Vertice BRICS a Kazan: de-dollarizzazione e nuovi Stati partner. Le nostre domande al viceministro degli Esteri russo
Si è appena concluso il 16esimo summit del BRICS a Kazan nella Federazione Russa. Proprio Mosca detiene quest’anno la presidenza di turno del blocco. Ha organizzato il vertice e gli ha dato il titolo “Rafforzare il multilateralismo per uno sviluppo globale equo e per la sicurezza”. Per la prima volta hanno partecipato anche i quattro nuovi membri, quelli ammessi l’anno scorso: Egitto, Emirati Arabi Uniti, Etiopia e Iran. Si è parlato molto della futura espansione del blocco BRICS e dei criteri coi quali stabilire quali Paesi potranno entrare a farne parte. Un altro tema caldo era quello della de-dollarizzazione, verso la quale si stanno concretamente muovendo in primis Russia e Cina, oltre al Brasile.
Il viceministro degli Esteri della Federazione Russa Sergey Ryabkov ha accettato di rispondere alle nostre domande nella conferenza stampa di chiusura del summit, il 25 ottobre.
– Il tema principale del vertice era la de-dollarizzazione dei rapporti finanziari e commerciali fra i Paesi del BRICS. Quali saranno le misure di de-dollarizzazione del commercio internazionale che né gli USA né l’Occidente saranno in grado di contrastare? Vi saranno delle misure alle quali magari qualche Paese occidentale vorrà aderire almeno in parte?
– Per quanto riguarda la seconda parte della domanda, non posso dire se i Paesi occidentali vorranno unirsi a qualcuno di questi modelli futuri di interazione in tale ambito. Oppure se cercheranno di sabotarli dall’interno, nel caso in cui fissino un obiettivo del genere. Noi non dobbiamo guardare troppo in avanti. Per il momento dobbiamo solo progredire sulla realizzazione pratica di quanto abbiamo già elaborato. La de-dollarizzazione mediante l’utilizzo sempre più ampio delle valute nazionali è un percorso dritto, chiaro ed efficace. Anche la de-dollarizzazione mediante schemi di compensazione o di clearing è un metodo già sperimentato da tempo. Bisogna svilupparlo ulteriormente e dargli un carattere multilaterale.
Ci sono già dei sistemi-modello funzionanti per la compensazione. Essi possono eludere il sistema dominante e piazzato di fatto dall’Occidente sul piedistallo del monopolio, cioè lo SWIFT. E non dobbiamo soltanto sviluppare tali schemi, ma dobbiamo accrescerli, integrarli l’uno con l’altro ed elaborare per così dire un rete di sistemi di questo genere. Abbiamo bisogno di strumenti che non dipendano dai meccanismi occidentali per risolvere le questioni legate ai trasporti e alla logistica, anzitutto nella sfera delle assicurazioni. Pensiamo ad esempio al BRICS Bridge, al BRICS Clear e BRICS Reinsurance. Sono idee maturate nel corso dell’anno di presidenza russa. Nella fase attuale si sono già trasformate in un elemento di accordo fra i leader e fra i rispettivi specialisti del settore.
Il prossimo passo dovrà certamente essere la realizzazione di tali idee sotto forma di attuazione concreta e di schemi pratici. È chiaro che si tratta di un ambito estremamente delicato. Ed è chiaro che esiste il rischio di sanzioni illegali, anche quelle secondarie. Ma c’è altresì la determinazione di proteggerci da tale genere di espedienti. Passiamo questa istanza al Brasile, pienamente convinti che l’avvio ormai è stato dato e che non si tratta solo di parole, ma che è il risultato di un lavoro già formalizzato negli accordi, quelli a cui ho già accennato. Occorre consolidare i materiali concreti e bisogna passare alla parte pratica in alcuni aspetti, cosa di cui ho già parlato. Consuetudini di questo tipo esistono già e si sta accumulando un’esperienza che è particolarmente positiva. Anche la digitalizzazione delle valute è una direzione di cui ci dobbiamo senz’altro occupare.
