Il dramma siriano. Un testimone in esclusiva: La furia cieca dei jihadisti si è accanita su bambini, donne, uomini che non hanno nulla a che fare con le milizie

Il dramma siriano. Un testimone in esclusiva: La furia cieca dei jihadisti si è accanita su bambini, donne, uomini che non hanno nulla a che fare con le milizie

13 Marzo 2025 0

Senza alcuna pietà si sono accaniti contro i civili. Uomini, donne, anziani e persino bambini delle zone costiere siriane, sono stati massacrati da gruppi estremisti, fra cui figurerebbero anche Amshat, Hamzat. Secondo fonti locali, citate dal canale televisivo statunitense in lingua araba Alhurra, queste fazione godrebbero del sostegno turco. A guidarli, un generale spietato, la vendetta, quel sentimento primordiale che trova soddisfazione solo con il sangue di chi ritengono sia stato vicino al regime dell’ex presidente, Bashar al-Assad.

Quasi tutte le persone uccise a Latakia, Jableh e Banias, nella costa occidentale siriana, erano di religione alawita, la stessa minoranza di cui fa parte il deposto presidente Assad. Si stima che in soli tre giorni siano morte almeno 2000 persone, anche se al momento non è facile verificare in modo indipendente il numero esatto delle vittime, «perché non permettono ad alcun giornalista di entrare nelle aree prese di mira dagli estremisti», rivela da Latakia una fonte che vuole mantenere l’anonimato, per paura di ritorsioni.

La violenza

La violenza è esplosa il 6 marzo scorso, dopo che i cosiddetti lealisti di Assad si sono rifiutati di consegnare le armi alle nuove autorità, tendendo un’imboscata alle forze di sicurezza del nuovo governo nei pressi delle città di Latakia e Jableh, uccidendone a decine.

 Negli ultimi 13 anni, dall’inizio della guerra fino alla conquista da parte di Hay’at Tahrir al-Sham (Hts) di Damasco, la maggioranza sunnita della Siria è stata fra le vittime delle atrocità commesse dalle forze del regime. Ciò ha alimentato l’odio settario, in particolare verso la minoranza alawita, nella cui comunità non tutti i membri condividevano la politica liberticida e torturatrice degli Assad.

Una testimonianza drammatica

«Qui a Latakia siamo senza elettricità da tre giorni. Giovedì scorso, gruppi jhadisti hanno attaccato e ucciso civili solo perché alawiti – dice con voce tremula per la paura e la rabbia, Ahmad, nome di fantasia per tutelare l’anonimato di un giovane cooperante di Latakia -.  Ho perso i mie anziani zii, uccisi con ferocia in casa, senza alcun motivo. Altri 25 membri della mia famiglia hanno perso la vita. La loro colpa, essere alawiti come me, per questo ci stanno ammazzando. È tutto profondamente ingiusto». Prosegue poi Ahmad:

Noi siamo siriani e questo viene prima di ogni cosa. La furia cieca dei jihadisti si è accanita su bambini, donne, uomini che non hanno nulla a che fare con le milizie e gli attacchi alle postazioni governative. Erano civili, medici, infermieri, ingegneri, li hanno massacrati e mentre lo facevano, registravano tutto con dei video. Entravano nella case e rubavano tutto quel che potevano. Vogliamo vivere in pace, continuare a lavorare  dal momento che in molti sono stati cacciati dai luoghi di lavoro. Russia e Usa si stanno comportando da merde, perdona il turpiloquio, ma nessuno ci sta aiutando. Quel che chiediamo ora a Damasco è una giustizia transitoria, che faccia luce su quanto accaduto ora e in passato. Se non si fermeranno le violenze, rischiamo una guerra civile.

La grande fuga

In migliaia sarebbero fuggiti da Latakia e Tartus, fra le poche città della Siria, insieme ad Hama, ad essere rimaste quasi illese durante i feroci anni di guerra. In quei centri, la maggioranza della popolazione è alawita e non sarebbe insorta contro Assad. Inoltre, il controllo granitico di Damasco, cui si aggiunge la base aerea russa di Hmeimim e la gestione del porto di Latakia da parte di Teheran, costituivano un forte deterrente contro gli attacchi dei ribelli.

