Mozambico, elezioni presidenziali: vince il candidato di governo, opposizioni in piazza
Dopo le elezioni del 9 ottobre la situazione in Mozambico è estremamente incerta. I risultati sono usciti solamente qualche giorno fa e hanno lasciato scontenta una larga parte del Paese. Ha vinto il candidato del partito di governo Frelimo, confermando così un potere che dura da quarant’anni. Sembrano esserci spiragli di dialogo con l’opposizione, ma l’atmosfera è ancora tesa.
Chi è il vincitore ufficiale
Ad aver ufficialmente vinto con più del 70% dei voti è Daniel Chapo, che diventa così il quinto presidente del Mozambico dopo l’indipendenza da Lisbona nel 1975. Prende il posto di Filipe Nyusi, che era rimasto in carica per due mandati, il massimo consentito dalla Costituzione. Chapo, 47 anni, giurista ed ex presentatore televisivo, è entrato in politica nel 2009, venendo nominato prima a capo dell’amministrazione locale, per poi salire al grado di governatore della regione meridionale di Inhambane. Con tutta probabilità, proseguirà sulla linea impostata dal suo predecessore, mantenendo lo status quo. Non disturberà quindi il lavoro delle multinazionali petrolifere TotalEnergies ed Exxon Mobil, impegnate a sfruttare le riserve locali di gas naturale liquefatto. Dopo l’annuncio della vittoria ha dichiarato: Sviluppiamo il Mozambico con la pace, col dialogo, con l’armonia, con la sicurezza e con il confronto. Non si vincono le elezioni facendo lo One Man Show.
Risultati contestati
Il principale contendente era Venancio Mondlane del partito Podemos, che ha preso il 20%, superando così il candidato del tradizionale avversario di Frelimo, il movimento dei ribelli Renamo. Le opposizioni hanno immediatamente gridato ai brogli e invitato i cittadini a riversarsi in piazza. Mondlane afferma di essere il vero vincitore. La polizia ha usato gas lacrimogeni e spari di avvertimento per disperdere i gruppi di manifestanti. Una missione di osservatori dell’Unione Europea ha riportato irregolarità nei conteggi e una possibile alterazione dei risultato a livello locale e provinciale. I dati ufficiali dicono che il partito di governo Frelimo aumenta il numero di parlamentari da 184 a 195 (su 250). Chapo non solo è il primo presidente a non aver combattuto nella guerra civile coi ribelli di Renamo, durata dal 1977 al 1992, ma è anche il primo ad essere nato dopo l’indipendenza dal Portogallo.
Anche l’arcivescovo respinge l’esito elettorale
L’arcivescovo Inacio Saure, presidente della conferenza episcopale del Mozambico, ha riconosciuto la vittoria di Chapo, ma ha anche chiesto alla commissione elettorale di non “certificare una bugia”. Secondo lui, le irregolarità e le frodi effettuate impunemente consolidano la sfiducia del popolo verso le istituzioni. A seguito delle proteste di piazza, ha esortato a mantenere la calma: Il Mozambico non deve tornare alle violenze. Il nostro Paese merita verità, pace, serenità e tolleranza. Ha pubblicamente condannato l’assassinio di due leader dell’opposizione uccisi in un agguato, che volevano ricorrere in appello per contestare i risultati. Sul piano sociale oltre che su quello religioso, l’arcivescovo deve fare i conti pure con gli estremisti islamici di Al-Shabaab. Qualche mese fa, nella regione settentrionale di Cabo Delgado gli islamisti hanno scatenato un’ondata di omicidi e di violenza che ha fatto fuggire decine di migliaia di persone. Si ritiene però che la gran parte dei miliziani non siano motivati dall’integralismo religioso, bensì dalla povertà e dalla rabbia sociale.
Qualche spiraglio di comunicazione
Al momento sembra essersi aperta una possibilità di accordo pacifico fra le varie forze politiche. Le dichiarazioni dei rispettivi leader lasciano intendere la disponibilità a dialogare. La portavoce di Frelimo Ludmila Maguni ha dichiarato ai giornalisti: Il nostro candidato ha detto di essere aperto al dialogo, ma dobbiamo considerare che lo spoglio non è ancora concluso. I risultati non saranno definitivi fino a che non darà la convalida il Consiglio costituzionale. Mondlane, che pare essersi temporaneamente rifugiato nel vicino Sudafrica, ha a sua volta dichiarato: Noi vogliamo il dialogo, vogliamo discutere di ciò che vuole il popolo. Ma c’era una pre-condizione prima che una discussione potesse cominciare, ed era quella di essere d’accordo sui voti espressi il 9 ottobre. I voti non vanno negoziati, vanno contati.
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