Una tregua “tanto per” non piacerà a Mosca
Il cessate-il-fuoco di 30 giorni non condizionato, accettato da Kiev su proposta di Washington, avvicina la pace in Ucraina? Assolutamente no. Anzi potrebbe persino dilatare ulteriormente i tempi.
I russi avevano già proposto due tregue
Nonostante minacci “sanzioni devastanti”, Trump sa perfettamente che la proposta risulta difficilmente ricevibile da Mosca. Certo, il diniego del Cremlino scatenerà i tifosi filo-ucraini, che sbraitano nell’attribuire tutte le colpe ai russi. I fatti però raccontano un film diverso, che non ha nulla in comune coi cori da stadio. Putin infatti aveva proposto una tregua già nel 2023 e pure nel febbraio del 2024. Ne aveva dato notizia l’agenzia internazionale Reuters: Putin proponeva di congelare il conflitto allo stato attuale e non era disposto a cedere alcun territorio ucraino controllato dalla Russia. In entrambi i casi furono gli Stati Uniti a rispondere “no”.
Peraltro, la Russia aveva proposto il cessate-il-fuoco dopo il fallimento della controffensiva ucraina. Quindi una tregua sarebbe andata a vantaggio di Kiev, perché sarebbe avvenuta proprio quando si profilava una posizione di vantaggio militare per i russi, sebbene la narrativa mainstream avesse proclamato che la gloriosa controffensiva ucraina avrebbe dato la vittoria a Zelensky. Ed è questa in anticipo la risposta a chi si accinge a pontificare così: “Per forza la Russia adesso dice no alla proposta di tregua, non ha interesse perché è in vantaggio”. Ebbene no, la tregua l’aveva già proposta due volte, nel 2023 e nel 2024.
I motivi della sfiducia
C’è un altro precedente che resta impresso nella memoria dei russi. Mentre Mosca tentava la via diplomatica per congelare il conflitto e l’amministrazione Biden rispondeva picche, l’Occidente stava pianificando l’invasione della oblast’ di Kursk. In altre parole, stava programmando il superamento dell’ennesima “linea rossa” ossia l’allestimento dell’ennesimo gesto di grave provocazione. Il senso dell’azione appariva chiaro fin da subito: attaccare il territorio della Federazione Russa per poi avere qualcosa da scambiare al tavolo delle trattative. In questo modo si comprende bene come sia difficile per il presidente russo fidarsi che la tregua possa essere vera e totale. Se Putin dicesse di sì, sarebbe per pura concessione alla credibilità di Trump.
Ma quale credibilità ha Kiev? Come credere che mantenga davvero i patti e che non sfrutti la pausa per rimpinguare l’esercito e redistribuire le truppe sul campo? Per non dire poi della chance che avrebbe per approvvigionarsi di tutti quegli armamenti americani che, come ammesso dalla Polonia, hanno ripreso ad arrivare in Ucraina dopo l’accettazione della tregua da parte di Zelensky.
Non aiutano neppure le parole di Roman Kostenko, il segretario del Comitato per la sicurezza nazionale, la difesa e l’intelligence ucraina. Costui ha precisato che l’Ucraina continuerà la mobilitazione anche nel caso di un cessate-il-fuoco di 30 giorni. Inoltre gli ucraini hanno effettuato il più grande attacco di droni di quest’anno proprio il giorno prima dell’accettazione della tregua: un altro segnale che non incoraggia affatto la pace. Infine occorre ricordare le parole bellicose della von der Leyen, il cui piano di riarmo europeo viene letto come una minaccia da Mosca, poiché si accompagna a un supporto militare diretto per gli ucraini.
Sudzha liberata, ora completare la missione
D’altra parte, con la liberazione di Sudzha i russi sono ormai anche all’obiettivo della piena liberazione della regione di Kursk. Dunque è normale che vogliano portare a termine questa operazione vada completata per i russi. Nei primi colloqui con Trump (secondo fonti vaticane) i russi erano stati espliciti: il presidente Putin è disponibile a firmare il cessate-il-fuoco soltanto accordandosi anche sulle condizioni future. Per esempio, la composizione della missione di pace che serva a far rispettare la tregua, scegliendo gli Stati che invierebbero le loro truppe, in primis Cina e India, visti come neutrali, e categoricamente non i Paesi europei.
L’accordo dei 30 giorni rischia quindi di finire nel nulla, a meno di essere condizionato al futuro accordo di pace. E anche le sanzioni minacciate da Trump paiono un’arma spuntata, dato che ormai Mosca ha largamente dimostrato la sua resistenza economica. Tutti hanno constatato come i russi abbiano nel mondo molti più partner di quanti si aspettasse l’Occidente, che sono disposti a intrattenere rapporti commerciali diretti o sottobanco con la Russia. E voi che cosa ne pensate?

Nato a Torino il 9 ottobre 1977. Giornalista dal 1998. E’ direttore responsabile della rivista online di geopolitica Strumentipolitici.it. Lavora presso il Consiglio regionale del Piemonte. Ha iniziato la sua attività professionale come collaboratore presso il settimanale locale il Canavese. E’ stato direttore responsabile della rivista “Casa e Dintorni”, responsabile degli Uffici Stampa della Federazione Medici Pediatri del Piemonte, dell’assessorato al Lavoro della Regione Piemonte, dell’assessorato all’Agricoltura della Regione Piemonte. Ha lavorato come corrispondente e opinionista per La Voce della Russia, Sputnik Italia e Inforos.