Un esempio da ricordare per la ripresa: Hjalmar H. Shacht (Il mago della moneta)
Le premesse: gli anni delle guerre mondiali e le conseguenze
Alla fine della prima guerra mondiale la pace, che si sarebbe dimostrata precaria, venne definita con il Trattato di Versailles, che obbligava la Germania a rimborsare i danni di guerra fino agli inizi degli anni sessanta. Questa condizione, voluta in modo particolare dalla Francia, trovò un oppositore in Keynes che criticò fortemente il Trattato sostenendo che l’atteggiamento punitivo e le sanzioni economiche contro la Germania avrebbero portato a nuovi conflitti ed instabilità, anziché cercare di assicurare una pace di lunga durata. La storia della Germania e del suo popolo facevano pensare ad un difficile asservimento della parte perdente; peraltro la guerra finì senza una chiara vittoria sul campo ma per la fine di tutte le scorte che potevano assicurare la continuità di una guerra la quale aveva distrutto anche i vincitori, in primis la Francia. Pochi mesi dopo la firma del trattato di Versailles, John Maynard Keynes pubblicò “Le conseguenze economiche della pace“; l’autore, che aveva partecipato alle trattative come rappresentante del Tesoro britannico, nel libro denuncia la durezza e l’insensatezza della “pace cartaginese” imposta alla Germania sconfitta. Il libro ebbe grande diffusione, e rimane ancora oggi nella memoria delle persone colte. Keynes non sapeva, naturalmente, il corso futuro della storia europea ma molti, in seguito, hanno letto il suo libro come una premonizione: la pace cartaginese di Versailles fu interpretata come il germe del revanscismo, del nazismo e della seconda guerra mondiale. In questo senso si può pensare che le due guerre mondiali siano collegabili in un’unica guerra che ha trovato nella Seconda le risposte agli errori della “pace” imposti dalla Prima. Certamente i drammi della Seconda, che si trascinavano l’odio mai sopito della Prima, hanno scatenato una brutalità senza fine, dai campi di concentramento all’uso delle armi atomiche; questi eventi hanno contribuito a rinsaldare le coscienze che hanno trovato nella dichiarazione universale dei diritti umani del 1948 un fondamento basilare che purtroppo è stato cancellato, soppiantato da un modello socioculturale asimmetrico rispetto quei diritti ed oggi ci troviamo di fronte agli stessi problemi. Leggere il libro di Keynes, oggi, ci consente di rivivere i conflitti di un secolo fa e ci aiuta a ragionare su due temi quanto mai urgenti e vivi: l’Europa; il populismo; ci consente anche di capire che la storia, nei suoi lunghi tempi, si ripete sempre come aveva intuito G.B. Vico nel suo lavoro del 1725 “La Storia Nuova” ma purtroppo l’homo sapiens sembra non volere mai ricordare la sua storia.
Il dolore della Seconda guerra ha determinato un processo collaborativo con il piano Marshall di aiuti per la ricostruzione ai paesi sconfitti; forse non è casuale che proprio i paesi perdenti – Germania , Giappone ed Italia – abbiano sviluppato nel dopoguerra un imponente processo di ricostruzione dando luogo anche negli usa alla “golden age” alimentata dagli scambi commerciali tra le diverse economie. Proviamo a tracciare il percorso drammaticamente virtuoso che Hjalmar Shacht pose in essere per una ricostruzione fondata su intuizioni geniali ma sostenuta anche da una forte fiducia del popolo nelle istituzioni, un percorso che fu una salvezza ma che preparò anche il dramma delle rivalse con la seconda guerra mondiale.
Il disastro della Germania dopo il trattato di Versailles
Alla fine della prima guerra mondiale con una posizione di debito insostenibile la Germania non aveva i mezzi per la ricostruzione dovendo essere dirottati quasi interamente a pagare il debito; proprio questa condizione fece precipitare la Germania nel caos economico come possiamo vedere nei seguenti grafici
La disperazione dell’iperinflazione aveva spinto alla stampa infinita di “paper-mark” e si poteva vedere le persone andare con carrette di marchi di carta a comperare generi alimentari di prima necessità.
A differenza degli Usa di oggi, che hanno continuato a stampare dollari di carta senza sottostante dal 1971, con la fine del “gold exchange standard” la Germania aveva perso la guerra e non poteva imporre l’uso della sua moneta per creare la domanda e sostenerne il valore in modo artificiale e forzoso. L’avvio del petrodollaro e la creazione del sistema Swift nel 1973 hanno avuto la funzione di obbligare i paesi occidentali ad usare solo il dollaro per le transazioni internazionali ed in questo modo l’Italia ha subito una devastante inflazione causata dal deprezzamento della lira e creando le condizioni per l’espansione del debito pubblico, fattori sui quali ha pesato certamente una classe politica sempre più incapace di affrontare problemi superiori alla sua capacità; più i problemi crescevano infatti, più la classe politica peggiorava sia nelle competenze specifiche sia dal punto di vista etico e morale, con una crescente ed esclusiva attenzione all’interesse personale. Tutte condizioni che hanno condotto al collasso attuale.
