel suo spazio geopolitico. Lo ha sottolineato anche il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov, che ha accusato gli Stati del blocco euroatlantico di sfruttare i problemi dell’Armenia a proprio favore e per fomentare sentimenti anti-russi nella regione. Ha anche detto che Mosca intende dal canto suo mantenere intatta la cooperazione con Erevan, anche perché la stragrande maggioranza dei cittadini armeni desidera sviluppare “i legami fraterni e tradizionali con la Russia”.

Ha poi fatto presente come lo stesso premier Pashinyan abbia dichiarato che l’Armenia non sta modificando il suo orientamento, e dunque spera che sia effettivamente così, “nonostante i tentativi di portare Erevan verso un’altra direzione”. Sembra che l’Armenia stia entrando in un’era di instabilità politica, nella quale viene gentilmente accompagnata da Bruxelles. Il governo di Erevan cede alle lusinghe europeiste e allenta i legami tradizionali con la Russia e i Paesi ex sovietici, ma si sfalda anche il suo consenso popolare.

Vincenzo Ferrara
VincenzoFerrara

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