Washington accelera sulla guerra per procura fatta combattere all’Ucraina

Washington accelera sulla guerra per procura fatta combattere all’Ucraina

11 Settembre 2022 0

Con la visita del segretario di Stato americano Antony Blinken a Kiev questa settimana, sta proseguendo l’opera di colonizzazione mascherata degli Stati Uniti nei confronti dell’Ucraina, avviata nel 2014. Una visita non pianificata, la seconda di Blinken dopo l’inizio della “operazione speciale” russa, ma organizzata rapidamente dopo l’annuncio di un pacchetto di aiuti da 625 milioni di dollari da parte di Washington che si aggiunge al budget di 2,2 miliardi destinati alla “sicurezza” di Kiev. La Casa Bianca tiene gli occhi puntati sulla controffensiva lanciata da Zelensky nel sud del Paese, che si sta muovendo molto lentamente: Blinken ha commentato dicendo che è ancora troppo presto per valutare i risultati, ma stiamo vedendo un progresso chiaro e reale sul campo. Ha inoltre affermato che gli USA sono lieti di essere stati capaci di sostenere gli sforzi degli ucraini dando loro “armi molto precise” e ha concluso dichiarando: siamo determinati a garantire che avranno ciò di cui hanno bisogno. La presenza americana nel Paese è aumentata gradualmente a partire dal golpe dell’Euromaidan nel 2014, quando Kiev si orientò inizialmente verso Paesi europei come Gran Bretagna e Germania per poi essere indirizzata sempre di più da Washington. Al di là degli affari legali conclusi in Ucraina da Hunter Biden, il figlio del presidente Joe, e di quelli illegali su cui ancora si indaga, gli Stati Uniti hanno accresciuto la loro influenza su Kiev dando armi e finanziamenti con ampia generosità (ma in modo disinteressato…?). E oggi, rimasti l’unico alleato a fornire in modo costante materiale bellico alle Zborojni syly Ukraïny, non cercano più nemmeno tanto di nascondere la loro firma come promotori della guerra per procura contro la Russia. In realtà, già l’11 gennaio di quest’anno – dunque prima del 24 febbraio, fatidica data dell’attacco russo – Washington aveva inviato i suoi delegati Chris Rizzo e Todd Brown per svolgere “su base permanente” un servizio da consiglieri presso la Direzione politica del Ministero della Difesa ucraino. Ai due è stato affidato il compito di assistere il Ministero nell’implementazione di misure di riforma nella politica di difesa, nella gestione della stessa e nell’integrazione euroatlantica. La notizia è stata diffusa dalla pagina Facebook del Ministero ucraino, ma non ha avuto grande risalto sui media occidentali, magari per il pudore di non annunciare con troppa enfasi che era arrivato il momento di insediarsi stabilmente nell’amministrazione statale di Kiev.

E cosa ne pensa l’élite euroatlantica di questa proxy war sul territorio continentale? Lo rivela senza mezzi termini Richard H. Black, ex colonnello e membro repubblicano del Senato della Virginia fino al 2020, che ha dichiarato quello che è secondo lui il sentimento prevalente nell’establishment: Non ce ne importa niente! Agli Stati e alla NATO, a noi non interessa quanti ucraini muoiono. Né civili, né donne, né soldati. Non ci interessa. È diventata una grande partita di football. Così, noi abbiamo la nostra squadra, loro hanno la loro, urrà urrà. Noi vogliamo fare il punteggio maggiore e stravincere. E allora sai, fintanto che vinciamo non ci importa quanti dei nostri giocatori si infortunano sul terreno di gioco. In effetti, con i suoi miliardi di dollari di forniture militari, la Casa Bianca sembra dare veramente l’impressione di voler vincere la partita ad ogni costo. A fine agosto ha promesso il diciannovesimo pacchetto di aiuti, il più imponente da febbraio ad oggi, che include sistemi missilistici terra-aria, droni, sistemi radar controbatteria, pezzi di ricambio e 250mila munizioni di artiglieria, oltre all’addestramento dei militari ucraini all’uso delle armi fornite. Mentre la maggior parte del materiale contenuto degli invii precedenti proveniva dai depositi delle Forze armate americane, il pacchetto in questione servirà all’acquisto di armamenti nuovi, sia quelli già disponibili che quelli da far produrre alle aziende della difesa nell’ottica di un “investimento poliennale”, come precisato dall’amministrazione Biden. Insomma, questa guerra viene vista dagli americani anche come un’occasione per ridisegnare l’esercito ucraino sul modello dei Paesi occidentali: come dichiarato dal Sottosegretario alla Difesa per la politica militare Colin Kahl, Washington sta cercando di aiutare Kiev a ristrutturare le sue Forze armate secondo gli standard della NATO man mano che le armi di epoca sovietica vengono consumate nel corso delle ostilità. Tuttavia, il passo che mostra la determinazione americana ad andare fino in fondo in questa guerra, a costo dello scontro totale con Mosca, è quello che l’amministrazione Biden sembra sul punto di intraprendere e che consisterà nel dare un nome ufficiale alla missione militare di appoggio all’Ucraina. Inoltre, un generale a due o a tre stelle verrà designato per guidare e gestire l’operazione. Assegnare un nome alla missione rappresenterebbe il sigillo che fissa formalmente il coinvolgimento bellico degli Stati Uniti, in maniera analoga a quanto accaduto a suo tempo con le missioni in Iraq e in Afghanistan (Operation Iraqi FreedomOperation Enduring FreedomOperation Freedom’s Sentinel).

E per restare nella metafora sportiva suggerita da Black, sembra che alla Casa Bianca vogliano sbrigarsi prima del fischio finale, perché sta venendo meno il sostegno della propria tifoseria. Poche settimane fa, infatti, un sondaggio condotto da Reuters/Ipsos ha mostrato cifre in discesa: adesso soltanto il 53% degli americani vuole che gli USA continuino a supportare Zelensky fino al completo ritiro dei russi, mentre appena il 26% approverebbe un intervento diretto sul campo dei militari statunitensi. La preoccupazione per l’aumento dei prezzi e per i problemi interni sta progressivamente riducendo il gradimento popolare verso la politica di Biden sul fronte dell’Europa orientale. Fra i due schieramenti politici, sono naturalmente i simpatizzanti democratici ad essere maggiormente in sintonia con la Casa Bianca per quanto riguarda l’appoggio all’Ucraina (66%), mentre solo il 51% dei repubblicani vorrebbe proseguire su questa linea. Dunque è possibile che Biden stia patendo la pressione delle prossime elezioni di midterm dell’8 novembre, che potrebbe provocare non pochi cambiamenti nell’atteggiamento degli Stati Uniti verso la situazione in Europa.

Vincenzo Ferrara
VincenzoFerrara

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