Mentre i magistrati scioperano, World Justice Project denuncia il terzo mondo della Giustizia italiana

Mentre i magistrati scioperano, World Justice Project denuncia il terzo mondo della Giustizia italiana

27 Febbraio 2025 0

Mentre i magistrati scioperano contro la riforma che porterebbe alla separazione delle carriere, lo World Justice Project fa una fotografia sull’efficienza del sistema giudiziario italiano, in particolare di quello civile. L’Italia è al 52esimo posto di tale classifica. Sono davanti di noi nella graduatoria Paesi come l’Uruguay (18°), il Rwanda (29°), il Kazakistan (35°), la Malaysia (38°), la Namibia (41°) e il Cile (47°).

Sono soprattutto due le criticità che pesano di più sul nostro sistema. Le sentenze arrivano con ritardi ingiustificati – e per questo siamo agli ultimi posti nel Mondo (107°/142) – e inoltre non vi è la certezza che vengano rispettate e applicate (114°/142). Le lungaggini e le ambiguità del sistema giudiziario italiano costerebbero ,secondo le stime di Bankitalia, un punto di PIL all’anno.

È colpa soltanto dei magistrati? Assolutamente no. A questo triste primato concorrono tutti gli attori in campo: gli avvocati, il Legislatore e appunto i magistrati. Si fa in tempo a fallire, come accade sempre più spesso, mentre si aspetta l’esito di un contenzioso. In ambito penale non va di certo meglio ,visto che siamo in Europa siamo i peggiori. Intanto coi fondi del Pnrr e con la riforma Catarbia i processi arretrati si stanno riducendo, ma l’obiettivo di una riduzione del 40% per il 2026 è impossibile. Dati alla mano, si ipotizza che si possa raggiungere forse un 24%.

Insomma la Giustizia continua a restare la grande malata d’Italia. C’è però uno dei soggetti in campo che si considera intoccabile. Lo sciopero di oggi non aiuta sicuramente a migliorare le tempistiche dei processi, bensì mostra la distanza della magistratura dalla realtà. Non in modo molto dissimile dalla politica, che si arrovella su tutto tranen che sulle soluzioni ai veri problemi quotidiani dei cittadini. E tutto questo alla faccia della giustizia amministrata in nome del popolo.

Diciamolo chiaro, la divisione delle carriere non intacca nè l’indipendenza della magistratura nè l’inamovibilità del singolo magistrato. Semplicemente non fa altro che dividere le carriere tra pubblici ministeri e giudici  e lo fa in un modo chiaro, non permettendo quelle storture che violerebbe il principio della formazione in dibattimento del giudizio. Pm e giudici resterebbero indipendenti e sempre sottoposti all’autogoverno del CSM. La divisione delle carriere è il completamento del passaggio da un processo inquisitorio ad uno accusatorio. Mentre si disquisisce delle porte girevoli di carriera degli ultimi intoccabili d’Italia, il Paese continua a collezionare record negativi in tema di giustizia. E pagare resta come sempre Pantalone. Voi che cosa ne pensate?

Marco Fontana
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