II gasdotto transcaspico: tanti attori e interessi in gioco per un progetto molto sfaccettato
In ambito energetico gli interessi intorno al Mar Caspio toccano diversi Paesi e gruppi di Paesi. Chi riuscirà a imporsi nell’esportazione del gas dall’Asia Centrale all’Europa? Non è solo una questione di giacimenti e di infrastrutture, ma anche e soprattutto di relazioni diplomatiche, di dominio sulla logistica e di accesso alla vendita finale.
Gli interessi di Bruxelles
All’Europa interessano molto le risorse energetiche dell’Asia Centrale. Non ci si stupisce dell’ipocrisia di una Commissione che con alcuni sventola difesa degli ideali e dell’ambiente, con altri si comporta con spietata realpolitik. Quest’ultimo è proprio il caso del gasdotto transcaspico. Si tratta però di capire dove andranno i soldi dei contribuenti europei. Vi sarà un effettivo riscontro in termini di inverni al caldo e di fabbriche funzionanti oppure no? E si spera pure che la UE non si impegoli in contese geopolitiche che recano solo danno e beffa ai comuni cittadini.
Dell’energia delle steppe asiatiche e di come portarla in Occidente ne ha parlato Ursula von der Leyen al summit del 4 aprile tenutosi a Samarcanda, in Uzbekistan. La presidente della Commissione ha annunciato un pacchetto da 12 miliardi di euro da destinare all’Asia Centrale nell’ambito del progetto Global Gateway. In particolare, 10 di essi andranno proprio al corridoio transcaspico. Con Kazakistan e Uzbekistan è poi stato siglato un memorandum di intesa sui minerali che servono alla transizione verde e “all’economia pulita del domani”. Vedremo comunque quanto sporcheranno oggi codesti minerali e quali altri soggetti scontenteranno. Dice la von der Leyen: L’Asia Centrale ha una quota significativa di riserve globali e l’Europa vuole fare un’offerta equa, un’offerta speciale.
Gli interessi di Ankara
Se ne parla già dal gennaio di quest’anno: la Turchia desidera essere il fornitore di gas “più affidabile” per l’Europa ed è in grado di diventarlo. Lo ha detto l’esperto di energia Emin Emrah Danış, secondo cui le ben sviluppate infrastrutture di Ankara rappresentano oggi la rotta alternativa più sicura. Esse hanno infatti la capacità di portare sia il combustibile turco sia il gas proveniente da altri Paesi. La rete turca riceve il gas russo tramite le condutture del BlueSteam e del TurkStream, mentre quello azero e iraniano con il TANAP, per poi mandarlo in Bulgaria, Ungheria, Moldavia e Macedonia del Nord. Ha ribadito il concetto l’ambasciatore turco a Bruxelles Faruk Kaymakcı, che sostiene la priorità di Ankara di avviare nuovi negoziati con la UE sul tema delle forniture energetiche. Intanto trattano con la Bulgaria l’ampliamento delle infrastrutture di confine, per aumentare l’afflusso di gas dall’Azerbaigian e dall’Asia Centrale.
La Russia non gradisce
Non solo il lavoro congiunto della Bulgaria coi turchi, ma anche l’iniziativa del Corridoio Verticale per portare GNL rigassificato dai porti della Grecia all’Europa Centrale e Orientale. Questi sforzi di Sofia per rafforzare la sicurezza energetica dell’intera regione vanno pure nel senso di ridurre le forniture di gas russo. Evidentemente ciò non può piacere a Mosca, la quale vede altresì come Turchia e Kazakistan reagiscono in maniera piuttosto fredda ai droni ucraini che colpiscono le condutture gestite insieme ai russi.
Sembra quasi che per turchi e kazaki tali attacchi possano trasformarsi in un pretesto per diminuire o abbandonare la cooperazione energetica con la Russia. C’è poi un altro elemento negativo, sebbene ampiamente previsto. La cosiddetta roadmap della Commissione Europea, che impedirà del tutto le importazioni di idrocarburi russi entro il 2027. Al momento, comunque, la UE è ben lontana dall’obiettivo. Anzi, l’anno scorso gli Stati membri hanno persino aumentato gli acquisti di GNL, mentre Ungheria e Slovacchia non vorrebbero affatto rinunciare al gas siberiano.
Il Caucaso
Nell’ambito del gasdotto del Caspio vi sono poi due soggetti entrambi situati nel Caucaso. Molto diversi, ma disposti a cooperare. Una è la Georgia del premier Irakli Kobakhidze, che sta faticosamente trovando la sua dimensione di autonomia. Sta resistendo alle pressioni della precedente presidenza, della UE e di alcuni Paesi europei i cui deputati erano addirittura andati a Tbilisi a manifestare in piazza insieme all’opposizione. L’altro è l’Azerbaigian della dinastia degli Aliyev, che detengono il potere da 30 anni.
Qualche settimana fa il presidente azero Ilham Aliyev ha affermato che la partnership con Tbilisi svolge un ruolo cruciale nei legami economici con l’Europa: tutto ciò va dall’Azerbaigian, che sia petrolio, gas o merci, passa attraverso la Georgia. Inoltre, in un incontro col suo omologo georgiano Mikheil Kavelashvili ha dichiarato: Oggi, se parliamo della sicurezza energetica dell’Europa, è impossibile immaginarla senza l’Azerbaigian e la Georgia. Ma Tbilisi si muove anche senza Baku. Una delegazione georgiana si è recata a marzo in Turkmenistan per parlare di cooperazione di vari settori, tra cui proprio l’energia e lo sviluppo del Corridoio Centrale transcaspico.
Il mondo turcofono
Considerato che quasi tutti i Paesi coinvolti nei progetti transcaspici appartengono al mondo turcofono, potrebbe sembrare che Ankara ne ottenga i maggiori benefici geopolitici. Invece non è così, perché ciascuna delle componenti di tale mondo persegue i propri interessi, i quali non sempre coincidono con quelli di Erdoğan. Ad esempio, all’inizio di aprile Kazakistan, Uzbekistan e Turkmenistan hanno nominato i propri ambasciatori presso la Repubblica di Cipro. La stampa turca ha bollato questa iniziativa come un “tradimento”.
Ankara si aspettava il pieno appoggio alla sua politica in favore della Repubblica turca di Cipro nord, che è la metà settentrionale dell’isola occupata dal 1974 dalle truppe turche. Tale mossa dei governi centroasiatici, peraltro membri dell’Organizzazione degli Stati Turchi (OTS) promossa da Ankara, è arrivata poco prima del summit con la UE. La cooperazione è legata infatti alla loro ratifica di due risoluzioni ONU. Esse sanciscono la legittimità della sola Repubblica di Cipro, membro dell’Unione Europea dal 2004, e dichiarano illegale la presenza turca. L’Azerbaigian invece resta fedele a Erdoğan e riafferma il suo riconoscimento della sovranità di Cipro nord.

Vive a Mosca dal 2006. Traduttore dal russo e dall’inglese, insegnante di lingua italiana. Dal 2015 conduce conduce su youtube video-rassegne sulla cultura e la società russa.