Alle prossime europee la crescita dei partiti euroscettici e di destra cambierà le priorità della UE, dall’Ucraina al green

Alle prossime europee la crescita dei partiti euroscettici e di destra cambierà le priorità della UE, dall’Ucraina al green

26 Gennaio 2024 0

Le elezioni europee che si terranno a inizio giugno potrebbero segnare l’inizio di una svolta profonda nella politica del Vecchio Continente. I raggruppamenti politici che negli ultimi anni hanno guidato le scelte di Bruxelles stanno perdendo consenso proprio a causa di tali scelte, considerate dannose e scellerate dai cittadini.

Se, come prevedono gli esperti, prenderanno più voti le formazioni di destra e quelle euroscettiche e se comunque l’esito elettorale sarà incerto, l’Unione Europea potrebbe cambiare aspetto o diventare ingovernabile.

Le previsioni di voto

Le analisi sulle intenzioni di voto degli europei effettuate da due centri studi combaciano sostanzialmente: cresceranno le forze di destra, quelle euroscettiche e “populiste”, mentre perderanno consenso i raggruppamenti di sinistra e di centro che finora hanno imposto la narrativa. Europe Elects non ha svolto un sondaggio, bensì un nowcasting, una previsione in tempo reale basata sull’aggregamento dei dati presenti all’istante e passibili di mutamento.

Le deduzioni più significative riguardano Identità e Democrazia (ID) e Conservatori e dei Riformisti Europei (ECR), due gruppi che potrebbero ottenere rispettivamente il terzo e il quarto posto nella classifica del numero di seggi a Strasburgo. ID, composta da euroscettici di destra moderata o estrema, otterrebbe addirittura 20 seggi in più rispetto ad oggi, prendendosi così oltre il 12% del Parlamento. ECR, che comprende partiti “eurorealisti” e contrari al progetto di trasformare la UE in uno Stato federale, avrebbe 19 seggi in più, arrivando quasi all’11%.

Gli esperti dello European Council on Foreign Relations (ECFR) concordano, sottolineando come a subire un’emorragia di voti saranno soprattutto il Partito Popolare Europeo (PPE) e l’Alleanza Progressista dei Socialisti e dei Democratici (S&D), che certamente non riusciranno ad avere i seggi per formare nuove maggioranze con tranquillità. Soffrirà una leggera flessione il Gruppo della Sinistra al Parlamento europeo(GUE/NGL), che comunque già oggi si oppone alle politiche della Commissione, volendo arrivare ad abolire il Trattato di Maastricht ed essendo fortemente contrario alla NATO.

Le implicazioni politiche

Vi sono ancora molti partiti di Stati diversi per i quali non si sa il posizionamento che avranno nei raggruppamenti a Strasburgo. L’imprevedibilità di tali scelte non fa che aggiungere incertezza al risultato finale della tornata, ma i politologi concordano nel dire che l’asse politico di Bruxelles si sposterà complessivamente verso destra.

Per la prima volta nella storia dell’Europarlamento, potrebbe formarsi una coalizione con elementi nuovi e a maggioranza di destra, che proporrebbe soluzioni differenti alle istanze che hanno dominato questo quinquennio di legislatura. Dall’ecologia all’immigrazione, dalla sicurezza militare all’ampliamento dell’Unione, passando per la politica monetaria: alcuni temi verrebbero probabilmente messi in secondo piano, come la transizione green, mentre su altri si cercherebbe di invertire il processo di centralizzazione, come per il fisco e il bilancio. Molto dipenderà dalla selezione dei prossimi Commissari europei, a partire dal presidente: con una maggioranza di destra o comunque diversa da quella attuale, difficilmente verrebbe rieletta Ursula von der Leyen, che si dice voglia concorrere per un secondo mandato.

Quel che è certo, dicono gli esperti, è che le analisi delle intenzioni di voto rappresentano un campanello d’allarme per coloro che dal 2019 reggono la UE: gli europei sono scontenti e in profondo disaccordo con la direzione che Bruxelles ha imposto agli affari continentali, dalle questioni geopolitiche alla vita quotidiana dei cittadini. A mettere in gioco gli odierni equilibri saranno pure le elezioni che si svolgeranno quest’anno all’interno di quindici Paesi membri: saranno elezioni presidenziali, parlamentari e locali e conteranno soprattutto quelle di Austria, Belgio, Croazia, Finlandia, Lituania, Portogallo e Romania.