L’opera di Hjalmar Shacht: una geniale ricostruzione
Il risentimento generato dal dramma sociale ed economico che erodeva la Germania si manifestò nell’ampio sostegno che il Nazionalsocialismo di Hitler ricevette lentamente ma progressivamente in tutto il paese: nel 1933 alla cancelleria viene nominato Adolf Hitler che affidò a Hjalmar Shacht il governo dell’economia e la scelta su cosa fare per allontanarsi del dramma crescente e difficilmente gestibile. In questo senso può essere utile ricordare oggi le soluzioni avviate allora per affrontare la crisi a partire dal 1933. Provare a ripercorrere quelle scelte e valutare la loro possibile applicabilità alla nostra situazione di alto debito, di disoccupazione, di sospensione delle attività produttive e di destabilizzazione esercitato da una finanza fuori controllo sui titoli di stato.
A fronte del disastro il principale provvedimento di Schacht fu l’emissione dei Mefo, obbligazioni emesse sul mercato interno per finanziare lo sviluppo. Fu direttamente la Reichsbank, la banca centrale di Stato, a fornire agli industriali i capitali di cui avevano bisogno: non lo fece aprendo a loro favore dei fidi, ma autorizzando gli imprenditori ad emettere delle cambiali garantite dallo Stato. Con queste “promesse di pagamento”, gli imprenditori pagavano i fornitori. Se coi Mefo si fosse passati all’incasso simultaneamente, la Banca centrale avrebbe dovuto emettere moneta scatenando l’inflazione, ma gli industriali tedeschi si servirono dei Mefo come mezzo di pagamento fra loro, senza mai portarli all’incasso, trasformando quei titoli in «una vera moneta, esclusivamente per uso delle imprese, a circolazione fiduciaria». I Mefo erano venduti all’interno per mantenere sotto controllo il debito pubblico e non esporlo a speculazioni della finanza esterna, unitamente a questa operazione ridusse la posizione di debito verso l’esterno. Lo Stato grazie all’emissione di questi bond pagava le imprese e le commesse funzionali a costruire infrastrutture come le autostrade al tempo innovative, scavalcando di fatto le banche nella fornitura di capitale alle imprese. Le commesse dello Stato garantivano la domanda di lavoro, i fondi necessari per gli investimenti e la creazione di posti di lavoro di fatto portando la disoccupazione dagli 7,5 milioni del 1933 ai 400.000 del 1938. Il lavoro ed i redditi conseguiti consentirono di pagare il debito generato dai bond emessi nel lungo tempo. Le grandi imprese vennero nazionalizzate per non esporle al rischio di cessioni sgradite e legando le piccole imprese all’ideale del paese. Schacht ideò un ingegnoso sistema per trasformare gli acquisti di materie prime da altri paesi in commesse per l’industria tedesca: i fornitori erano pagati in moneta che poteva essere spesa soltanto per comprare merci fatte in Germania. Il meccanismo, di stimolo al settore manifatturiero, funzionava come un baratto: le materie prime importate erano pagate con prodotti finiti dell’industria nazionale, evitando così il peso dell’intermediazione finanziaria e fuoriuscite di capitali. Lo Stato tedesco potè dunque creare la moneta di cui aveva bisogno nel momento in cui manodopera e materie prime erano disponibili per sviluppare nuove attività economiche, anziché indebitarsi prendendo i soldi in prestito senza essere subire i mercati mondiali dei cambi con la svalutazione del marco.
Il risultato emerge con evidenza nei seguenti grafici che mostrano come in soli cinque anni la Germania cambiò completamente volto diventando una delle prime potenze mondiali e preparando tuttavia una forza complessiva che avrebbe dato il via alla “cavalcata delle Walchirie” del nazionalsocialismo che trovò all’esterno gli altri paesi che, forse, illusi dalla precedente vittoria avevano perso di vista lo spettacolare cambiamento della derelitta Germania.
Infografica – La rivincita della Germania e la sua ascesa tra i “grandi”
Il rapporto di collaborazione con il regime di Hitler finì nel 1938 per divergenze sulle spese belliche; Sacht subì il processo di Norimberga e ne fu assolto ed alla fine prestò la sua consulenza ricercatissima ai paesi in via di sviluppo – Egitto, India, Siria, Indonesia, Giappone.
