Biden vuol sbrigarsi a inasprire le sanzioni sul petrolio russo, perché finora non hanno funzionato abbastanza
L’economia russa ha sopportato i colpi delle sanzioni euroamericane e anzi si è permessa il lusso di crescere. Sebbene l’inflazione morda e i problemi non manchino, Mosca continua imperterrita a vendere le sue materie prime e a incassare da Oriente e da Occidente. A Biden restano ormai poche settimane per provare a fare ancora qualcosa di male, così gli esperti della sua squadra stanno discutendo su come inasprire le sanzioni. Finora si sono rivelate poco efficaci, così probabilmente stavolta andranno a colpire la flotta di petroliere e pure i terzi acquirenti. La testata finanziaria americana Bloomberg ha proposto un’analisi partendo dalle rivelazioni anonime dei beninformati dentro l’amministrazione Biden.
Nuove sanzioni
L’amministrazione Dem sta studiando nuove sanzioni più stringenti contro il fruttuoso commercio di petrolio russo. Vorrebbe frenare ancora di più la macchina da guerra del Cremlino, a poche settimane dall’insediamento di Trump. Stanno ancora lavorando sui dettagli, ma si sa che la squadra dell’attuale presidente prenderà di mira determinate esportazioni petrolifere di Mosca. Lo hanno rivelato persone a conoscenza delle discussioni dietro le quinte, che però hanno chiesto di restare anonime. È un passo su cui Biden ha temporeggiato a lungo, temendo di provocare un rialzo del costo dell’energia. Non voleva un problema del genere soprattutto nell’ultimo mese prima delle elezioni. Ma ora è disposto ad azioni più aggressive, dicono i beninformati, perché il prezzo del petrolio sta scendendo sullo sfondo delle previsioni di un surplus globale nel 2025, mentre sale la paura che Trump costringa Kiev a firmare rapidamente un accordo con la Russia per terminare il conflitto.
Biden più determinato
Le discussioni in seno all’amministrazione Biden mostrano come oggi sia molto più disposta a correre dei rischi nel confronto con la Russia, mentre termina il presidente conclude il suo mandato. Il fatto poi è che i precedenti sforzi per soffocare le entrare energetiche del Cremlino avevano dato risultati incerti, ma negli USA il prezzo medio della benzina è sceso al minimo da metà 2021. Vicino al suo termine, il governo Dem si è deciso pure a incrementare l’assistenza militare e finanziaria per Kiev, non sapendo se Trump proseguirà sulla strada del supporto agli ucraini. Gli USA hanno già bandito le importazioni di petrolio russo, ma le prossime sanzioni sovvertiranno più di due anni di corso politico, a partire da quel febbraio 2022 in cui Mosca avviò la sua operazione speciale. Le restrizioni contro uno dei maggiori produttori mondiali potrebbero infatti toccare pure gli acquirenti stranieri del suo greggio.
Sanzioni alle petroliere
La Casa Bianca starebbe anche valutando sanzioni contro le navi tanker che la Russia utilizza per trasportare il suo petrolio, dicono le fonti interpellate. Le nuove limitazioni sulla cosiddetta “flotta fantasma” potrebbero essere rivelate nelle prossime settimane. L’Unione Europea sta progettando misure analoghe da approvare entro fine anno e pensa anche di colpire i singoli coinvolti in questo traffico. I portavoce del Consiglio di Sicurezza nazionale e quello del Dipartimento del Tesoro hanno rifiutato di commentare. È chiaro comunque come l’amministrazione Biden stia cercando di lasciare “un’eredità difficile” nelle relazioni americane con la Russia, ha affermato il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov qualche giorno fa. Lo ha detto in risposta a una domanda sulle prospettive di sanzioni petrolifere più dure. Dei prezzi del petrolio si parla poco sui notiziari, sottolineando il fatto che Trump potrebbe voler evitare dei catalizzatori di inflazione nello stesso modo in cui ha fatto Biden.