Le cinque istanze del prossimo futuro

Secondo l’analisi dell’ECFR il dibattito politico continentale non è più limitato allo scontro fra destra e sinistra o fra europeisti ed euroscettici. Ora vi sono almeno cinque grandi aree tematiche che attirano l’interesse del bacino elettorale: clima, immigrazione, economia, Covid e Ucraina. Sono infatti le crisi sorte a inizio decennio e che hanno generato cinque gruppi di elettori, che però non sono omogenei sotto il profilo geografico, di età o di livello di istruzione.

Come si è visto nelle recenti elezioni politiche dei Paesi Bassi, le due istanze più sentite sono immigrazione e cambiamento climatico. In Olanda ha vinto la destra del Partito per la Libertà che vuole fermare l’immigrazione, ma al secondo posto si è piazzata la coalizione dei Verdi e della Sinistra ambientalista. Gli esperti dell’ECFR dicono che quello olandese è un esempio di scontro fra due “tribù di extinction rebellions”: gli attivisti climatici temono l’estinzione della natura, mentre nazionalisti temono la scomparsa della propria identità culturale.

Il Covid a sua volta spaventa perché ha svelato la debolezza dei sistemi sanitari nazionali, mentre la persistente crisi economica è di per sé alla base di tutta una serie di paure e di problemi. Il tema dell’Ucraina non ha solamente implicazioni a livello di scelte geopolitiche e militari, ma si intreccia proprio con quello già citato dell’immigrazione. Nel 2025 infatti scadrà la protezione sociale data ai profughi ucraini e bisognerà decidere se tenerli o espellerli. Nel frattempo Kiev insiste con Bruxelles proprio per riavere indietro almeno gli uomini in età di leva, che rappresenterebbero almeno il 18% dei rifugiati.

Sostegno all’Ucraina

L’attuale posizione di Bruxelles nelle relazioni con Mosca e Kiev potrebbe subire modifiche pure a causa di fattori esterni, primo fra tutti le presidenziali americane. Se come molti pensano alla Casa Bianca tornerà Trump, sarà messa una pietra tombale sugli aiuti militari e finanziari per l’Ucraina, oltre che sulla sua adesione alla NATO e alla UE.

E se anche restasse Biden o vincesse un altro candidato democratico, dovrebbe fare i conti la ritrosia del Congresso a concedere altri dollari e armi a Zelensky. Se poi alle elezioni europee o a quelle interne dei Paesi membri guadagnassero voti coloro che desiderano ristabilire la cooperazione con la Russia, sarebbe una svolta decisiva per la UE. L’atteggiamento dei governi nazionali è infatti decisivo ai fini delle scelte di Bruxelles, basti pensare a Ungheria e Slovacchia.

Il veto ungherese sta bloccando il mega-pacchetto da 50 miliardi che la Commissione vorrebbe tanto dare a Zelensky, mentre il premier slovacco Robert Fico ha detto esplicitamente che il suo Paese è contrario ad altri aiuti militari. Ha anche dichiarato che Kiev dovrebbe accettare di cedere parte dei suoi territori alla Russia pur di arrivare alla pace. È contrario all’ingresso dell’Ucraina nella NATO, ma non esclude l’adesione alla UE. Infine non vuole che si interrompa la collaborazione in ambito energetico con Mosca, perciò insiste con Kiev affinché prolunghi il contratto per il passaggio del gas russo verso l’Europa lungo i condotti ucraini: l’accordo scade a fine anno e sarà certamente un tema cardine delle prossime scelte di Bruxelles.

Le elezioni europee che si terranno a inizio giugno potrebbero segnare l’inizio di una svolta profonda nella politica del Vecchio Continente. Se, come prevedono gli esperti, prenderanno più voti le formazioni di destra e quelle euroscettiche e se comunque l’esito elettorale sarà incerto, l’Unione Europea potrebbe cambiare aspetto o diventare ingovernabile.

Martin King
Martin King

Iscriviti alla newsletter di StrumentiPolitici