L’Ue trema: la sentenza polacca mette in discussione il primato del diritto comunitario

L’Ue trema: la sentenza polacca mette in discussione il primato del diritto comunitario

4 Novembre 2021 0

Tempi duri per l’Unione Europea già fortemente provata dalla pandemia di Covid-19 con l’organizzazione della conseguente ripresa e continuamente sferzata dall’ondata sovranista. L’ultima stoccata in odine temporale è la sentenza della Polonia che, a detta di molti, Emmanuel Macron in primis, si presenta come una manifestazione chiara di dissenso nei confronti delle Istituzioni dell’Unione Europea e sembrerebbe paventare l’ombra di una nuova Brexit, ribattezzata per l’occasione Polexit.

I rapporti tra Polonia e UE non sono mai stati idilliaci, ma la crisi si è particolarmente acuita dopo la sentenza della Corte Costituzionale polacca che afferma il primato del diritto nazionale sul diritto comunitario.

Cosa dice il provvedimento?

La sentenza polacca non ha precedenti nella storia dell’Unione: è la prima infatti a rilevare l’incompatibilità dei Trattati con la Costituzione nazionale, in particolare, le disposizioni contestate dal disposto riguardano l’articolo 1 e l’articolo 19 del Trattato dell’UE. Non era mai accaduto prima che uno Stato membro dell’Ue ravvisasse incompatibilità tra il diritto nazionale e quello comunitario.

Facendo leva su importanti avvenimenti storici del passato della Polonia, il premier polacco, Mateusz Morawieck, ha sottolineato la lotta del Paese per la Democrazia e ha continuato sostenendo che “il primato del diritto dell’Unione non può essere sopra le Costituzioni, non può violare dunque le Costituzioni” e ancora “la nostra Costituzione non consente di delegare poteri in un modo che porterebbe alla conclusione che la Polonia non è più uno Stato sovrano”, ma parlare di Polexit vuol dire “raccontare fantasie e menzogne” ha ribadito. 

Per il premier polacco il futuro di Varsavia è nell’Unione Europea, ma, in una lettera aperta inviata al Parlamento dell’UE, alla Commissione europea e al Consiglio europeo ha fatto sapere che “la Polonia è determinata a difendere la propria sovranità” attaccando anche le Istituzioni europee che, secondo il premier Morawiecki, abusano del loro potere utilizzando le leve finanziare ed erodendo poteri agli Stati. Secondo Bruxelles, in Polonia lo Stato di Diritto è compromesso, poiché la riforma della magistratura ha di fatto politicizzato l’organo compromettendo l’indipendenza dei giudici e inoltre, la stessa Corte Costituzionale polacca “è discutibile”, secondo quanto affermato da Ursula Von der Leyen e come era stato rilevato anche dalla corte di Giustizia europea.

L’affondo di Morawiecki è stato duro e nei suoi 35 minuti di discorso al Parlamento ha sottolineato come “il ricatto è diventato un metodo di fare politica verso alcuni Stati membri, ma non è così che agiscono le democrazie”. 

L’Unione Europea è però stanca di subire continue minacce ai valori fondanti dell’Unione stessa e la Corte UE ha recentemente condannato Varsavia al pagamento di una multa di un milione al giorno “al fine di evitate un pregiudizio grave e irreparabile all’ordine giuridico dell’Unione Europea nonché ai valori sui quali l’Unione è fondata, in particolare quello dello Stato di diritto” fin quando lo Stato polacco non si conformerà agli obblighi previsti dai Trattati Europei.

Dal canto suo la Corte costituzionale della Polonia, dopo 4 rinvii, ha individuato alcune soluzioni in caso di un “conflitto insanabile” tra diritto comunitario e diritto nazionale e le possibili conseguenze potrebbero essere: modifica della Costituzione, modifica della legge europea o uscita dall’Unione Europea. Ora è il turno del governo di Varsavia che dovrà decidere il da farsi, intanto il 10 Ottobre scorso 100mila cittadini per le strade della capitale e di altre città polacche hanno ribadito la volontà di restare nell’UE.