La sterilizzazione della finanza da rapina
Il ricordo dell’opera di H.Schacht può essere utile, come ricordava Keynes, per provare a proporre soluzioni che non siano solo uno scontro diretto e, forse, autolesionista con i partners europei , può dare risposte innovative ad una crisi a cui non si può rispondere con il pensiero che l’ha creata. L’idea di una soluzione interna funzionale alla ricostruzione della fiducia nelle istituzioni è funzionale a ricomporre il senso di solidarietà e di condivisione che ha sempre caratterizzato il nostro popolo e l’idea di un prestito garantito dallo Stato ed indenne da imposte può essere utile a drenare la liquidità dalle banche per l’economia reale ed abbandonare le illusioni di una falsa finanza. La possibilità di sottrarre il debito dai mercati finanziari dovrebbe essere funzionale a riportare indietro una parte consistente dei Bot per evitare operazioni speculative da parte delle banche d’affari detentrici dei Bot italiani, che guadagnano non solo sulle pressioni al rialzo sui tassi di interesse sui Bot di nuova emissione, ma soprattutto, sul valore dei titoli derivati che assicurano i titoli di Stato (Credit Default Swaps). Seguendo l’idea dei Mefo di Shacht, i Bot rientrati potrebbero essere una “valuta virtuale” capace di finanziare l’attività produttiva. I titoli pubblici, come ricorda Paolo Sylos Labini, sono un tipo di moneta che può essere usata per fare pagamenti di una certa entità dove non serve il contante. Il loro controvalore monetario si regge sulla fiducia nella capacità di rispettare gli impegni di pagamento, diventa necessario, come fu in Germania, investire sulla fiducia. Sottrarre in gran parte il debito sovrano dai mercati internazionali ridurrebbe gli spazi speculativi di una finanza ormai fuori controllo, per legarlo finalmente allo sviluppo ed alla crescita che contribuirebbero a creare un circolo virtuoso con la fiducia; investire in fiducia per fare crescere il capitale sociale e quindi creare un’economia reale e non fittizia come oggi. Il Giappone ha scelto questa strada mantenendo il debito interno fuori dalla speculazione finanziaria. Pur avendo un debito pubblico doppio rispetto all’Italia non ha il problema dello spread con una sorta di moneta sovrana, è prevista l’emissione di particolari certificati del Tesoro da riservare al risparmio delle famiglie con rendimenti sicuri e ancorati all’inflazione, che sfuggono alle micidiali aste.
Gli Usa del 2020 e la Germania del 1923
Una situazione simile a quella della Germania del 1933 sembra delinearsi negli Usa in cui la massa incontrollata di carta moneta – il papiert dollar – senza una base sottostante si accumula sempre più verso una sua progressiva svalutazione nella misura in cui gli Usa non saranno più in grado di obbligare l’uso estensivo del dollaro nelle transazioni internazionali facendogli perdere il ruolo di moneta di riferimento globale ormai a rischio. I seguenti grafici mostrano le correlazioni di oggi con quelle della Germania di Shacht:
Il crollo socioculturale degli Usa come emerge dai grafici è il risultato di una finanza assurta a pietra filosofale ed al mantra suicida del “creare valore per gli azionisti“. Le cause in sintesi sono le seguenti:
– La delocalizzazione selvaggia ha reso la Cina come fabbrica del mondo e il lavoro manifatturiero è passato dal 23% della fine degli anni ottanta all’11% del 2019, oggi come sopra indicato nei grafici è crollato; la disoccupazione è stata mascherata con la sottoccupazione che dava evidenza di risultati straordinari assestandosi al 3,5% secondo i dati ufficiali manipolati; è bastato un mese di pandemia per fare crollare l’artificiosità della manipolazione con una disoccupazione salito verso il 30%;
– La spinta alla finanza ha giocato sull’idea di continuare a stampare moneta senza sottostante ma con i mutati equilibri geopolitici l’uso del dollaro come moneta centrale è crollato, la Fed ha continuato ad immettere liquidità – fiat money – senza limiti ma a fronte di attività produttive non ha inciso sull’economia reale; tutti i dati relativi al lifting del Dow Jones sono stati determinati da operazioni di buy back fino a quando il sistema è saltato con l’arrivo del Minsky’s moment:
– La quantità di oro al momento formalmente presente nella Fed e a Fort Knox risale ad una misurazione del 1973 non più ripetuta e al momento non si conoscono le reali disponibilità per dare valore all’immenso volume di carta stampata;
– I conflitti sociali si stanno moltiplicando proprio in occasione delle prossime elezioni e la rivolta sociale è intanto coperta dalla pandemia che non ne è la causa ma è stato per tutti solo il fattore scatenante;
– Le delocalizzazioni hanno costretto gli Usa a dipendere in molti settori dall’importazione da altri paesi, nel settore sanitario dipende per quasi il 93% dalla Cina che potrebbe decidere di non essere più pagata in dollari, moneta la cui sostenibilità diventa incerta, ma solo in oro o beni reali, insomma un baratto.