Tetto ai prezzi
Dall’inizio della sua operazione bellica, Mosca è sostanzialmente riuscita a tenere in piedi il commercio di petrolio, sebbene rivolto più ai compratori asiatici che a quelli europei, a quali invece andava prima del conflitto. Per gran parte del 2024, i prezzi del petrolio russo si sono tenuti sopra il tetto imposto dal G7, che consentiva solamente ai servizi occidentali per carichi acquistati a 60 dollari al barile o anche a meno. Ciò si deve parzialmente al fatto che la Russia abbia sfruttato una flotta “fantasma” di cargo che spessa opera con proprietari o assicuratori sconosciuti. Il tetto ai prezzi ha cercato di limitare l’afflusso di entrate dal commercio petrolifero e simultaneamente di mantenere le forniture. Ma si tratta di due obiettivi in opposizione l’uno con l’altro. Un’alternativa sanzioni americane più ampie potrebbe consistere nell’imporre restrizioni simili al petrolio iraniano. In tal caso, i compratori incapperebbero nella punizione degli USA.
Una mossa rischiosa
Tuttavia tale mossa comporterebbe rischi, perché ad esempio India Cina sono grossi consumatori di greggio russo. Nell’immediato dunque causerebbero un picco dei prezzi e una tensione economica globale. I future sul greggio tengono un margine stretto da metà ottobre, col Brent sotto i 75 dollari (in confronto ai più di 120 dollari dei mesi successivi all’inizio dell’operazione russa). Ciò inasprirebbe le tensioni con gli avversari e pure coi partner, il cui aiuto è desiderato da Washington per limitare l’export di beni strategici come microchip e tecnologie che servono alla macchina bellica russa. Se da un lato questi provvedimenti tendono a capitalizzare su un mercato petrolifero più cedevole, dall’altro sono finalizzati ad aumentare la pressione sulla Russia prima che Trump entri in carica. Il presidente eletto sta spingendo per i negoziati sulla fine del conflitto e i Dem vogliono dare a Zelensky la posizione migliore possibile al futuro tavolo delle trattative.
L’economia russa ha resistito
Partendo da queste premesse, forse il restringere maggiormente le entrate di Putin potrebbe davvero rafforzare la posizione ucraina. C’è una chance che Trump annulli tali misure se le dovesse poi ritenere responsabili dell’aumento dei prezzi, ma col rischio del costo politico di sembrare deboli od offrire troppo presto concessioni al Cremlino. Peraltro, Mosca ha smentito le previsioni di collasso economico dopo che USA&alleati le avevano imposto delle sanzioni senza precedenti. Dopo un’inciampo iniziale, l’economia russa si è rialzata alla grande, con ingenti spese statali per la difesa gli aiuti al business nazionale colpito dalle sanzioni. Nel 2024 potrebbe salire del 3,5% secondo un sondaggio di novembre svolto da Bloomberg News su ventiquattro economisti. Deve comunque affrontare sfide ancora più difficili, col rublo che si svaluta e la Banca centrale che a ottobre ha aumentato il suo tasso di interesse fino a un 21% da record.
Sanzioni contro Gazprombank
Lo scopo della Banca centrale era limitare l’inflazione che sta andando al doppio del 4% previsto. È stata messa in guardia sul rischio di stagflazione che si accompagna al rallentamento della crescita, in mezzo a carenze di manodopera e un’inflazione che resta alta. La mossa più recente segue le restrizioni imposte dagli USA verso Gazprombank, l’ultimo istituto finanziario di grandi dimensioni che era esentato dalle misure punitive. Per paura di provocare turbolenze nei mercati globali delle materie prime, l’amministrazione Biden in precedenza aveva stabilito di non imporre sanzioni contro questa banca, alla quale i Paesi europei ricorrevano per pagare il gas che ancora compravano dalla Russia. L’Ungheria, così come altri Stati che si affidano alle importazioni di gas russo, ha già avvertito che la decisione di Washington ha creato un potenziale rischio per la sicurezza energetica. La Turchia, a sua volta, ha provato a chiedere esenzioni.
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