Lo scontro ucraino avvicina Cina e Russia. Record di scambi commerciali nel 2021

Lo scontro ucraino avvicina Cina e Russia. Record di scambi commerciali nel 2021

23 Gennaio 2022 0

Lo scontro ucraino e la politica estera aggressiva dell’amministrazione Biden stanno avvicinando sempre di più Mosca e Pechino. Lo dimostrano i dati pubblicati dal giornale asiatico Nikkei che monitorano come il commercio tra Cina e Russia stia raggiungendo massimi mai visti in precedenza. Il fatturato tra Cina e Russia, i base ai dati doganali cinesi, ha infatti raggiunto la cifra record di 146,88 miliardi di dollari nel 2021, segnando una crescita del 35,8% rispetto all’anno precedente, Un dato confermato dal sottosegretario al Commercio russo per la Cina, Alexey Dakhnovsky, che ha dichiarato all’agenzia di stampa statale RIA-Novosti all’inizio di questo mese che la cifra avrebbe effettivamente superato i 140 miliardi di dollari.

Secondo gli analisti la situazione di stallo tra Russia e Occidente sull’Ucraina, che potrebbe portare nuove sanzioni contro Mosca, potrebbe rafforzare ulteriormente il legame del Cremlino con Pechino. Artyom Lukin, professore di relazioni internazionali presso la Far Eastern Federal University, ha detto a Nikkei Asia che i funzionari russi probabilmente si stavano consultando con le controparti cinesi su come mitigare il potenziale impatto delle nuove sanzioni occidentali. L’attuale assertività del Cremlino, ha affermato, indica che Mosca ha una certa fiducia di poter contare sul sostegno di Pechino. “Penso che Putin abbia probabilmente ricevuto alcune garanzie da Xi che se scoppia una crisi sull’Ucraina e l’Occidente impone sanzioni importanti contro la Russia, la Cina sarà spalla a spalla con la Russia“, ha detto Lukin. E la prima occasione per stringere ulteriori accordi potrebbe essere la cerimonia di apertura delle Olimpiadi invernali a Pechino. I leader pare abbiano in programma di siglare una serie di accordi politici ed economici di alto profilo, incluso potenzialmente un contratto finale per il gasdotto Power of Siberia-2.

Il commercio tra i due paesi è aumentato del 167% dal 2010, una crescita accumulata quasi tutta negli ultimi anni. L’aumento degli scambi è stato aiutato da una serie di mega progetti energetici, come il gasdotto Power of Siberia-1 da 55 miliardi di dollari, l’oleodotto Siberia orientale-Oceano Pacifico da 25 miliardi di dollari e l’impianto di trattamento del gas dell’Amur da 13 miliardi di dollari. E’ da registrare che i due Paesi si sono già impegnati a portare il loro fatturato commerciale a 200 miliardi di dollari entro il 2024. Chris Devonshire-Ellis, socio fondatore di Dezan Shira & Associates, una società di consulenza che opera con investitori in tutta l’Asia ha spiegato che “Se verranno imposte ulteriori sanzioni commerciali alla Russia, Mosca dovrà aumentare le capacità di approvvigionamento della Russia altrove, e la Cina è una delle strade più probabili“.

Per comprendere che lo scenario tratteggiato da Dezan Shira & Associates sia realistico basta guardare all’evolversi degli eventi nella crisi ucraina. Questo mese, i Democratici del Senato degli Stati Uniti, con il sostegno della Casa Bianca, hanno introdotto una legislazione che imporrebbe sanzioni radicali alla Russia se invadesse l’Ucraina. Il disegno di legge proposto prevede sanzioni contro Putin e altri alti funzionari russi, una dozzina delle più grandi banche del paese, il debito sovrano russo e il suo gasdotto Nord Stream-2 verso la Germania. L’amministrazione Biden ha anche minacciato di adottare misure di controllo delle esportazioni che taglierebbero l’accesso della Russia alle tecnologie e ai componenti chiave statunitensi.Separatamente, venerdì scorso i ministri degli esteri dell’UE hanno avvertito Mosca che il blocco avrebbe perseguito una risposta “robusta” a qualsiasi intervento militare russo in Ucraina.