Solidarietà sovranista e paragoni azzardati

Da Marine Le Pen a Viktor Orban a Giorgia Meloni, le reazioni dei nazionalisti d’Europa non si sono fatte attendere. Le loro difese sono a favore della Polonia con il richiamo ad alcuni precedenti. Recentemente, infatti, anche la Romania e la Germania avevano emesso delle sentenze che potevano sembrare simili a quella polacca e creare così pericolosi precedenti per la stabilità dell’Unione Europea stessa. 

Il 18 maggio di quest’anno, la Corte di Giustizia si era espressa su alcune modifiche legislative messe in atto dalla Romania tra il 2017 e il 2019 all’interno della riforma del settore della giustizia e della lotta alla corruzione, riforme richieste dal processo di adesione all’Unione, e conosciute come “leggi sulla giustizia“, ​​tre leggi riguardanti lo statuto dei giudici e dei pubblici ministeri, l’organizzazione giudiziaria e il Consiglio superiore della magistratura. In particolare, le “leggi sulla giustizia” erano in contrasto con alcuni articoli del Trattato sull’unione Europea e con la Decisione 2006/928che istituisce un meccanismo di cooperazione e verifica dei progressi compiuti dalla Romania per rispettare i parametri di riferimento in materia di riforma giudiziaria e di lotta contro la corruzione” e per tale ragione l’Ue richiedeva la non applicazione di tali norme, basandosi sul principio del primato del diritto comunitario sulle norme nazionali.

In Germania, nel maggio del 2020, la Corte Costituzionale Tedesca aveva contestato un giudizio della Corte di Giustizia Ue che riteneva legittimo il PSPP, il programma di acquisto dei titoli pubblici da parte della BCE, ma secondo il tribunale tedesco tale operazione andava oltre le competenze della Banca Centrale Europea, in primis quella di garantire la stabilità dei prezzi. La sentenza tedesca non ebbe conseguenze, ma nel giugno scorso l’UE ha aperto una procedura d’infrazione nei confronti della Germania, poiché la decisione della Corte di Karlsruhe contestava la supremazia del diritto comunitario sulla legislazione nazionale riguardo il programma di stimolo approvato dalla BCE. 

La leader di Fratelli d’Italia, ravvisando nella sentenza tedesca un precedente, richiama la “clausola di supremazia” per sancire una eventuale e presunta preminenza del diritto nazionale tedesco su quello comunitario; tale clausola però prevede solo la superiorità del diritto federale su quello dei singoli Land e non sui Trattati europei. La Costituzione tedesca ha preminenza solo quando le normative europee collidono con i principi fondamentali della carta costituzionale stessa. Dunque, mentre il procedimento tedesco fa riferimento ad una questione tecnica, il programma di acquisto dei bond della BCE, la sentenza polacca riguarda invece un aspetto prettamente giuridico che mette in contrasto le fonti normative dello Stato nazionale con quelle comunitarie decretando, di fatto, un cortocircuito. Inoltre il tribunale tedesco può vantare una legittimità non contestabile rispetto a quello polacco che è ostaggio del governo.

Intanto, i rapporti tra Varsavia e Unione Europea sembrano ritrovarsi fermi davanti ad un percorso in salita e ricco di insidie e nell’attesa che si possano riequilibrare arriva l’ennesimo affondo: Polonia e Ungheria pongono il veto alle conclusioni del Consiglio UE di Giustizia inerenti la strategia della Commissione sui diritti dell’infanzia. Gli obiettivi previsti riguardavano le misure per porre fine alle mutilazioni genitali, il contrasto al cyber bullismo dei giovani LGBTQ e maggiori garanzie a tutela della circolazione delle famiglie “arcobaleno”, ma la pressione operata dalla “lobby LGBT” e da alcuni Stati membri affinché gli attivisti lgbtq+ potessero entrare nelle scuole ha spinto la Polonia e l’Ungheria ad opporsi con fermezza. 

L’Unione Europea ha risposto altrettanto duramente con il congelamento dei fondi del Recovery Fund destinati ai due Stati membri, in quanto tra le cause di condizionalità per la concessione dei sussidi ci sono le riforme e il rispetto dello Stato di Diritto. Il livello dello scontro resta dunque alto e l’attenzione è puntata sui prossimi sviluppi che potrebbero segnare il destino dell’Unione Europea.

Eleonora Marrocco
Eleonora Marrocco

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