Putin lo ha detto: non siamo stati a noi a proporre qualcosa che di fatto implica lo sfaldamento del dollaro. Ciò che stiamo facendo oggi è solamente la conseguenza dell’utilizzo del dollaro come arma contro di noi. Ora siamo costretti a perseguire questa strada. Ritengo che una serie sempre più lunga di Paesi stia comprendendo che avere delle alternative sia nel loro stesso interesse nazionale. Cioè avere una riserva in senso letterale da accantonare. Una riserva che possa tornare utile qualora la congiuntura – che cambia spesso per circostanze assolutamente indipendenti da questo o da quel Paese – li metta nel mirino delle pratiche maligne di quel gruppo di Stati che crede di poter fare tutto ciò che vuole, anche in questo ambito.
– Il vicepremier serbo Aleksandar Vulin era presente al BRICS con la delegazione nazionale di Belgrado. E c’era anche Milorad Dodik, presidente della Repubblica Serba di Bosnia ed Erzegovina. Oltre alla Serbia, vi sono altri Stati europei che hanno segnalato alla Russia o ad altri membri del BRICS la propria intenzione di aderire al gruppo?
– Il concetto di “Stati partner” è nato come conseguenza della consapevolezza dei membri del BRICS che quando sempre più Paesi mostrano interesse ad accostarsi al nostro blocco – e il numero di Paesi che rientrano in tale elenco supera già i 30 – in una situazione del genere non trovare la formula con cui canalizzare codesto interesse e quindi garantire l’avvicinamento di tali Paesi al BRICS è semplicemente impossibile. Significherebbe affossare il blocco o sarebbe comunque un fallimento del turno di presidenza russa del BRICS.
I criteri per gli Stati-partner sono evidenti. Un Paese deve intrattenere relazioni di buon vicinato con gli altri e deve far parte di organizzazioni internazionali, inclusa l’ONU. Vorrei qui far notare che quella che a prima vista appare come la constatazione più ovvia porta con sé un importante senso e segnale politico-diplomatico. L’entrata nell’ONU come parte non riconosciuta internazionalmente di un certo territorio, o in un’altra maniera, ad esempio come un territorio che non può diventare membro a pieno titolo delle Nazioni Unite, non può essere ammessa dai suddetti criteri. E vi sono pure altri criteri: l’attenersi ai principi operativi del BRICS e l’attenersi all’approccio ispirato al consenso rispetto alla presa di decisioni.
E c’è quel criterio di cui abbiamo tante volte parlato anche prima di Kazan. Si tratta della non adesione a sanzioni unilaterali illegittime contro uno qualsiasi degli Stati del BRICS. Ritengo che tali criteri siano talmente ovvi, comprensibili e logici che è impossibile a chiunque contestarli. Per quanto riguarda i Paesi europei: se parliamo di Stati che fanno parte di UE e NATO, essi non si conformano al criterio della non adesione a sanzioni unilaterali. Per quanto riguarda la Turchia, che è un membro della NATO, ho una domanda: c’è qui qualcuno che pensa che i turchi adottino sanzioni unilaterali verso uno qualsiasi dei Paesi BRICS?
Ci troviamo in una fase in cui tutte le richieste di adesione e tutti i potenziali segnali di richiesta vengono attentamente vagliati e analizzati, e viene preso contatto con gli Stati interessati. Dopo che i leader qui a Kazan sono giunti a un comune denominatore riguardo a quali possano essere definiti “partner” e a quali criteri essi debbano essere conformi, ora il compito passa a noi funzionari dei vari ministeri degli Esteri. È quello di condurre trattative coi potenziali partner, valutare se siano pronti ad aderire a tutto ciò e se siano d’accordo con l’impostazione della questione.
Non possiamo discutere in astratto di cose così importanti senza avere l’idea ben chiara di come i potenziali partner considerino la situazione che si sta venendo a creare. Poi, alla fine dei relativi negoziati e delle consultazioni, stileremo un elenco. Esso rifletterà la composizione della nuova categoria di partner e di coloro che riceveranno quindi la possibilità di accostarsi al BRICS e di partecipare ai lavori di tutta una serie di suoi meccanismi.
Vive a Mosca dal 2006. Traduttore dal russo e dall’inglese, insegnante di lingua italiana. Dal 2015 conduce conduce su youtube video-rassegne sulla cultura e la società russa.