E’ evidente secondo Lukin che rivolgersi alla Cina potrebbe aiutare la Russia a ridurre il colpo delle nuove sanzioni occidentali in due modi principali. In primo luogo, la Russia dovrebbe elaborare un piano per l’elaborazione dei pagamenti transfrontalieri con la Cina nel caso in cui Mosca venga bloccata dal sistema bancario internazionale SWIFT con sede in Belgio. In secondo luogo, la Russia potrebbe sostituire alcuni prodotti high-tech occidentali con sostituti cinesi. “Ovviamente la Cina non può sostituire tutto, ma in molte aree la Cina offre una seria alternativa ai prodotti occidentali“, ha affermato. “Se verranno istituite sanzioni, la Russia non avrà altra scelta che espandere il commercio con la Cina, anche se i prodotti cinesi in alcune aree hanno un prezzo più alto e una qualità inferiore“. Questo potrebbe portare ad uno squilibrio commerciale tra i due Paesi (oggi la Cina rappresenta il 18% del fatturato commerciale complessivo della Russia, mentre viceversa la Russia rappresenta per Pechino solo il 2%) con preoccupazioni per l’influenza di Pechino sulle scelte politiche di Mosca. Tuttavia, Lukin ha contestato l’idea che la crescente dipendenza economica della Russia dalla Cina avrebbe necessariamente portato Mosca a sacrificare la sua indipendenza di politica estera. Ha osservato che, sebbene il commercio della Russia con i paesi dell’UE si sia attestato intorno al 40% del totale negli ultimi anni, ciò non ha spinto il Cremlino a perseguire un approccio più conciliante nei confronti dell’Occidente. “A meno che non vediamo un crollo assoluto dell’economia russa, non credo che la Russia diventerà un satellite politico della Cina“, ha detto Lukin.

D’altra parte questo scenario era stato tratteggiato pochi mesi fa anche dal New York Times. L’incontro tra funzionari americani e cinesi, avvenuto lo sorso marzo in Alaska, e che è stato descritto da Washington all’opinione pubblica internazionale come un meeting proficuo in realtà ha prodotto a un palese irrigidimento di Pechino nei confronti degli Usa e dell’Occidente. Il ministro degli Esteri cinese pochi giorni dopo l’incontro si è unito alla sua controparte russa per denunciare l’ingerenza e le sanzioni occidentali. In una dichiarazione congiunta, hanno accusato gli Stati Uniti di bullismo e interferenza e li hanno esortati a “riflettere sul danno che hanno fatto alla pace e allo sviluppo globali negli ultimi anni“. E a seguire il ministro degli Esteri cinese è andato in Medio Oriente per visitare i tradizionali alleati americani, tra cui Arabia Saudita e Turchia, nonché l’Iran, dove è stato anche firmato un ampio accordo di investimento. Il leader cinese, Xi Jinping, peraltro sempre in quelle settimane ha contattato la Colombia e ha promesso sostegno anche alla Corea del Nord.

Stanno effettivamente cercando di costruire un argomento del tipo: ‘Siamo il potere più responsabile. Non siamo gli spoiler o un asse del male“, ha detto John Delury, professore di studi cinesi alla Yonsei University di Seoul, della strategia cinese. Di conseguenza, il mondo si divide sempre più in campi distinti, se non puramente ideologici, con la Cina e gli Stati Uniti che sperano di attirare i sostenitori. Emblematico quando al World Economic Forum a Davos Xi ha attaccato gli Usa affermando “Costruire piccoli circoli o iniziare una nuova Guerra Fredda, rifiutare, minacciare o intimidire gli altri, imporre volontariamente il disaccoppiamento, l’interruzione della fornitura o sanzioni e creare isolamento o allontanamento non farà altro che spingere il mondo alla divisione e persino ad una nuova guerra“. E’ evidente che la politica Biden sta terremotando il mondo e facendo schierare i paesi da una parte o dall’altra si pensi che ben 80 Paesi al Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite si sono espressi a favore delle azioni cinesi nello Xinjiang dove sta avvenendo il genocidio dei musulmani uiguri. La ritrovata assertività estera a stelle strisce sta producendo il contrario degli effetti sperati: lo scenario geopolitico sta cambiando e probabilmente non in meglio.

Redazione Strumenti Politici
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