Un progetto trumpiano: gli USA vorrebbero comprarsi la Groenlandia per renderla sovrana
La rivista conservatrice American Thinker parla di un tema poco conosciuto in Europa. Eppure riguarda anzitutto la Danimarca e poi tutto il continente sotto vari aspetti, dal profilo economico a quello strategico, dall’ecologia alle questioni prettamente politiche. Trump vorrebbe che gli USA portassero la Groenlandia sotto la propria sfera di influenza diretta. Per farlo, dicono, basterebbe promettere alla popolazione locale di condividere i profitti dello sfruttamento delle risorse naturali di cui l’isola dispone. La motivazione politico-storica sarebbe quella di aiutare la Groenlandia a raggiungere indipendenza e sovranità dopo secoli di colonialismo europeo. È la tesi dell’accademico Barry Scott Zellen, autore del recente libro “Arctic Exceptionalism: Cooperation in a Contested World”.
Comprarsi la Groenlandia
Appena cinque anni fa, nell’agosto del 2019, l’allora presidente in carica Trump propose di “acquistare” la Groenlandia dalla piccola Danimarca. La prospettiva di un’improvvisa e inattesa espansione artica degli USA, che non avveniva dal 1867, mandò in apprensione la diplomazia internazionale e i membri dei vari gruppi di sicurezza nazionale. Tuttavia, rifiutarono l’idea sia i danesi che gli stessi groenlandesi. Questi ultimi diedero una risposta divenuta famosa: Siamo aperti al business, non a venderci. Forse era proprio ciò che pensavano anche i contemporanei di William H. Seward, segretario di Stato americano dal 1861 al 1869. La sua visione di un’espansione globale dell’America, dai tropici alle regioni polari, venne bollata da molti come una “pazzia”. Eppure oggi ne viene universalmente riconosciuta la preveggenza strategica.
Trump tornerà alla carica
Con la trionfale vittoria elettorale di Trump e il suo imminente ritorno al potere, l’America e il mondo forse saranno nuovamente testimoni del suo approccio diplomatico poco ortodosso alla questione dell’Artico. I critici progressisti avevano ingiustamente descritto la visione trumpiana del 2019 con l’inclusione della Groenlandia come un tentativo di “conquista neoimperialista” contro degli indifesi popoli nativi. Bisogna peraltro ricordare che nella Seconda Guerra mondiale l’America aveva difeso la Groenlandia dopo che la Danimarca era finita nelle mani dei nazisti. Oggi però i groenlandesi, che avevano respinto la prima proposta di Trump di acquistare l’isola, hanno accolto favorevolmente il rinnovato interesse americano. L’offerta di Trump è infatti stata seguita da un investimento di 12,1 milioni di dollari per il prossimo anno, oltre alla riapertura nella capitale Nuuk del Consolato americano, che era chiuso dal 1953.
Apprensioni ecologiste
Da parecchio tempo gli ecologisti hanno preso di mira Trump per il suo impegno per un’America indipendente dal punto di vista energetico e per l’uso delle risorse energetiche nazionali. Famoso lo slogan “Scava piccola, scava!” (“drill, baby, drill!”). Sono tutte prerogative di uno Stato sovrano e indipendente, troppo spesso ostacolate da quei “coloni verdi” americani che vorrebbero tenere congelate per sempre le enormi risorse naturali dell’Alaska. Ma i groenlandesi vogliono proprio ciò che vuole Trump. Quindi invitano le aziende energetiche e minerarie ad aiutarli nello sfruttamento delle loro risorse ancora intatte, che si trovano sia sotto la coltre di ghiaccio che si sta ritraendo sia nelle acque costiere sempre più accessibili. Ciò che gli attivisti verdi non hanno capito o che rifiutano di riconoscere è che l’interesse strategico di Trump in Groenlandia riflette l’ammissione del profondo cambiamento climatico in atto, soprattutto nell’Artico.
I groenlandesi vogliono la prosperità
I verdi si oppongono alla praticità dell’approccio trumpiano, preferendo invece mantenere una Groenlandia colonizzata, con risorse sottosviluppate e il suo popolo intrappolato nella povertà e nella dipendenza dai sussidi esterni. I groenlandesi invece vogliono indipendenza e sicurezza e soprattutto vogliono poter disporre delle loro risorse per ottenere la prosperità. Trump vuole per l’America la stessa cosa. Dunque ritiene che il diventare uno Stato facente parte degli USA sia nell’interesse reciproco di Washington e di Nuuk. Così non dovrebbe sorprendere il fatto che al momento di nominare il prescelto come prossimo ambasciatore a Copenhagen, il presidente eletto abbia parlato delle sue ambizioni verso la Groenlandia. Ha affermato: Per gli scopi della sicurezza nazionale e della libertà nel mondo, gli Stati Uniti d’America sentono che la proprietà e il controllo sulla Groenlandia rappresentino un’assoluta necessità. Ciò dimostra l’intensificarsi della sua visione per un Artico nordamericano più unito.
Allineamento nordamericano
Si potrebbe fare un altro passo un po’ più in là, sovrapponendo il messaggio di Trump alle sue parole canzonatorie rivolte al primo ministro canadese, definito come il Governatore Justin Trudeau del Grande Stato del Canada. Possiamo intravedere una voglia di espansione ancora maggiore, che dal punto di vista dei canadesi potrebbe essere recepita come infausta. Nel rinnovato interesse trumpiano verso i vicini settentrionali si possono al tempo stesso intravedere nuove opportunità per un più solido allineamento fra interessi strategici di USA, Canada e Groenlandia. Vi è anche un ritrovato impegno per la sicurezza dell’Artico nordamericano, oltre che un riconoscimento reciproco delle implicazioni strategiche del cambiamento climatico nell’area. Ecco i veri motivi alla base del ritorno a questo angolo di mondo spesso ignorato. Ciò potrebbe accompagnarsi a un’apertura diplomatica per uno sviluppo congiunto delle risorse della regione, con particolare attenzione anche alla sicurezza, tema che riguarda tutti.
Futuri negoziati
Adesso la Groenlandia ha una chance per prendere nuovamente in considerazione l’offerta di Trump di diventare parte della famiglia costituzionale americana. Stavolta Nuuk potrebbe chiedere un posto al tavolo negoziale. Effettivamente l’idea è già presente nella sua prima strategia artica, pubblicata quest’anno e denominata “La Groenlandia nel mondo: nulla di tutto ciò che ci riguarda sarà senza di noi” (Greenland in the World: Nothing About Us Without Us). Come si svolgerebbero le trattative per il futuro groenlandese nella cornice costituzionale americana? Forse si potrebbe iniziare parlando della visione di Trump di un’acquisizione territoriale da parte degli USA e poi passare a sostenere la visione groenlandese per l’indipendenza e la sovranità in partenariato con gli Stati Uniti. Per concludere – e nel corso dello sviluppo delle relazioni di Trump con Nuuk – vi sarebbe il discorso sull’estensione di una protezione americana più robusta sull’isola, in supporto alle sue aspirazioni sovrane.
Ed è solo l’inizio
Comunque la discussione non è che appena incominciata e ci sono altri quattro anni per svilupparla. Magari addirittura dodici, se il vicepresidente J.D. Vance abbraccerà la visione trumpiana dell’espansione artica. Chissà, col tempo forse assisteremo alla sovranità ritrovata del primo unico e vero Stato indigeno del Nord America, nonché al reale allineamento dei suoi interessi statali e popolari in cima al mondo. E intanto la democrazia sostituisce così il colonialismo, garantendo delle fondamenta solide e durature a un vero Nord libero e forte.
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