Il presidente ad interim Aḥmad Ḥusayn al-Sharaa – già Al-Jolani, nome di battaglia di quando era leader di Hts -, ha ribadito lo stesso copione dei primi giorni, richiamando il Paese all’unità. Quindi, istituisce una commissione d’inchiesta indipendente, formata da cinque giudici, un generale e un avvocato, per indagare sui fatti accaduti negli ultimi giorni. Ammette Sami Haddad, del partito Democratico del popolo siriano, esule dalla Siria dal 1982, quando al potere era Afez al-Assad:

Ci sono frange fuori controllo, che neanche al-Sharaa è riuscito a tenere a bada . Questi gruppi hanno pure ucciso tutti e tre i fratelli di una nostra compagna di lotte contro Assad.  Ora è prioritario dare un’accelerazione al processo di giustizia di transizione e pubblicare un elenco dei nomi degli ufficiali criminali dell’ex regime, coinvolti negli spargimenti di sangue durante gli anni della rivoluzione.

I dissidenti

Gli fa eco in noto dissidente siriano Yassin Al Haj Saleh, che in un post su facebook scrive: «La mia impressione, che deve essere verificata, è che all’interno delle formazioni armate che si sono riversate nelle zone costiere, si distinguano tre sottogruppi: le forze organizzate nella Sicurezza generale e nel nuovo esercito, poi i gruppi settari sunniti siriani (Amshat, Hamzat e simili) e gruppi jihadisti, che includono stranieri. Il primo sottogruppo sembra aver esercitato in alcuni casi una violenza repressiva eccessiva e aver ucciso civili alawiti, sebbene sia stato anche il più disciplinato e abbia limitato il verificarsi di ulteriori vittime, perdendo un gran numero dei suoi membri negli scontri con gli alawiti armati. Gli altri due gruppi hanno praticato violenza genocida, uccidendo i civili in quanto alawiti, per malvagi motivi ideologici e per ragioni che mescolavano vendetta, violenza, saccheggio e razzia.

La nuova autorità porta la responsabilità politica e morale dei massacri nel Sahel (nella costa siriana, ndr) e perderà ogni legittimità se non colpirà e smantellerà questi due sottogruppi. La contraddizione con cui si scontra è che essa stessa proviene dal mondo del jihadismo e dell’ideologia settaria, che non può agire secondo la logica dello Stato senza confrontarsi con le proprie origini. Questa contraddizione un giorno sarebbe esplosa, e invece è successo adesso. Non è possibile affrontarla con l’astuzia e la falsificazione che hanno caratterizzato gli ultimi tre mesi. Non c’è modo per la nuova amministrazione e la Siria di sopravvivere insieme se non attraverso la criminalizzazione e lo smantellamento dei due gruppi di formazioni settarie jihadiste e sunnite. Se ciò non accadrà – conclude nel suo commento – la nuova amministrazione potrebbe sopravvivere, ma si trasformerà rapidamente in un nuovo regime di Assad.

Anche manovre esterne?

Il partito Democratico del popolo siriano punta il dito contro possibili manovre esterne.

«I dolorosi eventi attuali hanno rivelato l’esistenza di mani iraniane, che guidano le violenze con le sue milizie nella regione (dai resti della banda criminale di Assad, dagli Hezbollah libanesi e dalle milizie irachene, in coordinamento con altre parti) – scrive in una nota- nel tentativo di destabilizzare, alimentare lo spirito settario e ostacolare il progetto di costruzione dello Stato siriano. In Siria e nella regione prosegue il documento – queste milizie sostenute dall’esterno hanno commesso massacri contro la forze di sicurezza pubblica, spingendo per l’avvio di operazioni militari a cui hanno preso parte fazioni estremiste, che hanno portato ai sanguinosi massacri contro civili disarmati, in particolare quelli di religione alawita. Ciò senza assolvere l’attuale governo dalla responsabilità di quanto accaduto, a causa della sua negligenza nel rafforzare la nostra situazione interna».

A replicare alle accuse, uno dei maggiori analisti libanesi Jawad Ghassan, vicino al Partito di Dio: «Chiamare in causa Hezbollah in questo momento è imprudente, visto il conflitto nel nostro Paese e le gravi perdite subite dalla milizia in questi lunghi mesi di dolore».

Marina Pupella
MarinaPupella

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