La ricetta di Hjman Shacht sarebbe adatta anche agli Usa e forse ancora più che all’Italia. La storia è sempre fonte di importanti insegnamenti è solo che l’homo sapiens sembra non volersene mai ricordare.
Certamente il passaggio fondamentale per riproporre un sistema di scambi commerciali basati su valori reali è quello di definire un sistema di cambi fissi come era caratterizzata la golden age. Questa sembra la strada da seguire anche se gli interessi contrari sono molto. Quindi sottrarsi alla finanza di rapina è ripristinare un rapporto di emissione di carta moneta con un sottostante e rimettere la separazione tra banche d’affari e quelle commerciali che sono diventate una facile preda delle prime è la via maestra. La finanza priva di ogni controllo è diventata una pura arma di ricatto usata per destabilizzare stati e imprese. La politica debole è diventata ostaggio di un potere sovraordinato che ne detta l’agenda al fine di perseguire i propri interessi ed ogni giorno vediamo le drammatiche conseguenze a livello sociale e di abbandono di ogni principio etico e morale atto a tutelare la società e le singole persone. Le quali, quest’ultime, sono viste solo in funzione del principio di utilità cioè come mezzo. La sfida alla crisi diventa epocale nel momento in cui si devono ridefinire i fini ed i mezzi; il modello socioculturale attuale li ha invece scambiati, mettendo come fine l’interesse personale e l’economia/finanza come mezzo per realizzare i fini e come mezzo la società ed il capitale sociale. Ricomporre la giusta declinazione tra fini e mezzi con l’uomo al centro del nostro interesse è la sfida primaria che abbiamo davanti. Passare dalla ricerca esclusiva del bene personale a quello comune è la sfida per evitare il caos.
Conclusioni
Il tema del “bene comune” è un’aspirazione, oggi diremmo utopica, che è stato posto con forza da quando l’uomo ha coscienza della vita comunitaria ed in particolare dai filosofi greci. Aristotele ha introdotto l’idea secondo la quale vi sono certe virtù cardinali (il coraggio, la generosità, la sincerità, la giustizia, etc.) che si situano in una “medietà” fra gli opposti eccessi. La vera felicità, dunque, è un processo di interazione e mutua influenza tra benessere personale e benessere collettivo. Nell’accezione utilizzata nell’Etica Nicomachea, tale processo viene definito con il termine “eudaimonia”. Il filosofo greco fu il primo ad introdurre il termine “eudaimonia” (l’etimologia del termine deriva dal greco antico “eu” che significa buono e “daimon” che significa genio) : l’insieme porta alla vita felice che si realizza in armonia con gli altri e non nella ricerca del piacere immediato come il materialismo odierno) criticò duramente l’idea di felicità intesa come semplice soddisfacimento di bisogni e desideri, andando a contrapporre “la vita piacevole” con “la vita buona”. Aristotele interpreta l’“eudaimonia” come la tensione verso l’eccellenza, sulla base esclusivamente del proprio potenziale, ma in un processo tale per cui la felicità individuale può realizzarsi solo nell’ambito dello spazio sociale. L’“eudaimonia” comprende dunque non solo il benessere individuale, ma anche un percorso di integrazione con il mondo circostante. La vita comunitaria è sempre stata intesa come un difficile percorso verso la composizione di una società giusta da realizzarsi con il contributo e la rinuncia di tutti i membri di una organizzazione umana.
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È Dottore commercialista, revisore contabile e Professore ordinario di Economia Aziendale, Università Bocconi. Docente senior dell’Area Public Management & Policy della SDA Bocconi. Ha insegnato presso l’Università di Parma e Trento. È stato visiting professor alla Harvard Business School e alla Harvard School of Public Health.
Ha rivestito il ruolo di membro della Commissione sul riordino dei sistemi di controllo presso il Dipartimento della Funzione Pubblica; componente dell’Accademia Italiana di Economia Aziendale e della Società Italiana di Storia della Ragioneria; membro del Comitato scientifico nazionale di Legautonomie; membro del Comitato scientifico dell’European Centre for Public Affairs, Bruxelles; membro del Consiglio Generale della Fondazione Cari-Parma e membro del Comitato editoriale delle riviste Azienda Pubblica ed “Economia & Management”.
Membro del Comitato Scientifico Editoriale della Rivista “Azienda Pubblica”, Maggioli Ed., Rimini , della Rivista “Economia & Management” RCS Ed. Milano, “Quaderni di ricerca sull’Artigianato”, Mestre , della rivista “Finanza” , Roma, Membro del comitato scientifico della rivista “I controlli nelle società” dell’Ordine dei Dottori commercialisti di Milano.
E’ stato membro della Commissione sui principi contabili delle amministrazioni pubbliche presso il Ministero dell’Interno